In tivù si parla dell’emergenza rifiuti in Campania. L’iconografia è quella solita, aprospettica e paratattica, in cui l’inviata sul posto sta al centro di una teoria di gente infuriata che espone cartelli rivolti contro il Presidente della Regione (“Bassolino vergogna!”), ed altri che invocano l’Uomo della Provvidenza (“Silvio pensaci tu!”). La lotta per accaparrarsi il microfono restituisce brandelli di frasi misti a insulti. D’un tratto una signora esasperata urla “Neanche nel Medioevo!”, indicando la montagna di spazzatura a fianco. Ha ragione. Il Medioevo ci ha lasciato esempi migliori.
Etere 1 : l’antichità.
di Antonio Sparzani
La storia di cui vorrei raccontarvi alcuni episodi corre su due rotaie, spesso parallele: l’una, quella della poesia e della letteratura, che continua a vedere l’etere come qualcosa di vago e misterioso, ma che in questa vaghezza trova la sua sottile bellezza, e l’altra, quella dei tentativi che ha messo in atto la scienza per cogliere finalmente, per serrare tra le tenaglie di una definizione precisa e quantitativa, questo inafferrabile elemento, che continuamente è stato congetturato esistere, ma che altrettanto continuamente è sfuggito ad ogni presa. Perché queste rotaie non sono poi soltanto due e non sono neppure tanto ben distinte: anche la filosofia e la medicina mescoleranno infatti i loro saperi nella trama, stranamente tenace, dell’etere.
Nei poemi omerici, punto cardine d’irradiazione della nostra cultura, l’etere è femminile, ή αιθήρ, (hē aithēr):
Metempsicosi
“…take another little piece o’ my heart babe / take’t take’t…”
La mia amica Marisa, nel corso di Letteratura Inglese per l’esame del primo anno, si innamorò del suo professore. E non fu un amore a distanza, cioè una di quelle infatuazioni che generano adorazione silenziosa e abbandoni sognanti, estasi e distrazioni dalla realtà – il suo fu un vero amore, perseguito in modo discreto e tenace finché aveva avuto senso, poi trasformato in un ricordo caro, e lui, il professore, Edoardo, in una guida intellettuale, in un punto di riferimento.
Comunque Marisa aveva una vera passione per Janis Joplin – e anche il suo professore. Perciò questa era una loro patria comune, come la poesia dei romantici inglesi, specie John Keats. Janis Joplin piaceva a Marisa perché era una creatura tenace e fragile, una vera contraddizione vivente. Non era bella, e non faceva nulla per diventarlo. Spesso saliva sul palco ubriaca, e fumava come un uomo. Aveva i capelli sempre arruffati. In genere sporchi. O mèzzi dell’appiccicosa umidità che rende micidiale certe città americane, New York per esempio, d’estate.
Scrittori contro il razzismo a Treviso
(Segnalo il brano iniziale di un articolo di Fernando Camon apparso su La Stampa del 27 gennaio 2008 e ripreso su Vibrisse bollettino lo stesso giorno. A questo sito rimando per la lettura integrale del testo. Spero che iniziative di questo genere si moltiplichino. A. I.)
Non è una parte della cultura d’Italia che combatte il razzismo, ma un nucleo centrale della letteratura pluricontinentale e plurisecolare
di Ferdinando Camon
I giovani scrittori, convenuti dalle Tre Venezie, cominciano a declamare ma non si sente nulla: non hanno un palco, non hanno un microfono, la folla rumoreggia, non s’ode una sillaba. Proteste, schiamazzi, sarcasmi. Un gruppetto di suonatori ecuadoregni smette di suonare e presta un microfono. Ci siamo. Lo spettacolo ha inizio. E dunque non solo il Nord-Est delle aziende, ma anche quello degli intellettuali, senza extracomunitari si paralizza. Siamo a Treviso, in Piazza dei Signori: quindici scrittori veneti son qui per leggere passi di grandi testi, dal Vangelo alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, contro il razzismo. (Continua a leggere qui.)
