di
Francesco Forlani
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da www.kalashnikovvodka.com
Mi sono sempre chiesto che faccia potesse avere, o piuttosto fare un sopravvissuto ai campi di concentramento alla lettura delle prime pagine di “Se questo è un uomo”. O un abitante di Matera dopo aver sfogliato il Cristo si è fermato a Eboli. Non so cosa abbia veramente fatto, e seppure ritrovassi uno di loro, il racconto sarebbe a freddo – cinquant’anni possono anche indurti a credere di non aver vissuto niente – ma una cosa posso immaginarla con una quasi certezza ed è che quel lettore si sia sentito di colpo più leggero. Quasi come colui che quella storia l’aveva raccontata.
Essere campani – e mai definizione fu più astratta per quanto la parola sia quasi abitata da quell’altra, “campare”, insidiosa come una zanzara malarica o l’ordine urlato da un kapò all’ingresso di una camerata- e leggere Gomorra mi fanno pensare proprio a questo. A una guerra di liberazione.


Mentre la critica letteraria viene data quasi unanimemente per spacciata o agonizzante, e ci si divide tra chi vorrebbe munirsi di vanga e chi farebbe l’ultimo disperato tentativo col defibrillatore, le recensioni invece si moltiplicano e si occupano sempre più spesso di ambiti non strettamente letterari. E’ il caso del nostro Piero Sorrentino, che su Il Giudizio Universale recensisce la legge sull’elezione diretta dei sindaci, e di Camillo Langone, autoproclamotosi critico liturgico, con le sue recensioni delle messe pubblicate su Il Foglio. 