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Vite di scarto

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di Marco Revelli

Così la «casta», alla fine, un foro per uscire, a modo suo, dall’angolo in cui era stata cacciata, se l’è immaginato. All’indignazione crescente per i privilegi di cui godono gli abitanti dei piani alti del Palazzo, al fastidio per una politica separata ed estranea alla propria gente, si pensa di rispondere con un bel giro di vite contro i «miserabili» che stanno in basso. Tanto in basso da essere «fuori» (senza rappresentanza, senza parola, senza diritti).

L’amore non esiste esiste il tempo

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di Alessandro Seri 

MASSIMILIANO PRIMO D’EUROPA
L’antichità gotica dei sentimenti
ha attraversato l’Europa
su un’audi marrone
mentre la Gioiosa di Carlo Magno
unificava le scritture
ed io allaccio rette trasparenti
di donne e anni leggeri
alla vigilia di una cerimonia
si formano ogive di chianti
e madonne acefale nella mia testa
persino il seno dell’architettura
mi allatta gli occhi
oggi il centro del mondo
è un atomo, una piazza atomica
anatomica fiera di scale e porticati
santissima annunziata
la stazione di Bologna

A Karen

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di Franz Krauspenhaar

Mia cara,
fino a pochi giorni fa non sapevo nemmeno chi tu fossi. In un pomeriggio di agosto, nel marasma di una vita sempre indietro e in ritardo, nella ricerca di qualcosa che allontanasse per un poco la grigia noia, ho visto un film porno, Fuga dall’Albania, nel quale apparivi proprio tu.

Pop Art

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bocca_nbsp_copia.jpgdi Davide Vargas

La cosa mi appare all’improvviso.
Ho lasciato un lembo di campagna dove il verde oscilla tra pienezze carnose umide di colore denso e vivo, e le opacità metalliche delle foglie rivoltate come fodere. Generoso ventre in grado di contenere i papaveri rossi disseminati come schizzi di fuoco e i ciuffi gialli delle ginestre raggruppati e fitti come chiome di alberi.

I premi letterari

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di Christian Raimo

Perché nessuno crede ai premi letterari? Perché nessuno riconosce ai vincitori quell’autorevolezza, quella qualità, quella primarietà che dovrebbe essere la ragione del premio? In mano alle cordate degli amici, decisi a tavolino dalle case editrici, vittime di poco scaltre manovre lobbystiche, di strategie promozionali di qualche assessorato, è impensabile, diciamo rarissimo, oggi in Italia che un premio letterario abbia quel valore di “classicizzare” un libro che può avere che so io, un National Book Award. Quest’anno l’impressione si è trasformata forse in una constatazione.

C’è fannullone e fannullone

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di Lanfranco Caminiti

Incontro, a luglio, Raffaella in un ascensore della Regione Lazio. Siamo stipati, la ventola interna di aerazione non funziona, si suda. Lei viene su dal bar, ha dell’acqua e un vassoio con dei caffè, sta andando a non so quale piano per non so quale incarico – magari sta solo portando un ristoro ai colleghi: ho sempre avuto difficoltà a capire esattamente i suoi compiti, ma d’altronde questo vale per buona parte dei «regionali» che conosco. Non la vedevo da tempo – Raffaella scompare letteralmente dal lavoro per lunghi periodi. E’ abbronzantissima, i denti le splendono in bocca, freschissima e fichissima con il suo fisichino ancora asciutto a dispetto degli anta e di due figli.

Sette note atroci a ritroso, dicono possa abrogare certe apocalissi, e si portò avanti la Colonia, la Colonia instabile.

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di Greta Rosso

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– E quali linee percorrere sempre, per non finire basse, deformi, infine schiantate?
– Mi muovo talvolta sotto nomi diversi, nomi che hanno i bambini che nessuno picchia mai. Ogni giorno mi guarderanno negli occhi senza sapere che quando a casa qualcosa va storto digrigno i denti schiumo e bestemmio.

Juke-Box via Montenapoleone / La canzone popolare

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Parole & Musica di Ivano Fossati

Alzati che si sta alzando la canzone popolare
Se c’è qualcosa da dire ancora, se c’è qualcosa da fare
Alzati che si sta alzando la canzone popolare
Se c’è qualcosa da dire ancora ce lo dirà
Se c’è qualcosa da imparare ancora ce lo dirà.

