Poco dopo la pubblicazione del libro I complici – Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento (Fazi editore), un reportage scritto con Peter Gomez su Provenzano, la nuova mafia e i suoi rapporti con la politica, Lirio Abbate, cronista dell’Ansa di Palermo, ha iniziato a subire intimidazioni dalla mafia. Il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza ha allora deciso a maggio di assegnare una scorta al cronista. Dopo altre minacce, Abbate si è trasferito a Roma, dove ha continuato a lavorare dalla sede centrale dell’Ansa, ma meno di due settimane fa ha deciso di fare ritorno a Palermo.
Il festival di una cosa chiamata letteratura
di Christian Raimo
E così in Italia, mentre città come Roma, Firenze, Bologna – sotto la spinta “democratica” dei loro sindaci – si vorrebbero ritrasformare, ogni giorno di più, in piccoli borghi della provincia più profonda, governate da spinte localiste e logiche condominiali, nella provincialissima Mantova per fortuna questo Festival della Letteratura riesce ancora a far respirare un’aria d’internazionalità. A partire da David Grossman, da Orham Pamuk, da Wole Soyinka, che in conferenza stampa parla di uno dei buchi neri delle guerre del mondo, quella del Delta del Niger (praticamente ignorata dalla politica e dai giornali italiani forse perché lì i cattivi non sono solo Bush e le sue multinazionali, ma anche le nostre Eni e Agip?) per finire con i vari elemosinanti rumeni, senegalesi, sudamericani ma anche italiani, richiamati qui dalla possibilità di fare qualche soldo in più in questa cinque giorni di assembramento cittadino. Come mai a Mantova nessun sindaco li scaccia?
Di un tre capovolto
di Alessia Polli
I
Avevo ancora tra le mani la guarnizione di gomma dello sportello della tua macchina, quando mi hai chiesto: “Perché non lo facciamo?”. Ho spalancato gli occhi, più forte che potevo. Deve uscirmi una lacrima, quand’è così. E’ l’unico modo che ho per superare le perplessità. Ti ho guardato senza metterti veramente a fuoco. Allora mi sono piegata e ho forzato il guscio slabbrato e deforme uscito dal binario d’acciaio di quell’intelaiatura massiccia dentro le sue guide. Ho deciso così, su due piedi, spingendo la copertura unta e appiccicosa sui ganci metallici. Se vuoi che qualcosa torni al suo posto devi premere, fare resistenza, mi sono detta. Ho fissato per un po’ le piccole dita che seguivano nervose l’itinerario di ferro da foderare. Mi sono sembrate irritanti. Non mi piacciono, quando reagiscono così. Mi fanno pensare a mia madre e alle sue depressioni fulminanti, che ogni volta che arrivano si sentono, nonostante lei cerchi di metterle a tacere dentro qualche pentola ossidata, una calcificazione da sconfiggere, la superficie del frigorifero da far risplendere.
Vite di scarto
di Marco Revelli
Così la «casta», alla fine, un foro per uscire, a modo suo, dall’angolo in cui era stata cacciata, se l’è immaginato. All’indignazione crescente per i privilegi di cui godono gli abitanti dei piani alti del Palazzo, al fastidio per una politica separata ed estranea alla propria gente, si pensa di rispondere con un bel giro di vite contro i «miserabili» che stanno in basso. Tanto in basso da essere «fuori» (senza rappresentanza, senza parola, senza diritti).
L’amore non esiste esiste il tempo
di Alessandro Seri
MASSIMILIANO PRIMO D’EUROPA
L’antichità gotica dei sentimenti
ha attraversato l’Europa
su un’audi marrone
mentre la Gioiosa di Carlo Magno
unificava le scritture
ed io allaccio rette trasparenti
di donne e anni leggeri
alla vigilia di una cerimonia
si formano ogive di chianti
e madonne acefale nella mia testa
persino il seno dell’architettura
mi allatta gli occhi
oggi il centro del mondo
è un atomo, una piazza atomica
anatomica fiera di scale e porticati
santissima annunziata
la stazione di Bologna
A Karen
di Franz Krauspenhaar
Mia cara,
fino a pochi giorni fa non sapevo nemmeno chi tu fossi. In un pomeriggio di agosto, nel marasma di una vita sempre indietro e in ritardo, nella ricerca di qualcosa che allontanasse per un poco la grigia noia, ho visto un film porno, Fuga dall’Albania, nel quale apparivi proprio tu.
