Home Blog Pagina 486

da Le avventure di bgmole

48

mole.jpg

di Gherardo Bortolotti

avventura n. 53
Nel camerino, bgmole prova un nuovo paio di jeans, chiedendosi quanto possa essere espressione del suo gusto.

avventura n. 2103
bgmole beve del tè freddo, al limone.

avventura n. 1635
Mangiando un panino in ufficio, bgmole si riempie di briciole.

avventura n. 2789
Sentendo nascere un piccolo attacco d’ansia, bgmole cerca di respirare profondamente.

Tradizione e innovazione nell’arte del tè in Cina e in Giappone

11

di Livio Zanini

Nel chanoyu, l’arte del tè giapponese, i principi postulati dal suo fondatore Sen no Rikyu alla fine del XVI secolo sono stati tramandati e interpretati dalla tradizione successiva sia nella loro essenza che nella loro espressione concreta, attraverso una fedele trasmissione delle modalità di preparazione e degustazione dell’infuso.
Il sistema degli iemoto, i capifamiglia che in Giappone si tramandano l’arte da generazione a generazione, ha poi contribuito alla cristallizzazione e alla perpetuazione del chanoyu. Tutti i maestri delle diverse scuole, hanno trasmesso con passione e diligenza quest’arte, trovando spazio per la propria creatività per quanto concerne la progettazione della stanza da tè, la scelta del corredo di strumenti e degli arredi, nonché dei gesti prestabiliti usati nello svolgimento del rituale stesso. Tuttavia, nessun’innovazione ha mai modificato la struttura fondamentale del rito, basato sulla preparazione del tè in polvere praticata ai tempi di Sen no Rikyu. Dunque, è negli ambiti definiti dalla tradizione che si è evoluta quest’arte, che ci permette ancora oggi di vedere e apprezzare, vive più che mai, movenze e gestualità antiche, perpetuate fedelmente per secoli.

Un mutamento di clima – 2

61

di Tiziana de Novellis

Cellule staminali

Lo studio delle cellule staminali rappresenta, oggi, uno degli aspetti più importanti della ricerca scientifica finalizzata alla cura di determinate malattie (in particolare alcune malattie “degenerative”, come il Morbo di Parkinson e l’Alzheimer – caratterizzate dalla distruzione progressiva di vaste aree di tessuto cerebrale -, ma anche di malattie mortali, come l’ictus, il diabete, le malattie cardiache e le paralisi). La ricerca su questo speciale tipo di cellule, associata alla tecnica della clonazione, sta facendo eccezionali progressi non solo per le importantissime prospettive terapeutiche, ma anche per la comprensione dei meccanismi per ottenere tessuti da utilizzare nei trapianti e per lo studio dei tumori. In un futuro prossimo, questa ricerca, se non ostacolata (come di fatto accade in molti Stati, tra cui l’Italia, dov’è consentita solo su cellule staminali somatiche), potrà rivoluzionare il modo di curare tante malattie che, allo stato attuale, sono di fatto incurabili e gravemente invalidanti.

Oltreparola – seminario di scrittura poetica

0

La poesia… Qualcuno è intimidito dall’idea stessa. Qualcun altro scrive versi da sempre, o vorrebbe farlo. Qualcuno non ci ha mai pensato.
Eppure non vi è un punto più o meno privilegiato per imbarcarsi in una delle sue avventure. Perché, quale che sia la nostra personale posizione nei suoi confronti, la poesia esiste da sempre e brilla nel mondo come forza propria, costituendo qui ed ora una grande opportunità per ciascuno: di espressione, di espansione culturale, di affinamento della sensibilità, di immersione fruttuosa nelle zone più autentiche di se stessi.
La proposta di Oltreparola è un ciclo di incontri attivi in cui praticare lettura, scrittura, ascolto e confronto.

L’anima mia è morta per colpa tua

69

lanimamia.jpg 

di Alessio Arena

Siamo come l’erba dei tetti,
Che secca prima di crescere.

(Salmo.129)

Scivola quel jeans, ma che donna sei,
battiti nel cuore, non l’avevi fatto mai.