Le città visibili
Spazi urbani in Italia, culture e trasformazioni dal dopoguerra a oggi
[Le città visibili è una raccolta di saggi di studiosi inglesi (o italiani che hanno studiato e lavorano in Gran Bretagna), che parla dell’Italia da vari punti di vista – architettura, storia, letteratura, cinema, società. Uno sguadro che, data la distanza, pare mettere meglio a fuoco la nostra nazione. Il libro è molto bello, forse troppo sbilanciato sull’asse Milano-Torino, ma con intuizioni lucide di vero interesse per tutti noi.
Ho chiesto a John Foot (uno dei due curatori, insieme a Robert Lumley) il piacere di pubblicare qui su NI l’introduzione del volume da poco edito da Il Saggiatore. G.B.]
di Robert Lumley e John Foot
La gente che s’incontra, se gli chiedi: – Per Pentesilea? – fanno un gesto intorno che non sai se voglia dire: «Qui», oppure: «Più in là», o: «Tutt’in giro», o ancora: «Dalla parte opposta».
– La città – insisti a chiedere.
– Noi veniamo qui a lavorare tutte le mattine – ti rispondono alcuni, e altri: – Noi torniamo qui a dormire.
– Ma la città dove si vive? – chiedi.
(Italo Calvino)
Prima di descrivere Pentesilea a Kublai Khan, Marco Polo prevede quello che il suo ascoltatore si aspetterà di trovare all’ingresso della città: una cinta di mura, una porta, gabellieri; «Fino a che non l’hai raggiunta ne sei fuori; […] il suo spessore compatto ti circonda; intagliato nella sua pietra c’è un disegno che ti si rivelerà se ne segui il tracciato tutto spigoli». Ma, continua, «se credi questo, sbagli». Pentesilea non ha né inizio né fine, non c’è distinzione tra dentro e fuori, e per questo non si sa quando ci si sta arrivando e quando invece la si sta lasciando.
Augh! (danger) Poesia

Pasquale Panella al Circolo dei lettori: indiano a Torino seduto
Poesia (estratto)
di
Pasquale Panella
“C’era una volta” torna
in una mia torsione
eccetera… anche i capelli tornano
(quei gesti) scomposti dal pensiero…
il mondo esiste
per le coincidenze
tra gli avvenimenti
e i nostri segreti
nella violenza di una repressione
nelle urla, in una maglia strappata,
(e il corpo apparso pare avere fretta),
nello strazio e nell’uscita stranita
di una voce… avverto i tentativi
di riprodurre il nostro godimento
le mani addosso, le cariche, attentati
lo sfondamento, quella mescolanza
di forze dentro forze,
di ordine e disordine,
di bocche e di vestiti
e teste spinte sotto
dalla mano sopra
(come quando la polizia
fa entrare in macchina
i fermati)
(così io a te, tu a me…
noi, nostri sospettati)
da poema bianco (IriEd, Roma)
La Shoah della cultura italiana: un bue sulla lingua
a cura di Tina Nastasi e Antonio Sparzani
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[“Avrei molte altre cose da dirle, ma ci vorrebbero forse dei volumi e d’altra parte non saprei come esprimerle sentendo di avere un peso sulla testa o, come nella tragedia antica, un bue sulla lingua …” da una lettera di Hélène Metzger a George Sarton del 12 agosto 1942]
Oggi è la giornata della memoria di uno dei fatti più gravi cui gli europei hanno assistito nel Novecento, alcuni da atroci protagonisti attivi, altri da vittime, altri da spettatori più o meno impotenti: la persecuzione e lo sterminio di massa degli appartenenti al popolo ebraico (senza dimenticare che sorte simile ebbero altre non meno sfortunate categorie, comunisti, omosessuali, disabili, zingari, e via elencando). Data la mia (as) pluridecennale appartenenza al mondo universitario scientifico e la mia (tn) esperienza nel mondo della scuola, il modo, molto parziale ma non privo d’interesse, che vi proponiamo per mantenere la consapevolezza di quello che accadde e per ri-capirne le conseguenze nell’oggi, è ripercorrere brevemente le vicende italiane che riguardarono scuola e università e in particolare il mondo della matematica italiana – analogo discorso varrebbe del resto per la fisica (basti pensare a Enrico Fermi), la chimica, ecc. Vicende le cui conseguenze furono e anzi sono di lungo periodo, sia sotto il profilo della pesante perdita di formazione di alto livello (vedi gli interessanti e deprimenti documenti scaricabili qui) sia sotto quello della perdita di autonomia intellettuale da parte di chi è sottoposto all’Autorità.
