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ZAMEL III

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zamel
di Franco Buffoni

Casa di Aldo, terza notte: sentenza
Questa è l’ultima notte nella casa di Aldo. Non mi esce dalla mente il tono di voce del giudice mentre legge la sentenza. Vent’anni gli ha dato per l’efferatezza del crimine – malgrado l’attenuante della giovane età – “rubricato” come omicidio per rapina. Anche se Nabil la verità l’ha detta, l’ha dovuta dire: ha ucciso per una parola, per quella parola “infamante”, zamel. Ma l’accusa lo ha messo nella condizione di non poter dichiarare di essere stato insidiato. C’era il referto della visita medica “intima” e la corte non ha concesso quest’altra attenuante. Mi fa quasi più pena lui. Cresciuto – come ha tentato di dire la difesa – in una cultura che concepisce l’ira “giusta” come strumento di difesa del proprio onore. Ho l’aereo prenotato per domani alle undici, alle nove devo essere in aereoporto. Taxi alle otto. Sveglia alle sette. Gli ha tagliato la gola con un frammento della porta a vetri del bagno, dove Aldo si era rifugiato. Aldo è stato trovato nudo, dissanguato nella vasca da bagno. Con numerose altre ferite da taglio in tutto il corpo e “ulteriori lesioni nella regione prefrontale ventromediale”. Anche Nabil si era ferito con quel vetro. Le sue impronte insanguinate sono state trovate dappertutto nella casa. Andandosene si era portato via il cellulare di Aldo. Grazie a quello dopo due giorni lo hanno preso. Questo giustifica la condanna di omicidio per rapina e il tono di voce del giudice mentre legge l’ipocrita sentenza. Orifizio anale imbutiforme, come gli arrusi di un secolo fa. Non tornerò più in questa casa. Ho creduto di fare il coraggioso e il razionale, ma non la reggo. Anche il rumore che ho appena sentito… Veniva dall’esterno: un gatto forse contro la finestrella di questo bagno maledetto. Non tornerò più in questa casa e nemmeno in Tunisia. L’omosessualità in Tunisia è ufficialmente perseguita in base all’articolo 330 del codice penale, che riguarda i “rapporti contro natura”, in arabo lavat: sodomia. Non era proprio il caso di infangare la memoria di Aldo con questo reato, mi ha spiegato l’avvocato italiano, istruito dal suo potente fratello.

Le parole e i giorni

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Leggere, scrivere, parlare, ascoltare, giocare: tutto questo appartiene al mondo delle parole. E a questo mondo, è dedicato il festival ‘Le parole, I giorni’, un appuntamento annuale avviato nel 2008 a Poggibonsi.
Due giorni fatti di incontri, giochi, laboratori, spettacoli pensati per tutti. E con tutti, perché molte sono le iniziative in cui da pubblico ci si può trasformare in protagonisti. Partecipando ai giochi o ascoltando le voci di chi le parole le ha studiate, usate, amate. Portandole in primo piano: sia questo la scena di un teatro o la pagina di un libro.
Insomma un festival per tutti, di tutti, con tutti.

Gianfranco Ciabatti

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di Roberto Bugliani

A quindici anni dalla sua scomparsa (febbraio 1994), questo medaglione artigianale su Gianfranco Ciabatti valga, con tutti i suoi limiti intrinseci, come affettuoso ricordo dell’uomo e memoria di un poeta che ha fatto della coerenza etica e della prassi politica la sua ragione di vita, anche artistica.

“Nato a Ponsacco (Pisa), nel 1936, Gianfranco Ciabatti si è laureato in giurisprudenza nel 1959. Ha collaborato da prima con Danilo Dolci e successivamente è stato operaio in cantieri edili e insegnante nelle scuole medie. Dal 1969 è redattore presso una casa editrice fiorentina”. Così recitava la breve nota bio-bibliografica su di lui dell’antologia einaudiana Nuovi poeti italiani (1980), in cui figurava una scelta di suoi testi poetici, dal 1960 al 1977.