Pop Art
di Davide Vargas
La cosa mi appare all’improvviso.
Ho lasciato un lembo di campagna dove il verde oscilla tra pienezze carnose umide di colore denso e vivo, e le opacità metalliche delle foglie rivoltate come fodere. Generoso ventre in grado di contenere i papaveri rossi disseminati come schizzi di fuoco e i ciuffi gialli delle ginestre raggruppati e fitti come chiome di alberi.
I premi letterari
di Christian Raimo
Perché nessuno crede ai premi letterari? Perché nessuno riconosce ai vincitori quell’autorevolezza, quella qualità, quella primarietà che dovrebbe essere la ragione del premio? In mano alle cordate degli amici, decisi a tavolino dalle case editrici, vittime di poco scaltre manovre lobbystiche, di strategie promozionali di qualche assessorato, è impensabile, diciamo rarissimo, oggi in Italia che un premio letterario abbia quel valore di “classicizzare” un libro che può avere che so io, un National Book Award. Quest’anno l’impressione si è trasformata forse in una constatazione.
C’è fannullone e fannullone
di Lanfranco Caminiti
Incontro, a luglio, Raffaella in un ascensore della Regione Lazio. Siamo stipati, la ventola interna di aerazione non funziona, si suda. Lei viene su dal bar, ha dell’acqua e un vassoio con dei caffè, sta andando a non so quale piano per non so quale incarico – magari sta solo portando un ristoro ai colleghi: ho sempre avuto difficoltà a capire esattamente i suoi compiti, ma d’altronde questo vale per buona parte dei «regionali» che conosco. Non la vedevo da tempo – Raffaella scompare letteralmente dal lavoro per lunghi periodi. E’ abbronzantissima, i denti le splendono in bocca, freschissima e fichissima con il suo fisichino ancora asciutto a dispetto degli anta e di due figli.
Sette note atroci a ritroso, dicono possa abrogare certe apocalissi, e si portò avanti la Colonia, la Colonia instabile.
di Greta Rosso
1
– E quali linee percorrere sempre, per non finire basse, deformi, infine schiantate?
– Mi muovo talvolta sotto nomi diversi, nomi che hanno i bambini che nessuno picchia mai. Ogni giorno mi guarderanno negli occhi senza sapere che quando a casa qualcosa va storto digrigno i denti schiumo e bestemmio.
Juke-Box via Montenapoleone / La canzone popolare
Parole & Musica di Ivano Fossati
Alzati che si sta alzando la canzone popolare
Se c’è qualcosa da dire ancora, se c’è qualcosa da fare
Alzati che si sta alzando la canzone popolare
Se c’è qualcosa da dire ancora ce lo dirà
Se c’è qualcosa da imparare ancora ce lo dirà.
Poveri sì ma bischeri mai
Massimiliano Governi intervista Simona Baldanzi
Simona Baldanzi ci racconta la disumana e alienante esperienza del Premio Viareggio.
Massimiliano Governi: Sei appena tornata dal Premio Viareggio. Per fortuna in conferenza stampa sei riuscita a parlare e a dire a tutti quello che pensavi. In un SMS che mi hai mandato c’era scritto: “Poveri sì ma bischeri mai”. Ci racconti cosa è successo?
La commovente lettera del marchese de Sade alla venditrice di pistole
di Alessandro Ansuini
Carissima, avrei bisogno di pistole in numero di tre, pagamento alla consegna con l’aggiunta della serie di maschere asiatiche che le avevo promesso e non portato l’ultima volta, mi permetta di offenderla con questo dono che non compensa minimamente il servigio che lei offre a noi tutti, anche adesso, che la immagino sdraiata a testa in giù sul letto come un pipistrello; avrei bisogno di pistole in numero tre, una, per ogni indugiante e caramellosa bimbetta che avrò la cura di allestire con così tanta parsimonia dentro di me, la pistola in questo caso offrirà un servigio diverso da quelli che lei di solito coopta per i suoi avventori, immagino ometti calvi e tipi ossuti dallo sgargiante abbigliamento che tossiscono dentro a fazzoletti con le loro iniziali ricamate a mano, bisognosi di metter fine a qualche tediosa situazione riguardante miseri scopi quali mancanza di denaro, eccesso di denaro, ne conviene, oppure l’onore e altre minuscole faccende riguardanti l’amore, la passione, l’invidia, lei mi comprende immagino, se la mia memoria non m’inganna lei da tempo è conscia che uno più uno da sempre uno, non è così?