(Raffaello -il cantante)

Dopo mangiato ho preso il numero di Enzo il farmacista per chiedergli il fatto del test.
Sì, sì, non ti preoccupare, ha detto lui, con quella voce che sembra che sta pregando, non ti preoccupare, sei uscita incinta.
Io mi sono messa un poco vergogna perché non sapevo cosa dire, perché non parlavo e non mi era caduto il telefono dalle mani come succede a una che è uscita incinta dentro a Biutiful, per esempio, o dentro a Un posto al sole.
Forse ho detto: no e chi si preoccupa ? E ho aperto il cassetto che sta sotto al tavolino del telefono per prendere carta e penna.
– Come si chiama il marito della Dottoressa Nadia ?
– Che c’azzecca mo ?
– Vedo se sta sopra all’elenco.
– Ma quello è uno pisicchiatrico, nenné.
– Uh Gesù, allora ci dico che mi deve aiutare a non far nascere a un altro pazzo.
– Tu non stai bene.
– E voi sì, la verità, cu’ cchesta voce ‘e vecchia ‘nzallanuta.
– …

Variazioni Meridiano – 5: Marco Giovenale

13

industria / distruzione

distruzione delle vite e distruzione del tempo delle vite sono prassi e procedure che si sono moltiplicate e sono diventate industria, nel percorso del secolo passato.

questo fatto carica di uno spessore di ombra aggiunta lo spazio dei segni, e dunque — in fondo — anche la scrittura di versi, che già per statuto suo è o può essere luogo laterale e asimmetrico rispetto al sermo communis.

all’interno delle forme e dei lessici si può cioè sommare quella macchia di assenza, di violenza e distacco, che le innumerevoli vite ferite, offese o perse (e il loro tempo bruciato) testimoniano o puramente sono. (fuori da linguaggi).

Tutti i colori del cielo

7

mare_notte.jpg

di Giuseppe Rizzo

Qualcuno aveva una lampada ad olio. La spiaggia, non appena quello accese il lume, si riempì di ombre. Decine di fantasmi neri iniziarono a scontrarsi e maledirsi. Uno bestemmiava il cielo per tutto quel buio. Uno tirava pedate all’acqua del mare. Uno era inciampato e si era ricoperto di sabbia. La donna stava immobile con le gambe aperte. Il pancione brillava sotto la luce del lume. Fu al momento di rialzarsi che sentii per la prima volta la sua voce. Le tesi la mano, ma il gesto fu così goffo che attirammo l’attenzione di tutti. La donna all’in piedi era piccola e tonda. La pancia le si gonfiava da sotto le vesti e inchiodava lo sguardo di tutti alla sua rotondità. Qualcuno disse che non poteva venire con noi. «È pericoloso», mormorò, «per lei e per noi». È pericoloso, pensavo anch’io.

Sei autrici per margini, frontiere – anteprima Sud 11

16

douanes.jpg
Maria Grazia Calandrone

Il ciliegio quell’anno aveva un male nel corpo
a fiorire, come
se inclinasse una chioma innaturale
verso un mondo che non vagliava
le cavità del mondo (…)

Alessandra D’Agostino

dieci mattoni
uno sopra l’altro
stucco a farcire (…)

Giovanna Frene

«Il nervo scoperto della nostra virtù: la vita
separata in due frammenti incoincidenti,
la dignità del mondo attraversata
come una scorciatoia» (…)

Florinda Fusco

conto le ossa adesso che sei quasi vicino

dietro il vetro la mano spinge non arriva

il corpo piegato a ricamare un bosco con gli spilli (…)

Marina Pizzi

appunti di sorpassi da questo indietro
da questo corriere dei piccoli permanenti
vedere il mondo da indici di fagotti
comunque la perdita senza la fronte querula
starsene d’angolo in gola alla forca(…)

Laura Pugno

allatta
una scimmia cucciolo
dalla pelliccia d’oro,
trova a terra
il corpo di una scimmia grande
scuoiato (…)

