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Inerzia #2

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Seconda dose del dialogo sull’inerzia. Il tema si fa più spesso. Il caldo avanza. L’inerzia sale

Maria Luisa: Quanti stimoli, caro Antonio. Innanzitutto il professore era simpatico, anche se molto sicuro di sé. Dopo anni direi troppo sicuro. E io non lo ero affatto. Prima asimmetria riscontrata nel processo. L’inerzia del ricordo è andata avanti nonostante forme, generi e ruoli opposti. Forse eravamo l’incarnazione di due carrelli di forme diverse, con moti sicuramente non simmetrici e anche qualche attrito differente. E qui si innescano i termini di tempo, di inerzia e di simmetria temporale. Ecco in questo secondo incontro virtuale mi affascina ripartire dai concetti di simmetria e di inerzia temporale. Se lascio scorrere il termine simmetria nella mente, immediatamente sento sorgere una sensazione di armonia, di ordine definito, quasi di perfezione. Rompo però gli schemi dell’esperimento da cui sono partita e mi calo in una situazione in cui entra un elemento di disordine, di non perfetta simmetria. In tempi diversi, e quindi in una situazione asimmetrica l’inerzia come funziona? Nei loro commenti sia Jan che Vittore hanno accennato all’asimmetria. Si comprende che cosa avviene nell’attimo dello scontro dei carrelli, ma nell’attimo successivo e in quello dopo ancora? E se i due carrelli non avessero la stessa forma, oppure se partissero da punti differenti, o se avessero velocità differenti?

Antonello: Cara Maria Luisa, quanto a stimoli, mi pare che anche tu non scherzi. Compito del bravo fisico, si sa, è quello di districare pazientemente i fili delle argomentazioni, distinguere problema da problema e cercare di capire da principio le cose semplici e di arrampicarsi poi verso le più complesse. Questa era almeno l’idea che viene solitamente attribuita a Galileo, il celebre metodo galileiano, semplificare, isolare i fenomeni, studiarli così isolati e poi, in qualche modo, “metterli assieme”.

VIET NOW – I nipoti inquinati #1

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di Gianluigi Ricuperati

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Sono le dieci di un mattino, e ho appena chiesto a un autentico Viet Cong se ha mai visto Apocalypse Now. Gli ho appena chiesto di concentrarsi sul rancore. Ho appena cercato di fargli cambiare discorso – ma a lui interessa solo raccontare minuto per minuto un certo attacco, una certa notte in cui deve aver ammazzato qualche decina di soldati americani. Lui ha più di settant’anni. Imparo che Viet Cong è una parola americana. Fuma sigarette chiamate Hero. L’acqua che mi offre è batterica.

Un giornalista giusto

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logotipo Razzismi Quotidiani
David Frum, l’americano che non fa sconti

quarta puntata de “Il giornalismo italiano e l’Islam”
un’inchiesta di Roberto Santoro
[leggi la prima, la seconda e la terza puntata]

Noi sappiamo che Dio non è neutrale in questa lotta.
George W. Bush

The Right Man, l’editoriale che David Frum firma ogni settimana sul “Foglio” di Giuliano Ferrara, si ispira a un saggio che l’autore americano intitolato The Right Man: The Surprise Presidency of George W. Bush.
Il sorprendente Bush non è solo l’uomo giusto al momento giusto, il presidente che ha deciso riformare il medio oriente per vincere la Quarta Guerra mondiale. La parola right si riferisce anche alla destra che governa gli Stati Uniti con un reazionario software di capitalismo cristiano.
Frum è il corrispondente di questa Right Nation, la nazione americana che si sente giusta perché è di destra.

Cesare Cuscianna / Con dedica

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a Gianni Biondillo
effeffe

L’UOMO DAI BAFFI BIANCHI
di

Cesare Cuscianna

Il ferro del cavallo è il più bello, tondo, largo, un vero scacciamalocchio. Più piccolo e stretto quello per l’asino. Quello del bue è curioso, una lamina di ferro da chiodare su un lato solo. Crearli è un’arte perduta.
L’uomo dai baffi bianchi era mio dirimpettaio. Per andare in bottega bastava attraversare la strada, e così mia madre non aveva paura a mandarmi. La guerra era finita da qualche anno, di lì a poco i maniscalchi sarebbero divenuta merce rara ma nei paesi il lavoro non mancava. Sembrava che quel mestiere antico il tempo non potesse prenderselo, restava fatto di ingegno, muscoli e sudore.

Per la Costituzione. E contro la riforma.

