di Marco Ciriello
RADIOBAHIA: suona
1.
Il cielo piega sul campo, uno straccio. Il ragazzo cammina lungo la strada vuota, uno sputo. Il sole alle sue spalle, davanti: l’Alaska.
di Marco Ciriello
RADIOBAHIA: suona
1.
Il cielo piega sul campo, uno straccio. Il ragazzo cammina lungo la strada vuota, uno sputo. Il sole alle sue spalle, davanti: l’Alaska.
Ecco il problema di chi beve, pensai versandomi da bere. Se succede qualcosa di brutto si beve per dimenticare; se succede qualcosa di bello si beve per festeggiare; e se non succede niente si beve per far succedere qualcosa. (Charles Bukowski, Donne)

Immagine tratta dal sito dedicato a Blaise Cendrars
Brano tratto da Bourlinguer
di
Blaise Cendrars
trad. Francesco Forlani
(…)Oggi vorrei raccontarvi la nostra più bella sbronzografia.
Un pomeriggio d’estate , incontro Modigliani in fondo alla rue Dauphine.
– Ce l’hai il grano? mi chiese lui
– Un biglietto da cinquanta. E tu?
– Cento
– Figo, allora, si va a bere! gli dissi
Entrammo in una drogheria per comprare del vino e ci andammo a sistemare dietro al Vert Galant, lungo la Senna, di fronte al battello- lavatoio, dove immediatamente stappammo due, tre bottiglie.
– Ce l’hai dello spago? mi chiese Modigliani
– No, per farci cosa?
di Massimo Rizzante
1
Cara Ornela,
ho letto Il paese dove non si muore mai (2004). Ho letto anche la tua seconda opera, Buvez du cacao Van Houten! (2005), che non è ancora stata pubblicata in Italia. Infine, La mano che non mordi (2007).
Nel primo romanzo, dedicato interamente al tuo paese d’origine, l’Albania, il paese in cui la parola «paura» è priva di significato – mentre la parola «umiltà» è perfino assente dal lessico –, dove la morte è «un processo estraneo» e dove il detto più diffuso è «Vivi che ti odio, e muori che ti piango», tu racconti l’educazione di Elona, di Ormira, di Ornela, di Ina, di Eva, molteplici eroine che ne formano una sola.
di Marco Rovelli
Poi sono risalito a Glifo, e mi sono fatto grandi risate, tra continue stupefazioni per la genialità della scrittura (un bambino che nasce imparato, che ha il linguaggio già compiuto prima di ogni apprendimento – e su questa idea di base Everett, professore di letteratura e allevatore di cavalli, fa sbizzarrire la sua stessa lingua e immaginativa, tra i servizi segreti che rapiscono il bambino e i dialoghi tra Wittgenstein e Nietzsche, tra Roland Barthes e Dio). Ma ho conosciuto Percival Everett con La cura dell’acqua. Un grandissimo libro sul Male.

Daddy
[ dalla viva voce di Sylvia Plath – che sorride ironia amara – con una cattiveria forzata e finale – quasi neutra – a tratti spezzandosi – in una registrazione per un programma della BBC del 30 ottobre 1962 – viva ancora per poco – il cuore nero di questa filastrocca di morte (di questa nursery rhyme che danza sull’orlo di un precipizio le sue rime in u come presagi di gufi) avrà il sopravvento pochi mesi dopo – l’11 febbraio 1963 – due tazze di latte e qualche fetta di pane di fianco ai lettini dei bambini – la finestra socchiusa – la porta sigillata con il nastro adesivo – la testa nel forno della cucina – niente più lotta d’acrobata contro il dolore – quel dolore dei bambini che si credono sempre colpevoli loro per le disgrazie degli adulti – in quel suo you ripetuto per 23 volte si declinano e trasfigurano in figure mostruose il padre e la sua lingua nemica – figlio di immigrati tedeschi – amputato non in guerra ma per il diabete – morto troppo presto – per embolia – professore di entomologia – mai stato nazista – e il marito Ted Huges che anche l’ha abbandonata troppo presto – loro due e tutto il dolore storico del secolo del nazismo e dello sterminio – gridano insieme – scorrono nella stessa pellicola che va fuori quadro – giù di nuovo nello stesso sacco del delirio di morte di Ivan Il ‘ic di Tolstoj: Gli sembrava che volessero ficcarlo a forza in un sacco nero, stretto e profondo e che cercassero di spingerlo sempre più giù senza riuscirvi. ]
You do not do, you do not do
Any more, black shoe
In which I have lived like a foot
For thirty years, poor and white,
Barely daring to breathe or Achoo.