Visto che non dobbiamo inventare nulla di nuovo, vi proponiamo qui alcune pagine [pp. 230-43] di un puntuale e documentato libro sull’argomento: Angelo Guerraggio e Pietro Nastasi, Matematica in camicia nera – Il regime e gli scienziati, Bruno Mondatori 2005. Ci siamo limitati a qualche minimo intervento, e abbiamo lasciato la numerazione delle note come nell’originale. Segnaliamo poi specialmente il volume menzionato nella nota [13]. Ringraziamo molto gli autori che hanno dato il loro consenso a questa messa in rete. tn e as
Le leggi antisemite del 1938
Gli ebrei italiani del Regno di Piemonte e Sardegna avevano conquistato i diritti civili e politici nel 1848.
Genesi di uno scrittore

di Emanuele Giordano
La genesi di un atto di espressione è un processo di estrazione, uno spremere fuori. Niente viene estratto se non da una materia originariamente grezza. L’uomo di norma dà figure nuove a cose che ha sottomano. Allora fare un’opera è il far breccia di uomo verso se stesso. E’ esatto ciò che ci dice il Sohar: il libro è infisso, in fondo a una caverna, in una fessura nella roccia. E ci si è infissi anche noi. Si entra ora nel purgatoriale mare di fuoco, fretum febris avanti l’alba, nel tempo onirico prima del carnevale. Non c’è possibilità senza almeno all’inizio uno sprofondamento. Nondimeno nella misura in cui si ha il coraggio pavido di proseguire, i movimenti di sprofondamento e sotterramento fanno posto a movimenti laterali di slittamento, perché uno scrittore lavora con le parole e fa di queste degli eventi che sono come cristalli, diventano e crescono soltanto per i bordi, sui bordi. La lingua, quella vera, divenuta vera e fatta vera, contrariamente alla musica, sta – e oscilla e trema contemporaneamente. Sta in bilico.
Nicola Ponzio alla galleria milanese di Ermanno Tedeschi
NICOLA PONZIO
A Milano dal 5 febbraio al 3 marzo 2008
Via Santa Marta 15 (entrata da Via San Maurilio)
Inaugurazione: martedì 5 febbraio 2008 dalle ore 18.30
Le opere di Nicola Ponzio presentate nella Galleria milanese di Ermanno Tedeschi sono oggetti geometricamente definiti, rigorosi, ottenuti operando per sottrazione.
Juke-box: Zum zum zum

E tutto era partito da qui effeffe
Zum zum zum
(A.Amurri – B.Canfora)
Sarà capitato anche a voi
di avere una musica in testa
sentire una specie di orchestra
suonare suonare suonare suonare
zum zum zum zum zum zum
zum zum zum.
La canzone che mi passa per la testa
non so bene cosa sia
dove e quando l’ho sentita
di sicuro so soltanto che fa
zum zum zum zum zum zum
zum zum zum zum zum zum
zum zum zum zum zum zum
zum zum zum.
Lampo di genio: Pasquale Panella
Ho mentito che t’amavo
Capiscimi
avrei voluto versarmi
sul tuo viso, sul tuo petto
come crema umana
invece la mia voce parlava
Avrei voluto tu fossi
fango, una melma
nella quale affondare
soffocando
Invece, restando in superficie,
ci dicevamo a parole l’amore
come due vacanzieri nuotando
(nell’acqua le bracciate
sono come all’asciutto
gli abbracci: ci fanno
galleggiare…Anche le gambe
tu a delfino io a rana,
e nella stessa acqua)
La vita degli altri
di Franz Krauspenhaar
Jose Ovejero è nato a Madrid e vive a Bruxelles. Uno scrittore ormai esperto (è nato nel 1958) che ha molto viaggiato, che ha preferito nutrirsi di culture diverse. Di professione giornalista e interprete, Ovejero ha vissuto a lungo in Germania, un paese che fa della tradizione il basamento indispensabile proprio di quei cambiamenti che sono diventati suo marchio di fabbrica onnicomprensivo. Mente aperta alle differenze, lo scrittore spagnolo ha viaggiato in tutto il mondo; quello del viaggio è carburante importantissimo per chi ha deciso di muovere i suoi passi nel mondo della letteratura narrando storie.