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ag14.jpgdi Giampiero Marano

Dopo un anno e mezzo di lavori che coinvolsero le principali “anime” della società italiana (liberale, cattolica, socialista), la Costituzione del 1948 fu approvata dal 90% degli oltre cinquecento componenti dell’Assemblea. Con enfasi veniale le cronache relative alla prima seduta dell’Assemblea Costituente parlano di «un’affluenza di pubblico quale si è raramente verificata anche nelle più solenni occasioni» e descrivono un’aula gremita di deputati con pochissimi seggi vuoti.

Italia-USA, 1-1

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di Roberto Santoro

“Heidegger fu acerrimo nemico di quello che chiamava ‘amerikanismus’, e che, a suo avviso, indeboliva l’anima europea. ”
(Buruma & Margalit)

“Hanno voluto la guerra e la guerra hanno avuto.”
(Giampiero Galeazzi)

La partita tra Italia e Stati Uniti ha fatto emergere il diffuso pregiudizio antiamericano, quella malcelata repulsione, che gli italiani nutrono verso gli yankee. A destra e a sinistra.

Leggendo i quotidiani del prepartita (Corriere dello Sport, Gazzetta dello Sport, la Repubblica, il Giornale, il Manifesto) e ascoltando i telegiornali (per esempio quello di Italia 1), e le trasmissioni delle redazioni sportive (dalla Rai a Mediaset), emerge un’immagine “disumana” della squadra guidata da Bruce Arena.***

Il fante atlantico

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Gian Micalessin embedded a Falluja

terza puntata de “Il giornalismo italiano e l’Islam”
un’inchiesta di Roberto Santoro
[leggi la prima e la seconda puntata]

“E ora che ci faccio io tutto solo?”
“Lascia che ci pensi io, piccolo Berretto Verde”.
Berretti Verdi

logotipo Razzismi QuotidianiUn reporter di razza non sopporta l’odore di mocassini delle redazioni, preferisce scorrazzare in medio oriente in cerca d’avventura.
Mai una volta che sia rimasto in hotel, sempre fuori, a caccia di notizie, nella convinzione che basta un passo fuori dalla stanza per scoprire qualche eccitante novità.
Nel 1983, ventenne, Gian Micalessin era in Afghanistan con l’amico Fausto Biloslavo. I due hanno un remoto passato di militanza nella destra triestina e Biloslavo – ex Fronte della Gioventù – durante i suoi vagabondaggi è stato imprigionato e torturato dai sovietici, passando dai campi di addestramento dei falangisti ai tempi della guerra in Libano.
La coppia di giornalisti ha fondato la Albatross Press Agency, un’agenzia di stampa estera che con i suoi reportage di guerra si è guadagnata prestigiose collaborazioni con CBS, NBC, “Liberation”, “Der Spiegel”, “la Repubblica” e il “Corriere della Sera”.
Oggi Micalessin scrive per “il Giornale”. Le sue crude corrispondenze dal fronte iracheno raccontano il dopoguerra dal punto di vista del giornalista embedded, che si muove al seguito delle truppe americane.

Germania-Polonia, 1-0

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logotipo Razzismi Quotidianidi Helena Janeczek

“Jeszcze Polska”, dico quando alza la cornetta. Sono le prime parole dell’inno nazionale: “La Polonia non è ancora sconfitta, finché noi viviamo”. Mia madre ride, poi mi aggiorna sul fatto che i polacchi secondo lei stanno giocando bene. Sono le dieci e qualcosa, dodici minuti del secondo tempo di Germania-Polonia, zero a zero. Parliamo con l’ansia di perdere di vista i nostri televisori, col tipico pensiero magico che se smetti di fissare la porta, l’avversario piazzerà il gol temuto.
“Ah, se lo sapessero i miei jiddn”, sospira mia madre, prevedibile e civetta, “che faccio il tifo per questi antisemiti.”

L’allodola lulu

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di Dominique Dussidour

Il maschio scorge la femmina tra due fili d’erba. Si precipita su di lei, la afferra per le articolazioni del collo, le piega il corpo in due, la sbatte al suolo con forza. Malmenata, scossa, fatta oggetto di violenza, stordita, la femmina acconsente. Il maschio esplora a lungo il corpo della femmina. Quando trova l’orifizio adeguato vi inietta il proprio sperma. Si scuote, si allontana. La femmina si riprende poco a poco. Scuote la testa, si stira, muove le zampe, le antenne. Si allontana a sua volta.

