di Livio Zanini
Nel chanoyu, l’arte del tè giapponese, i principi postulati dal suo fondatore Sen no Rikyu alla fine del XVI secolo sono stati tramandati e interpretati dalla tradizione successiva sia nella loro essenza che nella loro espressione concreta, attraverso una fedele trasmissione delle modalità di preparazione e degustazione dell’infuso.
Il sistema degli iemoto, i capifamiglia che in Giappone si tramandano l’arte da generazione a generazione, ha poi contribuito alla cristallizzazione e alla perpetuazione del chanoyu. Tutti i maestri delle diverse scuole, hanno trasmesso con passione e diligenza quest’arte, trovando spazio per la propria creatività per quanto concerne la progettazione della stanza da tè, la scelta del corredo di strumenti e degli arredi, nonché dei gesti prestabiliti usati nello svolgimento del rituale stesso. Tuttavia, nessun’innovazione ha mai modificato la struttura fondamentale del rito, basato sulla preparazione del tè in polvere praticata ai tempi di Sen no Rikyu. Dunque, è negli ambiti definiti dalla tradizione che si è evoluta quest’arte, che ci permette ancora oggi di vedere e apprezzare, vive più che mai, movenze e gestualità antiche, perpetuate fedelmente per secoli.