Chet Baker: dopo vent’anni di stupefatto ascolto*
di
Ade Zeno
La sera del 29 aprile 1988, davanti alle svariate centinaia di persone che gremivano la Grosser Sendersaal di Hannover, sarebbe stata scritta una delle più belle e trascinanti pagine del jazz (della poesia) mondiale, pagina lunga meno di due ore, ma ormai incontestabilmente eterna, tanta è la meraviglia che ancora oggi riesce a muovere in chi ha l’avventura di imbattersi, pure distrattamente, anche solo in un breve passaggio di quella storica registrazione. The last great concert, fortunatamente immortalato e facilmente reperibile, è un monumento alla perfezione emozionale, un trionfo di leggerezza esplosiva. Soprattutto è il testamento in sibemolle dell’immenso, straordinario poeta che riuscì a essere, forse suo malgrado, Chet Baker. Lo stesso artista che appena due settimane dopo, il 13 maggio, volò giù da una finestra del Prins Hendrik, un albergo economico situato a due passi dalla stazione centrale di Amsterdam, schiantandosi per sempre su un marciapiede deserto.
I capolavori di McCay e la vita onirica del fumetto

di Michele R. Serra
Winsor McCay
DREAM OF THE RAREBIT FIEND, Ulrich Merkl, pagg. 464, € 106
DREAM OF THE RAREBIT FIEND – SOGNO DI UN MANIACO DEI CROSTINI GALLESI, Free Books, pagg. 208, € 50
Ma è vero, che a mangiar pesante poi si fanno gli incubi?
Per molti, le conseguenze di una cena pantagruelica si riducono a un sonno pesante e del tutto privo di sogni, o almeno del loro ricordo cosciente. Zenas Winsor McCay era invece convinto che un piccolo, angoscioso delirio notturno fosse l’inevitabile contrappasso del godimento alimentare: al peccato di gola segue una punizione comminata in forma onirica, che provoca un soprassalto risveglio e un immediato quanto effimero pentimento da parte del reo.
di Niels Kadritze*
Dopo la spettacolare vittoria alle elezioni legislative dello scorso luglio, il Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) ha intrapreso una profonda riforma della Costituzione. Ma il progetto si scontra con la volontà dell’esercito di mantenere la propria egemonia e con le divisioni della società in tema di definizione di nazionalismo e laicità. L’aggravarsi della crisi curda, alla fine del 2007, ha fornito ai militari l’occasione per riaffermare il loro potere di fronte al nuovo presidente Abdullah Gül. Tratto da Le Monde Diplomatique, gennaio 2008.
Giovedì 15 maggio 2008, alle ore 20,00, nella Biblioteca-Mediateca di Casa della poesia (sede nel Convento francescano della SS. Trinità) a Baronissi (Salerno), si terrà un incontro con uno dei maggiori poeti contemporanei di lingua ebraica, Aharon Shabtai.
Intellettuale colto, irregolare, scandaloso, oppositore delle politiche israeliane nei territori palestinesi, Shabtai sarà ospite di Casa della poesia e alloggiato nella “casa dei poeti”, in occasione dell’uscita in Italia del suo primo libro italiano, Politica, tradotto dall’ebraico da Davide Mano con testi dello stesso Mano, di Egi Volterrani e Alfredo Tradardi e pubblicato dalla Multimedia Edizioni / Casa della poesia.