Bacheca di settembre 2007
La bacheca compie due anni. L’idea di uno spazio fatto apposta per le segnalazioni è stata dei lettori di Nazione Indiana, credo di Georgiamada in particolare. Nel tempo si è rivelata una buona cosa, alleggerendo lo spazio dei commenti negli altri articoli e offrendo una valvola di sfogo (non sempre praticata, ma ci accontentiamo). — Jan
Usa questo spazio per segnalazioni e comunicazioni di interesse generale.
Già che ci sei, se non lo hai ancora fatto puoi iscriverti ai feed di Nazione Indiana e leggerci più comodamente.
qui se hai già un account Google, ad esempio Gmail;
qui se usi Bloglines;
qui per Netvibes;
qui per Yahoo.
Il piccolo grande uomo
di Gianni Biondillo
Scrivo di getto, una semplice testimonianza d’affetto. Ho appena saputo che è morto Raffaele Crovi, dopo una malattia crudele che, in ogni caso, non riusciva a piegare il suo animo volitivo. Scrittore, poeta, saggista, giornalista, polemista (accidenti che polemista! Mi resta nel cuore come un regalo una litigata furibonda che feci con lui in una manifestazione a San Pellegrino Terme). Collaboratore di Vittorini, scopritore di talenti – da Doninelli a Nigro a Sclavi e tanti altri – lettore curioso, editore, uomo di cultura a tutto tondo, autore autenticamente novecentesco. Ma per me, soprattutto, uomo di una simpatia debordante.
E’ stato il “piccolo grande uomo” della letteratura italiana. Che i pascoli del cielo accolgano il suo meritato riposo.
Da parte mia un abbraccio fraterno a Luca, il figlio, e a tutti i suoi cari.
Il lavavetri
di Alessandra Galetta
Ero contento quella mattina che mi diede il biglietto.
Ora sono di cattivo umore invece.
Avevo le scarpe sporche di fango che non ero riuscito a pulire con uno straccio bagnato, così ho cercato di grattarlo via con un coltello, ma sulla punta di una si è aperto un buco grande quanto una moneta.
Sono le scarpe da corsa che mi regalò mia madre prima che me ne andassi da Algeri.
Le pulci
di Christian Raimo
Arrivarono le pulci.
Suo padre non guardava, non guardava nessuno, lungo la strada, di fronte ai questuanti, ai semafori; e nonostante il caldo chiudeva i finestrini della macchina, fino al punto in cui, sforzando la manovella, il vetro sembrava sotto pressione, un altro scatto e sarebbe finito, meravigliosamente, in frantumi.
Un gerundio di venia # 2
di Marina Pizzi
33.
dove è calesse il nido del cervello
quando se lieta la manciata di sabbia
torni al vagito di tutto innamorare:
quasi marsupio il sibilo del nodo
mai più di pianto lo scoscendere
Sette inediti
di Giovanni Nuscis
Una muta di occhi
ti segue
nella notte vascolare
nell’intrico di rivoli
e fiumane di rubini
bilie d’ossigeno in corsa
dentro confini di carne.
Colpi di tosse
brevi
e vai avanti.
Attendi per fermarti il fiato caldo
sulla nuca
l’ala sulla scapola.
La mano nel buio
nell’altra
invisibile di brina
e ben venuto sei
nell’ascendenza infinita.
Inedite poesie: Annalisa Teodorani
Al spousi zòvni
Al spousi zòvni l’è pavaiòti
Ch’a l perd l’arzént pr’una fulèda ad vént
Gòzli d’aqua
Ch’ a l roiga un voidar
La matòina prèst.
Le giovani spose
Le giovani spose sono falene/ che perdono l’argento per una folata di vento/ gocce d’acqua/ che rigano un vetro/ al mattino presto