Scrittori e scriventi libri. Ragionamento intorno all’idea di ricerca letteraria

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Di Andrea Inglese

“Sbarazziamoci di questa nozione di una corrente principale nella storia e rendiamoci conto che stiamo andando in diverse direzioni. Noi stessi. Penso che una cosa ragionevole da fare – se abbandoniamo anche la competizione – è fare cose che nessun altro sta facendo, essendo allo stesso tempo informati, naturalmente, su cosa altri stanno facendo; migliorando le nostre comunicazioni in modo da poter sapere cosa sta accadendo, per poi fare qualcosa di nuovo, a cui nessuno si stava dedicando”.
(John Cage, da Lettera a uno sconosciuto, a cura di Richard Kostelanetz, Socrates, 1996)

Lettera Aperta al Presidente Giorgio Napolitano

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Il 19 giugno 1901 nasceva Piero Gobetti. L’anno scorso, i fatti.
Piero Gobetti, morto a Parigi a soli 25 anni, è sepolto al cimitero del Père Lachaise. Fino a poco tempo fa, c’era una piccola lapide messa provvisoriamente dalla famiglia, con il nome e le date di nascita e morte. Da qualche mese, c’è una nuova targa, messa dal governo Berlusconi: dal testo proposto dalla famiglia (e sottoposto al presidente Ciampi) è stato tolto ogni riferimento all’impegno politico di Gobetti e alle cause della morte. La parola “antifascista” non compare. Anche se la proposta del Centro Gobetti, approvata da Ciampi, era di mettere una frase di Norberto Bobbio – “credeva in coloro che hanno sempre torto perché hanno ragione, nei vinti anche se non saranno mai vincitori, negli eretici, che soccombono di fronte agli ottusi amministratori dell’ortodossia, nei ribelli, che perdono sempre le loro battaglie contro i potenti del giorno” – accanto a una dello stesso Gobetti – “mon langage n’était pas celui d’un esclave”. La lapide avrebbe dovuto concludersi con: “In ricordo di Piero Gobetti (Torino 1901 – Parigi 1926), oppositore del fascismo, morto in esilio”. Ma ogni riferimento all’antifascismo e alle circostanze della morte è scomparso.
Anna Maria Merlo, corrispondente de “il manifesto”

L’umano cagnesco

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lager italiani.jpgdi Marco Rovelli

[eccovi un racconto di Rovelli tratto da Lager italiani, con alcuni tagli per non renderlo troppo lungo da leggersi su monitor. Tra le altre cose, nella sua prefazione al libro, Erri De Luca dice: “Questi racconti sono la versione moderna della Storia della colonna infame di Manzoni. Oggi si condannano senza alcun grado giudiziario degli essere umani a scontare pena in un recinto di appestati.”]

Jihad è nato in Palestina.
Ha vissuto in un campo profughi in Libano.
Ha fatto ventun anni di galera a Rebibbia.
Però dice: Trovarmi in un CPT è stata l’esperienza forse più traumatica di tutto il mio percorso di vita.

Seconda cattedra per i Diritti Umani del P.E.N.

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16-17-18 giugno 2006

Cattedra dei Diritti Umani dello Scrittore

Fondata nel 2005 sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica Italiana
e in collaborazione con UNESCO
Seconda edizione
Milano, 16-17-18 giugno 2006

“Libertà di Espressione, Potere e Terrorismo”
Centro Congressi  “Palazzo delle Stelline”
Corso Magenta, 61 – 20123 Milano (Italia)

Patrocinio: Provincia di Milano – Fondazione CARIPLO

Razzismi quotidiani

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logo razzismi quotidiani grande
Un progetto aperto di Nazione Indiana

« Razzismi quotidiani » nasce dalla proposta di un lettore, Roberto Santoro, di condurre un’inchiesta sulla visione dell’Islam nei media italiani. Attorno a questo progetto si è creata, in seno a Nazione Indiana, una sorta di micro-redazione spontanea: Jan Reister, Mattia Paganelli (che ha anche disegnato il logo), Andrea Inglese ed Andrea Raos. Nell’arco della pubblicazione dello studio di Santoro pubblicheremo anche noi saggi e riflessioni correlati, accomunati dallo stesso banner.