Poveri sì ma bischeri mai

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Massimiliano Governi intervista Simona Baldanzi 

Simona Baldanzi ci racconta la disumana e alienante esperienza del Premio Viareggio.

Massimiliano Governi: Sei appena tornata dal Premio Viareggio. Per fortuna in conferenza stampa sei riuscita a parlare e a dire a tutti quello che pensavi. In un SMS che mi hai mandato c’era scritto: “Poveri sì ma bischeri mai”. Ci racconti cosa è successo?

La commovente lettera del marchese de Sade alla venditrice di pistole

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di Alessandro Ansuini 

Carissima, avrei bisogno di pistole in numero di tre, pagamento alla consegna con l’aggiunta della serie di maschere asiatiche che le avevo promesso e non portato l’ultima volta, mi permetta di offenderla con questo dono che non compensa minimamente il servigio che lei offre a noi tutti, anche adesso, che la immagino sdraiata a testa in giù sul letto come un pipistrello; avrei bisogno di pistole in numero tre, una, per ogni indugiante e caramellosa bimbetta che avrò la cura di allestire con così tanta parsimonia dentro di me, la pistola in questo caso offrirà un servigio diverso da quelli che lei di solito coopta per i suoi avventori, immagino ometti calvi e tipi ossuti dallo sgargiante abbigliamento che tossiscono dentro a fazzoletti con le loro iniziali ricamate a mano, bisognosi di metter fine a qualche tediosa situazione riguardante miseri scopi quali mancanza di denaro, eccesso di denaro, ne conviene, oppure l’onore e altre minuscole faccende riguardanti l’amore, la passione, l’invidia, lei mi comprende immagino, se la mia memoria non m’inganna lei da tempo è conscia che uno più uno da sempre uno, non è così?

Bacheca di settembre 2007

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La bacheca compie due anni. L’idea di uno spazio fatto apposta per le segnalazioni è stata dei lettori di Nazione Indiana, credo di Georgiamada in particolare. Nel tempo si è rivelata una buona cosa, alleggerendo lo spazio dei commenti negli altri articoli e offrendo una valvola di sfogo (non sempre praticata, ma ci accontentiamo). — Jan

Usa questo spazio per segnalazioni e comunicazioni di interesse generale.

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Il piccolo grande uomo

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crovi-140×170.jpg di Gianni Biondillo

Scrivo di getto, una semplice testimonianza d’affetto. Ho appena saputo che è morto Raffaele Crovi, dopo una malattia crudele che, in ogni caso, non riusciva a piegare il suo animo volitivo. Scrittore, poeta, saggista, giornalista, polemista (accidenti che polemista! Mi resta nel cuore come un regalo una litigata furibonda che feci con lui in una manifestazione a San Pellegrino Terme). Collaboratore di Vittorini, scopritore di talenti – da Doninelli a Nigro a Sclavi e tanti altri – lettore curioso, editore, uomo di cultura a tutto tondo, autore autenticamente novecentesco. Ma per me, soprattutto, uomo di una simpatia debordante.
E’ stato il “piccolo grande uomo” della letteratura italiana. Che i pascoli del cielo accolgano il suo meritato riposo.
Da parte mia un abbraccio fraterno a Luca, il figlio, e a tutti i suoi cari.

Il lavavetri

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lavavetri

di Alessandra Galetta

Ero contento quella mattina che mi diede il biglietto.
Ora sono di cattivo umore invece.
Avevo le scarpe sporche di fango che non ero  riuscito a pulire con uno straccio bagnato, così ho cercato di grattarlo via con un coltello, ma sulla punta di una si è aperto un buco grande quanto una moneta.
Sono le scarpe da corsa che mi regalò mia madre prima che me ne andassi da Algeri.

Le pulci

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di Christian Raimo

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Arrivarono le pulci.
Suo padre non guardava, non guardava nessuno, lungo la strada, di fronte ai questuanti, ai semafori; e nonostante il caldo chiudeva i finestrini della macchina, fino al punto in cui, sforzando la manovella, il vetro sembrava sotto pressione, un altro scatto e sarebbe finito, meravigliosamente, in frantumi.