Paesaggio italiano
di Anna Setari
Come stracci, non come “coriandoli”,
stiamo già (basta leggere il giornale)
svolazzando, eminente cardinale,
noi di questo paese che soltanto
se umiliato e a pezzi, sfilacciato,
vi conforta al sorriso.
Chinatown, Londra: tra mito e realtà
(Questo articolo e il successivo che verrà pubblicato settimana prossima rientrano in un sottoinsieme del più ampio Dossier “Razzismi quotidiani”. Il sottoinsieme che chiamerò “Migrazioni possibili” raccoglie esperienze e ricerche in corso sul tema delle migrazioni. Vi troverete descritti i processi in atto sia dal lato dei partenti sia dal lato degli accoglienti inserendo il processo migratorio in un’analisi dei fenomeni sociali di contesto.
In particolare sarà dato spazio alle politiche di risposta alle migrazioni e alle analisi di supporto alle politiche di accoglienza. Vogliamo dar voce alle risposte strutturate alle migrazioni che vadano oltre le misure d’emergenza, focalizzare i grandi errori o la gestione dei conflitti degli interessi economico sociali che si creano tra migranti e comunità locali.
Quindi “Migrazioni possibili” presenta casi, notizie su come si muovono le istituzioni di fronte alla questione sociale, che ingloba la migrazione, ma non si esaurisce in questa. MLV)
Più che come una metropoli Londra si presenta come una cosmopolis. Luogo di transito o di permanenza per immigrati, rifugiati e richiedenti asilo, minoranze etniche, migranti temporanei tra cui studenti, turisti, giovani avventurieri, professionisti e lavoratori altamente qualificati, nuovi e vecchi ricchi che la eleggono a loro domicilio fiscale, Londra è una città visceralmente cosmopolita. Nemmeno la segregazione spaziale, l’esistenza di comunità perimetrate, o la presenza di conflitti, discriminazioni di genere e di etnia impediscono alla capitale inglese di essere una città dove il cosmopolitanismo ha assunto uno stato di relativa normalizzazione.
Chinatown è un elemento potente nella rappresentazione di Londra come città cosmopolita.
Il premio Baghetta
[ricevo e volentieri pubblico questa segnalazione. G.B.]
“Baghetta” o “bagolina” è il bastone da passeggio usato per sorreggersi. Questi bastoni erano fatti con il legno del “bagolaro” (come del resto manici delle fruste, ruote per i carri, dacch’è un buon legno da tornio). Il nome deriva dal latino “bacula” (= piccola bacca), che é il frutto nerastro dell’albero dal quale si ricava una tintura e delle quali le lucertole sono ghiotte.
Ma negli anni abbiamo sentito proprio di tutto, e sull’origine del nome “baghetta” sono nate tantissime leggende. Alcune interpretazioni piú o meno fantasiose sostengono che il nome derivi da “Baga” (ciancia, chiacchiera), “bagolo” (licenza, spasso, svago), “bagolar” (spassarsela, godere, oziare, frullare).