Lav Diaz : Rivoluzione e fotosintesi clorofilliana

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di Lorenzo Esposito

Il tempo non richiede presenza né presente. Il tempo si (e ci) assenta. Un film di otto nove dodici ore non riguarda il di più di attenzione necessaria o il di più di fatica eventuale. Semplicemente l’idea stessa di durata invita a avere paura, a tentare un riordino dei fatti scoprendoli sempre anteriori, a ricordarsi ciò che il ‘sistema’ del quotidiano tende a smarrire per sopravvivere, e cioè che qualunque avvenimento in quanto tale circola come brano di passato. È il modo in cui il cinema riconduce senza sosta allo stato di non-essere che terribilmente ci è proprio. Ed è ciò che avviene e che viene indagato nei film del regista filippino Lav Diaz (è solo questa paura, qualche mese fa durante il festival di Venezia, a lasciar vedere le otto ore del suo ultimo Melancholia al massimo a dieci venti persone): l’azione è la prima finzione, l’alibi che fa credere di essere nel tempo, mentre al massimo ne è la prova documentaria (cosa per cui la distinzione tra fiction e documentario si conferma risibile).

Le classifiche di qualità: una risposta

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di Alberto Casadei, Andrea Cortellessa, Guido Mazzoni

Ci fa piacere che il progetto delle classifiche di Pordenonelegge-Dedalus abbia suscitato un dibattito così  ampio. Ringraziamo tutti coloro che sono intervenuti, sia quelli che hanno espresso giudizi favorevoli, sia quelli che hanno formulato critiche severe. Vorremmo cominciare rispondendo alle obiezioni radicali per poi arrivare alle obiezioni costruttive.

1. Classifiche.

Qualcuno (Franco Cordelli sul “Corriere della Sera” e su Radio Tre, per esempio) ha scritto e detto che è insensato e degradante esprimere un giudizio attraverso una classifica, soprattutto quando la classifica nasce da una valutazione collettiva. I giudizi sulla letteratura si formulano in modo personale e argomentato; il confronto fra posizioni diverse deve avvenire attraverso una discussione, e non attraverso la semplice somma di numeri; lo strumento della classifica è semplificatorio e inquinato.

Il paese degli esami (a)normali

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di Gianluca Monti

L’aggettivo normale è spesso utilizzato in rifermento al nostro paese, quasi sempre (e purtroppo) in proposizioni interrogative. I giornali, i blog, le discussioni nei bar sempre più spesso si chiedono se l’Italia sia un paese normale. Pur in assenza di una risposta definitiva, si invoca, a scanso di equivoci, il ritorno alla normalità. Concetto fumoso quello della normalità.

Sangue d’Italia

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di Linnio Accorroni

Sono sostanzialmente due, nell’Italia contemporanea, le maniere con le quali si affronta la storia: una è quella basata sulla serietà di uno scrupoloso approccio epistemologico, sulla padronanza di alcune necessarie tecniche di lavoro e sul rispetto di una severa deontologia professionale. Questa prima maniera è quella a cui si attengono personalità di indiscusso rilievo scientifico, quali, per esempio, Sergio Luzzatto, docente di Storia Moderna all’università di Torino, studioso della rivoluzione francese e del ‘900 italiano ed autore di opere recenti che hanno suscitato polemiche e discussioni piuttosto accese quali Il corpo del duce (1998), La crisi dell’antifascismo ( 2004) ed il recente Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del ‘900 (2007). Questo Sangue d’Italia (Manifesto Libri, 2008, pp. 221, € 20,00) è il suo ultimo prezioso contributo, una silloge di articoli usciti principalmente sul «Corriere della Sera» e che vertono su alcuni snodi cruciali della nostra storia recente: il ventennio fascista, la Resistenza, nella sua accezione di ‘guerra civile’e la complessa eredità che essa ha lasciato all’Italia postguerra, gli anni di piombo.

African Inferno

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pallavicini

di Marco Rovelli

Del romanzo “African inferno” di Piersandro Pallavicini (ed. Feltrinelli) alcuni giornali di destra hanno parlato bene, a fronte di un apparente silenzio di quelli di sinistra. Sul suo blog (a cui rimando per valutare l’ampiezza del dibattito), l’autore ribadisce la sua provenienza da sinistra. Ora, il libro di Pallavicini non è politically correct: ecco, è proprio questa la sua forza di sinistra (perciò a mio parere non c’è forzatura anti-ideologica in questo non esserlo).