R.V.P./ CENERE ALLA CENERE

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Di Gaja Cenciarelli

Fuoco. S’infuoca. Si va a fuoco. Fuoco, acqua acqua fuocherello, acquazzone, incendio. Fuoco di paglia. Fuoco fatuo.
«Si va a fuoco». Dice la donna con le mani punteggiate da piccole chiazze marroni chiaro e l’orologio d’oro. E ciacola come a rincorrere le lancette dei secondi, come se il tempo non fosse mai abbastanza per chiarire i concetti. Li affastella, uno sull’altro, una pioggia torrenziale di affermazione del sé, la lingua come atto creativo di nonsense.
Il fuoco di fila delle sue parole.
La donna con le gambe nude fino alle cosce e le unghie smaltate di porpora risponde: «È un forno».
Lui è vecchio, di quella vecchiaia che ti divora da dentro, scarnifica le ossa e lascia solo il guscio, vuoto e raggrinzito dalla violenza del risucchio interno. Il suo esser vecchio non si può nemmeno barattare con la dolcezza, l’etereità della parola anziano. Ha una camicia di flanella a scacchi blu e verdi e delle donne non vede la faccia perché è curvo, la testa incassata tra le spalle, guarda in basso e si tira continuamente i polsini, finché i pollici non scompaiono sotto gli scacchi.

Sul ring con Jack London

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di Nicola Lagioia

Aggirare i critici

Che cosa può imparare uno scrittore della mia generazione (quella cresciuta senza Dio e senza Marx) leggendo Jack London? Molto, moltissimo, a patto di disfarsi di quella sfortuna e fortuna critica – smorfie di sufficienza e successive riabilitazioni – che è indebitamente cresciuta per decenni intorno all’autore di Martin Eden, Zanna bianca e altre pietre miliari della letteratura di tutti i tempi, tra cui questi racconti solidi e traboccanti di vita.

Il trust orientalista

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logotipo Razzismi Quotidianiseconda puntata de “Il giornalismo italiano e l’Islam”
un’inchiesta di Roberto Santoro
[leggi la prima puntata]

In Italia ho incontrato alcuni giornalisti. Mi hanno riconosciuto, abbiamo fatto quattro chiacchiere. Gli ho chiesto quale fosse stata la loro impressione dell’Iran rispetto alle informazioni che avevano avuto prima di partire, e mi hanno detto di aver trovato una realtà completamente diversa da quella che immaginavano.
Abbas Kiarostami

Il Foglio, il Giornale, Libero. Tre quotidiani che per rifondare il “Nuovo medio oriente” hanno rispolverato la vecchia biblioteca coloniale, stringendo un patto d’acciaio con il cristianesimo rinato in nome della libertà. Nello stesso tempo, sfruttano i più avanzati discorsi politici postmoderni – la battaglia per i diritti civili, l’emancipazione della donna, la contestazione giovanile, l’importanza attribuita alla storia subalterna – per giustificare l’interventismo democratico nei paesi arabi.[1]

Superficie della battaglia

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mg1177c.2006.jpgGiovedì 15 giugno 2006, ore 21:00

Camera verde, Roma
presentazione di
Superficie della battaglia

di Marco Giovenale

Sette fotografie e sette poesie inedite, in edizione a fogli sciolti:
microraccolta di cartoline in cofanetto
*
Centro culturale La camera verde
via G. Miani 20 (Ostiense)
tel. 06 57 28 94 540

[foto di M. G.]

1923-2006

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Il giornalismo italiano e l’islam

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logotipo Razzismi Quotidianiun’inchiesta di Roberto Santoro

Introduzione

Il Foglio, il Giornale, Libero. Tre quotidiani che per rifondare il “Nuovo medio oriente” hanno rispolverato la biblioteca coloniale, stringendo un patto d’acciaio con il cristianesimo rinato in nome della libertà. Sotto l’apparente imparzialità, e uno stile accattivante, i giornalisti italiani nascondono il consueto pregiudizio politico sull’Islam: siccome ne scrivono, pensano di conoscerlo davvero.
Gli stereotipi sul mondo arabo e musulmano appaiono anche nei giornali liberal e di sinistra. Il nostro obiettivo, dunque, sarà fare chiarezza: da una parte all’altra dello schieramento politico e culturale. Partecipate al dibattito per scoprire quali sono i loro – e i nostri – pregiudizi. Il metodo è la rassegna-stampa, le ricerche di archivio. Come diceva il vecchio Missiroli: “In Italia niente è più inedito dell’edito”

Leggendo Sennett

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Sennett.jpg Lettura di Richard SennettLa cultura del nuovo capitalismo (Mulino, pp. 145, traduzione Carlo Sandrelli)
fatta da Antonio Donghi

Iniziamo con il chiarire che questa nuova cultura è limitata ad una ben definita fascia di popolazione dell’occidente ricco. Il problema – parliamo di problema perchè riteniamo che questo tipo di cultura sia un grave danno per tutti – è che anche chi da questa cultura non è direttamente toccato non può fare a meno di risentirne gli effetti. Nel nostro mondo, tutto è connesso.