Un requiem per Misia

4

di Tina Nastasi
revue_blanche.jpg

Misia, μισέω, miserere. Così suona nella mia mente un requiem per la donna che fu Misia Sert. Nacque Godebska il 30 marzo del 1872 mentre sua madre moriva nel darla alla luce. In questo evento Misia fonda il suo destino: nata dal dolore di sua madre che, malgrado il ventre gravato oltre l’ottavo mese, viaggiò un intero viaggio dalla Francia alla Russia, perché non poteva credere alle parole di un’anonima e rozza scrittura che le annunciava l’infedeltà dell’amato consorte, grave e altrettanto gravida di umane conseguenze; usata e umiliata dalle molte matrigne amate dal padre, ribelle alla paura e ai soprusi e perennemente in fuga; innamorata e venduta dal suo primo al suo secondo marito, amò solo il terzo e lo lasciò libero di andar via quando questi s’innamorò a sua volta di un’altra donna, che Misia accolse come una figlia. Rispetto chiese sempre per sé e per chi amava, rivendicando ogni ora la libertà di scegliere la propria via. Nelle sue vene scorreva sangue polacco e belga e russo e francese. Artista figlia di artisti, fu il cuore dei salotti d’avanguardia parigini. Scrisse con la leggerezza di una farfalla tutte le note bianche fra quelle nere della sua vita. Leggetene il ritratto a carattere che ne fece Jean Cocteau e ammiratene tutta la forza che non è più.
Sul ricordo di Misia oggi io canto un requiem per il cerimoniale dell’otto marzo e per tutte le donne che non hanno più fame di libertà e di rispetto.

Cinque minuti

4

lucien-freud-freddy-2001.jpg 

di Sabrina Campolongo

Cinque minuti.
Cinque minuti persi, realizzò Davide, sostenendosi con una mano contro lo stipite della porta del bar. Sospeso a fissare il cronografo al suo polso, quasi che chiamando a testimonianza il suo fiato corto e le gambe stanche potesse convincerlo a rettificare la sua posizione.
Ma a nulla sarebbe servito, nemmeno se gli avesse detto che non si era fermato, che non aveva incontrato nessun conoscente nel parco, che non aveva condiviso nemmeno una parte del percorso, nessuna chiacchera, nessun fondoschiena di bella ragazza in calzoncini da ammirare, niente.

DeLillo

19

delillo.jpg di Christian Raimo

Qualche mese fa Tommaso Pincio sul Manifesto faceva il punto sulla produzione di romanzi americani sull’11 settembre (Updike, McEwan, Kalfus, DeLillo, Massud, McInerney, Safran Foer…), concludendo più o meno che il tentativo di scrivere qualcosa di realistico – a partire da una tale overdose di Reale – si rivelava, anche per scrittori di indiscusso talento, un po’ fallimentare. Mentre Pincio riteneva più convincenti due libri come L’accademia dei sogni di William Gibson e la fiaba apocalittica La strada di Cormac McCarthy, che sceglievano di usare gli strumenti della letteratura per contrapporsi direttamente all’immaginario dell’11 settembre (lo scenario di paura e devastazione) e non al suo dato di evento storico. La questione era sintetizzata da una battuta di Martin Amis, che, all’indomani dell’attentato, aveva dichiarato: “il 12 settembre, dopo essere stati un paio d’ore seduti alla scrivania, tutti gli scrittori della Terra avevano considerato, seppure controvoglia, la possibilità di cambiare mestiere”. Ossia: è morale una narrativa di finzione di fronte a una catastrofe? Che senso ha scrivere storie?

Un mutamento di clima – 1

19

di Tiziana de Novellis

Come medico, ho sentito la necessità di dare un piccolo contributo al dibattito sui temi di bioetica, nel tentativo di chiarirne alcuni degli aspetti tecnici, oltre che sociali e umani. Questo scritto, a causa della complessità delle tematiche affrontate, non pretende né di esaurirne gli aspetti scientifici né di dare risposte univoche o risolutrici. TdN

“Solo il fanatismo, che come sempre nasce da un’intenzione apparentemente buona, può far credere che i medici di Napoli non siano persone perbene ma stregoni sadici, allegri assassini di nascituri. Il signor giudice, mandando la polizia in sala operatoria, ha trasformato un luogo di lenimento della sofferenza in un quadro di Bosch. E alla fine invece di mostrare il presunto orrore della professione medica, ha mostrato tutta l’asfissia di un’altra professione, della sua professione.” Francesco Merlo, “La crudeltà dell’ideologia”, la Repubblica, 13 febbraio 2008.

Riconsiderando alcune delle recenti vicende politiche del nostro paese, a cominciare dall’abbandono del dibattito parlamentare sulla normativa che avrebbe dovuto regolare le unioni di fatto, il rifiuto delle cure, la procreazione assistita fino alla recente messa in discussione della legge che regola l’aborto volontario e terapeutico, è evidente che l’ingerenza pressoché quotidiana delle gerarchie ecclesiastiche nella vita politica dello Stato risulta essere più efficace del dibattito politico stesso. Ciò che è in gioco, oggi, è la sopravvivenza del confronto democratico intorno a quei temi cosiddetti “eticamente sensibili”, a cui si contrappongono alcune “idee” sempre più radicate come “articoli di fede”.