ZAMEL II

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di Franco Buffoni

Casa di Aldo, seconda notte: processo

Devo cercare di togliermi dalla mente gli occhi di Nabil. Mentre ripete quella parola ZAMEL. ZAMEL ZAMEL la parola che ha condannato Aldo. Quando riesce finalmente a pronunciarla, però li tiene chiusi. E riesce a pronunciarla solo dopo che l’accusa esplicitamente dichiara che alla visita medica il suo ano è risultato “infundibolare, tipico dell’omosessuale passivo”, e che non vi sono dubbi sul fatto che “l’imputato abbia lungamente esercitato l’omosessualità passiva”. A me sono subito venuti in mente i processi agli “arrusi” della Città e l’isola di Giartosio e Goretti. Dove vengono trascritti dai verbali di polizia i resoconti delle visite mediche intime subite dai condannati al confino. Anche in quel libro, ambientato a Catania nel 1938, si parla di un assassinio.

La paura

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di Riccardo Held

È sempre quello torna sempre uguale
e sono già passati quarant’anni
ma torno sempre lì non serve a niente,
riesce sempre a farmi così male,

qualcuno o qualche cosa mi ha spezzato,
tolto di mezzo, rotto, fatto fuori,
e non ho mai capito ve lo giuro,
non lo capisco oggi cosa sia,

so solo che è così, precisamente,
mi basta per saperlo la paura
che non mi lascia mai, resta in silenzio,
nei luoghi dove sono, sta discreta

mi aspetta, mi precede, mi accompagna
discretamente, siamo in confidenza,
ci conosciamo ormai da tanto tempo,
e nessuno mi crede, un’altra cosa

strana a pensarci, mai nessuno
nemmeno lei, nemmeno i pochi
che mi tengono in cuore e che ho nel mio,
ma sono “bello, forte e intelligente”,

Elogio dell’ozio

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di Bertrand Russell

L'oisiveté - l'inerzia - l'otium
L'oisiveté - l'inerzia - l'otium

Come molti uomini della mia generazione, fui allevato secondo i precetti del proverbio che dice « l’ozio è il padre di tutti i vizi ». Poiché ero un ragazzino assai virtuoso, credevo a tutto ciò che mi dicevano e fu così che la mia coscienza prese l’abitudine di costringermi a lavorare sodo fino ad oggi. Ma sebbene la mia coscienza abbia controllato le mie azioni, le mie opinioni subirono un processo rivoluzionario. lo penso che in questo mondo si lavori troppo, e che mali incalcolabili siano derivati dalla convinzione che il lavoro sia cosa santa e virtuosa; insomma, nei moderni paesi industriali bisogna predicare in modo ben diverso da come si è predicato sinora. Tutti conoscono la storiella di quel turista che a Napoli vide dodici mendicanti sdraiati al sole (ciò accadeva prima che Mussolini andasse al potere) e disse che avrebbe dato una lira al più pigro di loro. Undici balzarono in piedi vantando la loro pigrizia a gran voce, e naturalmente il turista diede la lira al dodicesimo, giacché il turista era un uomo che sapeva il fatto suo. Nei paesi che non godono del clima mediterraneo, tuttavia, oziare è una cosa molto più difficile e bisognerebbe iniziare a tale scopo una vasta campagna di propaganda. Spero che, dopo aver letto queste pagine, la YMCA si proponga di insegna¬re ai giovanotti a non fare nulla. Se ciò accadesse davvero, non sarei vissuto invano.

Printemps

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Musiche Maestre

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Lol Coxhill © 1990 Alessandro Achilli / Musiche Archives

Alla ricerca di Nomansland
Un ricordo di Musiche (1987/1997), una rivista di “altre musiche”

di
Gian Paolo Ragnoli

“Hello, hello, hello,
Is there anybody home?
I’ve only called to say I’m sorry
The drums are in the dawn
and all the voices gone
And it seems that there are no more songs”

Phil Ochs, No More Songs

Quando Ochs scrisse questi versi sconsolati, alla fine del sogno degli anni sessanta, sembrava che non ci sarebbero state più canzoni, nel senso, ovviamente, di canzoni che importasse veramente cantare, che significassero qualcosa al di sopra (o al di sotto) del brusio ammiccante della musica di consumo.
Periodicamente torna questo stato d’animo, ma altrettanto periodicamente, anche nei periodi più bui, c’è sempre una No man’s land da scoprire, da attraversare, da decifrare, dove ancora, o di nuovo, esistono suoni e parole che hanno il desiderio di rinominare il mondo.
Gli anni ottanta sono stati una di queste stagioni.

do you remember Eternit? – Tryptiqe

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Ho conosciuto Rosalba Altopiedi qualche tempo fa, a Torino. E’ una “femmina tosta” che lavora nel campo della sicurezza sul lavoro. Sei anni fa ha discusso la sua tesi in Sociologia della Devianza . Titolo: Né colpevoli, né vittime.Crimini d’impresa, analisi di un caso: l’Eternit di Casale Monferrato.
In questi giorni ci sarà il processo relativo. Per NI le ho chiesto di rispondere ad alcune domande. Alla breve intervista segue un documento estratto dalla sua tesi dove a parlare era l’allora presidente dell’Associazione delle vittime di Casale Monferrato. In chiusura di Post ho pensato di proporre un passaggio del romanzo di Girolamo De Michele, Con la faccia di cera (Edizioni ambiente) che ruota intorno alle vicende della Solvay di Ferrara.

