Pubblico, dopo un po’ di intervallo, la quarta rata della conversazione con Tina Nastasi sull’insegnamento nelle nostre scuole secondarie, e non solo.
CaraTina,
la tua ultima risposta tocca talmente tante zone della problematica dell’insegnamento, che è difficile scegliere a quale abbandonarsi. Io sceglierò qualcosa che tu non tratti esplicitamente, ma che, qua e là, mi pare percorra il sottosuolo anche di quel che scrivi tu.
E sarebbe il rapporto con i “classici”.
Mettiamo, per nostra occidentale semplificazione, che i classici da noi comincino da Omero e da Talete, per quel che se ne sa, sul versante di una cosciente investigazione sulla natura. Sono passati tre millenni da Omero e un po’ meno da Talete. Gente che scrive bene e che bene investiga la natura ce n’è sempre stata e si spera ce ne continui a essere. Se si va avanti così, le cose che il povero studente dovrà imparare aumenteranno sempre. Naturalmente lo stesso discorso vale per la scienza: ci sono anche i classici della scienza, che vengono letti assai meno, perché gli insegnanti cui nessuno ha dato all’università questa bella abitudine – quella di leggere i classici -, non sono propensi a trasmetterla ai loro discepoli.