La passeggiata improvvisa (e congedo)

11

di Franz Kafka

Quando la sera sembra ci si sia definitivamente risolti a restare a casa, si è indossata la veste da camera, dopo cena si siede al tavolo illuminato e si è iniziato un qualche lavoro o gioco, concluso il quale d’abitudine si va a dormire, quando fuori c’è un tempo ostile che rende naturale il rimanere a casa, quando ormai si è rimasti fermi così a lungo accanto al tavolo che l’andarsene non potrebbe che suscitare la sorpresa generale, quando le scale sono già buie e il portone sbarrato, quando ora, nonostante tutto, ci si alza presi da un disagio improvviso, ci si cambia la giacca, si ricompare subito vestiti per uscire, si dichiara di dovere andare, e lo si fa senz’altro dopo essersi brevemente accomiatati, si pensa, giudicando dalla rapidità con cui la porta è stata sbattuta, di essersi lasciati alle spalle più o meno contrarietà, quando ci si ritrova in strada, con membra che rispondono con particolare mobilità alla libertà inattesa che si è loro procurata, quando per quest’unica decisione si sente raccolta in sé ogni capacità di decisione, quando con evidenza maggiore del solito si comprende che, più che il bisogno, si ha la forza di operare e sopportare facilmente il cambiamento più repentino, e quando si cammina così per le lunghe vie – allora, per quella sera, si è usciti del tutto dalla propria famiglia, che s’allontana nel nulla, mentre noi, saldissimi, neri per l’assoluta nettezza dei nostri contorni, battendo con le mani dietro le cosce, ci si innalza alla nostra vera figura.
Tutto si rafforza se, a quell’ora di notte, si va a trovare un amico, per vedere come sta.

[con questo post prendo congedo dai lettori di Nazione Indiana ringraziando per questi quattro anni di letture e scritture. A loro, e chiaramente a Nazione Indiana, un saluto e arrivederci.]

“eppur si muore”

10

beghelli.jpg
di
Sergio Bologna
Io non credo che interventi legislativi o misure organizzative (come ad es. la creazione di un pool di magistrati specializzato) possano produrre effetti di una qualche rilevanza nella lotta agli incidenti mortali sul lavoro. Com’è possibile prescrivere una terapia quando non si conoscono le condizioni del paziente? Posso peccare di presunzione, ma sono quasi certo che le istituzioni non hanno presente la mappa del mercato del lavoro in Italia, nemmeno a grandi linee. E quindi non hanno la più pallida idea della mappa del rischio. Cominciamo da un dato: il differenziale di circa 2,4 punti percentuali tra l’incidenza dei morti sul lavoro in Italia rispetto al resto dell’Europa è dovuto al fatto che da noi si muore “in itinere”, cioè mentre ci si sposta per lavoro o per andare o tornare dal luogo di lavoro. Quindi “il luogo” di lavoro di per sé, concepito come luogo fisico, non sarebbe più rischioso in Italia di quanto sia quello di altri Paesi europei. E’ lo spazio della mobilità quello più rischioso. Perché?

Discoterra/Musico/Bombarderia 2# e fine

52

di Silvia Salvagnini

sissi02.jpg

ci sono baci che non si conoscono
che non si affondano che navigano
volano tuonano baci che non si sanno
che hanno ridanno in questo
scambievole scarico di scivoli:
altalene scivoli altalene.
e quando non mi conosci
che mi perfori divori fori.

*

La mossa di Tito

18

echiquier.jpg

Sono quello che sono
di
Azra Nuhefendić

Visto che uno dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti, Barak Ehud Obama, è stato accusato di essere musulmano [v. “The Sunday Times” -Culture International, 16 dicembre 2007], che alcuni musulmani nell’Italia settentrionale furono detenuti avendo pregato in pubblico, ho deciso che la cosa migliore per me sia di ammettere: va bene, anch’io sono una musulmana.

Come mai mi è successa una cosa del genere? E perché è capitato proprio a me? Di solito, come nei casi di malattie gravi o di tradimenti sentimentali, sono stati altri ad accorgersene per primi.

che lega, ancora

3

vito-carta-face.jpg 

di Serena Granatelli

Si siede il doppio
riporto la toppa
di un’anticamera
[disidratata]
e scanzo allo scoperto
un sogno di vergogna;
ho tradito il dato
bruto al confronto
diretto ti ho dato
di petto il mio buco
telato, svelato sul ciglio
da un fanatico compositore.