(Il seguente testo va ad integrare il dossier dedicato alla dissidenza intellettuale in Israele. Di esso fanno già parte alcuni pezzi postati su NI – qui ,qui e qui
Dossier a cura di Francesco Forlani, Lorenzo Galbiati, Daria Giacobini, Diego Ianiro, Andrea Inglese, Fabio Orecchini.
La Fiera del libro di Torino e la buona vecchia Europa
Una lettera aperta di Yitzhak Laor
Cara amica, il nostro problema qui, in quanto israeliani contro l’occupazione, è un problema concreto con i nostri vicini concreti, quelli che tornano a casa dopo avere prestato servizio ai blocchi stradali e avere trattato esseri umani come animali: diventano fascisti attraverso la pratica – ossia attraverso il servizio militare – e solo poi fascisti ideologicamente. Questo non preoccupa la sinistra filo-israeliana in Italia. Tu sostieni che la sinistra italiana non avrebbe trattato un boicottaggio del Sudafrica nel modo in cui sta trattando qualunque proposta di boicottaggio di Israele. Ma la cosa è più semplice: pensa alla sinistra italiana durante la prima guerra del Libano e paragonala alla sua posizione attuale. Non è l’occupazione a aver cambiato natura. È l’Europa occidentale che è cambiata, che è tornata al suo vecchio modo di guardare i non-europei con odio e disprezzo.
(La prima parte di questo saggio è apparsa qui)
II
È importante richiamare ora la questione da cui siamo partiti. Quale funzione universale può avere un genere letterario che tende all’espressione di una voce singolare? Com’è possibile che l’espressione della singolarità possa interessare una molteplicità di esseri umani? Il primo passo in direzione di una riposta è consistito nel mostrare come la condizione di singolarità non sfoci necessariamente nel ripiegamento solipsistico o narcisistico del sé, ma al contrario conduca ad un incontro con il mondo nella sua radicale esteriorità. Questa constatazione, per altro, impone di ripensare meno unilateralmente il paradigma della “lirica moderna”, evitando così di ampliare sempre di più l’inventario delle eccezioni, dei controesempi, dei percorsi apparentemente secondari e divergenti.
di Antonio Sparzani
Le prime due puntate dell’eterea vicenda le trovate qui e qui.
Dopo i diafani sogni degli antichi e le speculazioni del Medioevo e del Rinascimento, ecco le riflessioni e le fantasie del secolo dei lumi, che tutto illuminava con nuovi punti di vista e con nuove prospettive.
I lumi però vanno preparati e nel Seicento, l’epoca del vituperato e splendido barocco, molte acque si mossero.
Un po’ più seriamente che con le battute di Galileo, la questione dell’etere venne affrontata e trattata da due dei maggiori scienziati dell’era moderna, Huygens e Newton.
Era olandese Christiaan Huygens (talvolta Huyghens, l’Aia, 1629 – 1695), crebbe in una terra che stava diventando nazione tra mille turbolenze, tra alleanze variabili e tentativi di autonomia, il che non gli impedì di dedicarsi a studi e faccende scientifiche, scoprendo e inventando numerose interessanti applicazioni, come potete leggere ad esempio qui. Divenne amico e corrispondente di Descartes, Pascal, Leibniz e Newton, ed elaborò complessivamente una propria posizione scientifica originale, più vicina al continentale cartesianesimo che alle idee che venivano d’oltre Manica.