L’umano e l’animale in “Il pianeta irritabile” di Paolo Volponi
Comincerò il mio intervento con una citazione di un brano di Italo Calvino. Quanto dice Calvino, non riguarda direttamente Volponi, ma sintetizza una condizione generale, in cui sono venuti a trovarsi certi scrittori e intellettuali italiani all’altezza degli anni Settanta. Scrive Calvino:
Gli anni Settanta ci hanno abituato a una visione della società come fallimento d’ogni progetto politico, caduta di ogni maschera di rispettabilità, improvvisazione economica, sgretolamento sociale, violenza sub-ideologizzata, riserve di vitalità elementare e spinte suicide. A questa assuefazione all’ambiente, la risposta d’una letteratura che non sia mimetica, a rimorchio dell’esistere, non si vede ancora quale potrà essere. Tutto avviene per i giornali e sui giornali: nasce in Italia un nuovo giornalismo degli scrittori e anche il nostro Autore vi partecipa (negli anni tra il 1975 e il 1978 anche in prima pagina, sul “Corriere della Sera”) senza alcuna soddisfazione particolare, perché il linguaggio della volontà di morte invade tutto e assorbe anche il linguaggio di ciò che resta della volontà di ragione, ormai costretto a ripetere le recriminazioni e le prediche di ogni fattaccio. (…) Vedere la società umana in una prospettiva antropologica che situa la cronaca che ci tocca vivere in scala con le grandi fasi plurimillenarie del passato e del futuro; vedere la letteratura nei suoi nessi con le funzioni elementari della strumentazione simbolica delle culture umane, questo è il quadro in cui sono si sono andate situando negli anni Settanta le riflessioni dell’autore.(1)
I cattivi maestri: Toni Negri per Luciano Ferrari Bravo

Apologia del cattivo maestro
di
Toni Negri
1. Chi è un cattivo maestro? Riusciremo mai a dare una definizione, meglio, a risolvere il conflitto che costituisce il concetto stesso di «cattivo» «maestro»? Mi pongo questi problemi dal punto di vista della filosofia, che non è quello del diritto. Il conflitto tra la facoltà filosofica e quella giuridica può essere infatti estremo. Lo chiarisce bene Friedrich Nietzsche (Frammenti 1886-1887, in Colli-Montinari, Genealogia della morale, ed. it., p. 202):
«La questione se l’umanità abbia una tendenza al bene è preparata dalla questione se esiste un avvenimento che non si possa spiegare in nessun altro modo che con quella disposizione morale. Tale è la Rivoluzione».
Kant: «Un simile fenomeno della storia umana non si dimentica più, perché ha rivelato l’esistenza nella natura umana di una disposizione e di una facoltà verso il bene, quale nessun politico aveva finora escogitato in base al corso delle cose» (Conflitto della facoltà filosofica con quella giuridica, Sez. II, parr. 5/7)».
L’esempio è chiaro: il filosofo è per la rivoluzione, il giurista lo condanna, il filosofo ritrova il bene nella storia, il giurista definisce cattivo il filosofo.
Il Giardiniere

…La Mercedes SRL Unlimited possiede tutto il fascino della velocità, delle linee dinamiche e della perfezione sia tecnica che estetica. Figlia della leggendaria “Ala di Gabbiano” sintetizza in modo splendido il carattere di una supersportiva con tutto il comfort di una Gran Turismo…
Il dottor Gastone Perlini, direttore commerciale della filiale italiana della United States Corporation, filava sulla A1 come se fosse stata sua. Sotto il suo culo iniziava quello della Mercedes SRL Unlimited. Un’auto per pochi. Un gioiello assoluto. Gastone Perlini si era laureato alla Bocconi, come da copione.
Anteprima Sud n°10: la Cosa
E’ uscito il numero 10 di Sud. E’ possibile consultare l’archivio qui.
effeffe
LA FIGA
Petr Král
traduzione di Massimo Rizzante
a John et Jitka Bok
Malgrado la sua volgarità apparente, non esiste un’espressione mi-
gliore; contrariamente a “sesso”, troppo clinico, o a “pelliccia”, trop-
po lusinghiero, “figa” indica con fermezza intrigante la cosa in sé –
compreso il suo osso nascosto, entrando allo stesso tempo in comu-
nione con la sua sostanza: l’inattesa tensione che introduce nel mon-
do.
CLITORIDE
Fernando Arrabal
traduzione di Massimo Rizzante
Finestra del mare per la tempesta e le sue onde.
Sole di mandorla per il dardo e le sue trombe.
Luna crepuscolare per l’oscenità e le sue voglie.
Carne indecente per il desiderio e i suoi turbamenti.
Concubina pubica per il maschio e le sue sofferenze.
Paesaggi di un’anima
di Franz Krauspenhaar
Quando un libro è importante? Soprattutto, direi, quando è necessario. E Frau, di Francesca Tini Brunozzi, Torino Poesia, pagg.107 euro 10, è un libro necessario. In un mercato editoriale “facile”, ovvero ricettivo a qualunque idea di qualunque teddy boy dalla penna dribblomane, è bene sostenere libri – in prosa e poesia, poco importa – davvero sentiti, molto ruminati, molto covati, molto scritti, in definitiva.

Neruda