Né con le P.R. né con lo stato (delle cose)

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Essi Scrivono:

Ami divertirti, la movida, i locali trendy, ballare
e stare con quelli che contano?
Sei brillante e intraprendente?
Sei un comunicatore nato?
Hai un indirizzario da sballo?
Ti senti un vero P.R.?
Chiamaci!

Un gerundio di venia # 2

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di Marina Pizzi 

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dove è calesse il nido del cervello

quando se lieta la manciata di sabbia

torni al vagito di tutto innamorare:

quasi marsupio il sibilo del nodo

mai più di pianto lo scoscendere

Sette inediti

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di Giovanni Nuscis

Una muta di occhi
ti segue
nella notte vascolare
nell’intrico di rivoli
e fiumane di rubini
bilie d’ossigeno in corsa
dentro confini di carne.
 
Colpi di tosse
brevi
e vai avanti.
Attendi per fermarti il fiato caldo
sulla nuca
l’ala sulla scapola.

La mano nel buio
nell’altra
invisibile di brina
e ben venuto sei
nell’ascendenza infinita.

Inedite poesie: Annalisa Teodorani

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scultura di Gary Guydosh

Al spousi zòvni

Al spousi zòvni l’è pavaiòti
Ch’a l perd l’arzént pr’una fulèda ad vént
Gòzli d’aqua
Ch’ a l roiga un voidar
La matòina prèst.

Le giovani spose

Le giovani spose sono falene/ che perdono l’argento per una folata di vento/ gocce d’acqua/ che rigano un vetro/ al mattino presto

PSYCHO di Gus Van Sant – Serendipità filmica

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di Simone Ciaruffoli

Prefazione imperfetta

Bisognerebbe che gli industriosi della perfezione estetica facessero ammenda e la smettessero di rifilare ai film l’aggettivo “perfetto”. Ma se si pensa per esempio che la critica statunitense ha incensato Sideways di Alexander Payne ritenendolo “L’unico film perfetto dell’anno”, non sembra proprio che questa devozione alla sindrome d’onnipotenza possa svanire con facilità. Occorrerebbe affrancarsi da una certa concezione romantica dell’opera, farsi detentori di un credo e un approccio ateo all’Arte, e cercare il proprio padre-dio putativo altrove, magari nella preghiera. Il film, come tutte le pratiche artistiche, è filosoficamente imperfetto, o se si vuole, in una frase che smentisce ma suffraga allo stesso tempo questa astrazione, il film non può essere che in un modo, come è stato concepito, perfetto in tutte le sue storture, imprecisioni o compiutezze.

Storia poliziesca

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kertesz1.jpg di Gianni Biondillo

Imre Kertész, Storia poliziesca, traduzione di Mariarosaria Sciglitano, Feltrinelli, pag. 79

È un piccolo gioiello questo di Imre Kertész; una Storia poliziesca dal sapore cupo, kafkiano. È la lunga confessione fatta da Antonio Rojas Martens, ora che un cambio di regime (l’ennesimo?) lo ha reso da carceriere a carcerato.

Appunti giapponesi # 2

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di Sergio La Chiusa

Sul finestrino sinistro del treno si srotola rapidissimo un paesaggio orripilante, smisurati stabilimenti industriali, serbatoi stragonfi, ciminiere fumanti, tralicci d’acciaio, e poi una distesa ininterrotta e disordinata di casermoni di cemento armato bucherellati come moderni termitai, casupole di legno scuro circondate da giardinetti e tutte irte d’antenne, palificazioni che sostengono pesantissimi grovigli di fili della luce e del telefono, groppi di tagliolini elettrici con gli scatoloni dei trasformatori e, come nuovi aggressivi intrusi, grattacieli di vetro supermoderni, marziali, indipendenti feudi del capitale che si lanciano sfide a distanza. Sono le città del litorale pacifico che, sterminate e disorganiche, si succedono senza apparente confine in una striscia di terra iperedificata e iperpopolata oltre la quale non si riesce nemmeno a indovinare la presenza dell’oceano pacifico. Ci si domanda come possa, sull’altro finestrino, elevarsi con tanta celestiale purezza il perfetto cono vulcanico del Fuji.