Un grande mistero per gli uomini, e una grande fonte di vita e di gioia è sempre stata la luce.
di Rinaldo Censi
Vienna, 1969. All’età di tredici anni Peter Tscherkassky assiste alla proiezione di C’era una volta il West. Egli ricorda questo incontro con il film di Leone come uno dei momenti topici che segneranno la sua carriera di film-maker, di artista. Trent’anni dopo Tscherkassky e Sergio Leone si rincontreranno: in un testa a testa forsennato, in una stanza-laboratorio. Il risultato ottenuto è visionabile a Bologna, dove il 5 e il 6 di maggio Peter Tscherkassky presenterà i suoi film. Due serate organizzate dal Dipartimento di Musica e Spettacolo (Centro la Soffitta) in collaborazione con la Cineteca di Bologna. Il film si intitola Instructions for a Light and Sound Machine (2005): ovvero come trasformare uno spaghetti-western in un dispositivo ottico-sonoro stratificato, epico, furioso. Nello splendore del formato CinemaScope.
di Stefano Gallerani
Tra i suoi coetanei, cioè dei nati negli anni cinquanta, probabilmente Eraldo Affinati è lo scrittore che più degli altri – e sin dall’esordio, nel 1992, con Veglia d’armi. L’uomo di Tolstòj (Marietti) – è andato costruendosi un mondo in tutto e per tutto riconoscibile, l’immagine rifratta di un’idea di letteratura, e dunque di vita; o meglio, insieme a Michele Mari e Gabriele Frasca è sicuramente quello che ha praticato con più accanimento, anche assumendosi il rischio di esiti alterni, la coerenza a un’idea come forma di ricerca, ossia come strumento di conoscenza.
di Antonio Sparzani

IO SE FOSSI DIO
[di Giorgio Gaber, 1980, canzone spesso censurata]
Io se fossi Dio…
e io potrei anche esserlo,
sennò non vedo chi!
Io se fossi Dio,
non mi farei fregare dai modi furbetti della gente,
non sarei mica un dilettante,
Sarei sempre presente!
Sarei davvero in ogni luogo a spiare
o meglio ancora a criticare
appunto cosa fa la gente.
Per esempio il piccolo borghese
com’è noioso,
non commette mai peccati grossi,
non è mai intensamente peccaminoso.
Del resto, poverino, è troppo misero e meschino
e pur sapendo che Dio è più esatto di una Sweda
lui pensa che l’errore piccolino non lo conti o non lo veda.
di Franz Krauspenhaar
Chi è Arvo, il protagonista del nuovo romanzo di Valter Binaghi, Devoti a Babele, Perdisa Editore, pagg. 122 euro 12,00? Un ragazzo del ’77, un sopravvissuto al piombo che cadeva sugli omonimi anni, che noi ragazzi nati all’inizio dei Sessanta o ancor meglio verso la fine dei Cinquanta, come il nostro autore, abbiamo assaggiato a lingua protesa, come cani masochisti affamati di quei tempi duri.
Casa della Poesia, largo Marinai d’Italia, Milano
13 maggio 2008, ore 21
Performance poetica & cinema
di
Pubblico dormitorio Massuero
Il “Pubblico dormitorio Massuero”, involuzione gerontica del Collettivo di Pronto Intervento Poetico “Altri Luoghi” è formato dal seguente personale: Marco Berisso, Guido Caserza, Marcello Frixione, Paolo Gentiluomo.
di Giovanni Catelli
Stazioni
Bratislava, Autobusova stanica
E di nuovo le strade sono vuote, la piazza reclama l’aria dei respiri, accelera la corsa degli affanni, verso il buio che preme le mura del tramonto, insegue la caduta della luce, morde quell’incendio d’esili finestre, quel perduto fremere di foglie ai transiti del cielo :
di Franz Krauspenhaar
Marino Magliani torna sulla scena letteraria con un romanzo, Quella notte a Dolcedo, Longanesi, pagg.262 euro 16.00 che, rispetto ai precedenti, soprattutto a Il collezionista di tempo uscito l’anno passato per Sironi, abbandona certe sperimentazioni (nel libro appena citato si registrava il connubio forma e contenuto tra una scrittura di frontiera con risvolti biamontiani e la fantascienza, come se il Fransé si fosse unito in sodalizio artistico con un autore di science-fiction).