Diario Inverso

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di Lucianna Argentino

Mimetizzata nelle quattro sillabe del mio nome
– oscurata la luce, sospesa la grazia –
tento una strenua difesa dal suo sguardo manicheo
e imito me stessa, ma senza ironia
piuttosto come un insetto imita una foglia.

**

a Damiano

Ecco lo splendore del primo giorno
dopo il buio serrato nel grido
di tutta la mia vita radunata là per accoglierti.
Ecco l’attimo del “sia la luce”
nell’aprirsi dei tuoi occhi
nel dilatarsi dei polmoni al passaggio
dall’acqua all’aria e il pianto inconsolabile dello strappo
– dopo milioni di anni impreparati ancora al nascere
così come al morire.

**

La caduta del muro di Berlino, prima volta

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di Bozidar Stanišić

La caduta del muro di Berlino, prima volta
ovvero quanto ci confonde la storia contemporanea

a Ermes Dorigo

La casa del mio amore
è piena di colline e di pascoli di elicrisio
per tetto ha la cupola del cielo e per lampada la stella del Nord
ha le porte di vento e le finestre di scrosci di pioggia.
La casa del mio amore è piena di grandi montagne
e di isole su cui scendono in volo le cinciallegre.

(Kathleen Raine, La casa del mio amore)

mattino ancora mattino in un altro luogo
quel mattino ricordo facevo colazione con il pane
il pane sfornato da un amico (leggeva libri
ah libri gracili! compagni di viaggio
bizzarri e ombrosi veli avvolti dall’oblio
sognando sogni non di laggiù
in una città che laggiù ancor oggi porta il nome della nebbia
che attenua i contorni di tutto perfino di ciò che è scomparso)

Urbanità 10

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di Gianni Biondillo

Farò di tutto per essere in prima fila, nel giugno del 2010, al concerto milanese di Claudio Abbado. Sono di quella generazione che non ha mai avuto la possibilità di sentirlo dal vivo nella propria città e questo mi fa sentire come un orfano. Forse davvero è il simbolo che qualcosa sta cambiando a Milano. Forse stiamo prendendo coscienza di essere per davvero un centro culturale di respiro internazionale. Una metropoli. Anche se, lo confesso, la provocazione di Abbado – suonerà solo se verranno piantumati 90.000 alberi in città – a me mette un po’ tristezza. Nulla da dire sulla nobiltà del gesto, ma il tema della qualità ambientale non dovrebbe merce di contrattazione di un singolo privato, ma l’imperativo doveroso di ogni realtà pubblica. Abbado ci dà lezioni di civiltà, non possiamo che ringraziarlo, ma ciò dimostra il nostro generale ritardo civico.

Classifiche Pordenonelegge-Stephen Dedalus, aprile 2009

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[Si pubblicano le classifiche estese del Pordenonelegge-Stephen Dedalus]

Narrativa

1. Giorgio Vasta, Il tempo materiale (minimum fax) 54

2. Daniele Del Giudice, Orizzonte mobile (Einaudi) 27

3. Tommaso Pincio, Cinacittà (Einaudi) 26

4. Tiziano Scarpa, Stabat Mater (Einaudi) 24

5. Vitaliano Trevisan, Grotteschi e arabeschi (Einaudi) 21

6. Francesco Piccolo, La separazione del maschio (Einaudi) 19

7. Gabriele Frasca, Dai cancelli d’acciaio (Sossella) 16

8. Gabriele Pedullà, Lo spagnolo senza sforzo (Einaudi) 15

9. Antonio Moresco, Canti del Caos (Mondadori) 12

10. Eugenio Baroncelli, Libro di candele (Sellerio) 9

Davide Brullo, Il lupo (Marietti) 9

Ade Zeno, Argomenti per l’inferno (No Reply) 9