di Franz Krauspenhaar
Erano anni ormai che mi portavo dietro, come un fardello invisibile, i miei problemi di ansia, perché l’ansia mi prendeva da anni allo stomaco e alla testa a tradimento, mordendomi come un invisibile cane idrofobo; con quel morso profondo nella mente, un solco di denti nettamente avvertiti nei pensieri più vari e nei sentimenti più contrastanti, vagavo a volte per la città, sperando di arrivare presto a destinazione per trovare un po’ di requie. M’era più volte successo mentre ero in mezzo ad amici, davanti a una tavola imbandita, in una tipica situazione di distensione dei nervi e di abbandono delle difese; e soltanto la mia volontà m’aveva permesso di non lasciarmi andare, tenendo a bada con una forza che avevo fin lì creduto di non possedere l’istinto di scappare a gambe levate da quello come da ogni altro luogo.