Idillio Forsennato: Arno Schmidt

8

arno-schimdt-ii.jpg di Stefano Zangrando

C’è una poesia di Günter Eich, poeta e drammaturgo tedesco tra i fondatori del Gruppo 47, che è considerata emblematica dell’istanza rifondatrice del linguaggio poetico della Trümmerliteratur, la «letteratura delle macerie» che si sviluppò in Germania nell’immediato dopoguerra. S’intitola Inventario e comincia così: «Questo è il mio berretto, / questo è il mio cappotto / qui la mia roba per fare la barba / nella borsa di lino». In una lingua semplice e scevra da patetismi, soltanto nominando i pochi resti personali, l’io lirico del soldato prigioniero ritesse le fila della propria esistenza nel mondo, fino a riaffermare la propria identità poetica: «La mina della matita / è ciò che amo di più: / di giorno mi scrive i versi / che ho pensato di notte».

Titoli

15

veronese.jpg di Sergio Garufi

Non so se esiste una storia dei titoli in arte e letteratura. Una trattazione breve ma abbastanza esaustiva riguardo ai libri l’ha fatta Gerard Genette in Soglie. I dintorni del testo, partendo dagli interminabili titoli barocchi per arrivare fino alla brusca concisione di quelli novecenteschi, ed elencandone le funzioni principali (identificazione dell’opera, designazione del contenuto, valorizzazione). Umberto Eco, nelle Postille al suo primo romanzo, spiegava la genesi di quel titolo, di cui fu corresponsabile – come accade spesso – il suo editore. Vennero rifiutati titoli troppo neutri, che prendevano a prestito il nome del protagonista, come Adso da Melk (il preferito dall’autore); o titoli più banali, come L’Abbazia del delitto, che lo faceva somigliare a un giallo di serie B. La scelta finale fu azzeccata, Il nome della rosa è una chiave di lettura appropriata, per le valenze nominaliste a cui rimanda l’esametro latino finale e perché resta sufficientemente vago da non precludere ulteriori percorsi ermeneutici.

L’uomo della frontiera

4

bei-crotone.JPG

(Anticipazione da «Sud» 11)

di Giovanni Fazzini

L’uomo della frontiera inteso come uomo libero, indipendente, padrone dei grandi spazi non ci interessa. È qualcosa che appartiene al mito e nemmeno il mito ci interessa. Ci preme, piuttosto, delineare quelle dinamiche che hanno fatto della frontiera un laboratorio del domani, cercando di individuare le linee di un processo sostanzialmente cieco o, comunque, ben lontano da ricostruzioni consolatorie.

Le santissime parole di Ascanio Celestini (prima parte)

4

cipputi2jp.jpg
Qualche giorno fa, in una conversazione con Sergio Bologna gli ho chiesto se avesse visto il film documentario di Ascanio Celestini, Parole sante. E gli ho anche detto che secondo me lo si poteva considerare per una serie di motivi che proverò a formulare, la traduzione in immagine, in movimento di molte delle riflessioni che hanno animato quella straordinaria scuola di pensiero politico e sociale che è stata l’operaismo, e per certi versi determinate analisi del mondo attuale scaturite da quelle tesi. Insomma, gli ho detto: ” Sergio, devi assolutamente vedere Parole Sante“.

La mia tesi è che Ascanio Celestini, tra tutti gli autori che in Italia si sono occupati di lavoro precario- e a loro va comunque riconosciuto il merito di essersi rivolti a quei cambiamenti- è riuscito a “raccontare” più che semplicemente descrivere o croniquer le mille trappole del lavoro precario e lo ha fatto da una prospettiva distante anni luce dal miserabilismo e dalla compiacente mortificazione delle persone asservite all’ideologia del “posto fisso” secondo una logica e visione dei sindacati “attuali” in Italia. La storia di Parole sante, del resto, non è una storia di parole, ma di esperienze. E per osservare un’esperienza bisogna mettere le facce di chi l’esperienza la fa, soprattutto sulla propria pelle. E non smette di sorridere nemmeno quando è nel pieno della battaglia.

Innanzitutto cos’è l’operaismo?
Scrive Mario Tronti*