Questa è la seconda rata di Guy Debord, La società dello spettacolo. Come ho già detto la presento come commento a Pasolini e non per forzare una stretta analogia che non esiste, ma perché si intraveda un filo che comunque li connette. Tutti i corsivi sono rigorosamente nell’originale.
10. Il concetto di spettacolo unifica e spiega una grande diversità di fenomeni apparenti. Le loro diversità e i loro contrasti sono le apparenze di questa apparenza organizzata socialmente, che deve essere essa stessa riconosciuta nella sua verità generale. Considerato secondo i suoi propri termini, lo spettacolo è l’affermazione dell’apparenza e l’affermazione di ogni vita umana, cioè sociale, come mera apparenza. Ma la critica che raggiunge la verità dello spettacolo lo scopre come la negazione visibile della vita; come una negazione della vita che è divenuta visibile.
11. Per descrivere lo spettacolo, la sua formazione, le sue funzioni, e le forze che tendono alla sua dissoluzione, bisogna distinguere artificialmente degli dementi inseparabili. Analizzando lo spettacolo, si parla in una certa misura il linguaggio stesso dello spettacolare, in quanto si passa sul terreno metodologico di questa società che si esprime nello spettacolo. Ma lo spettacolo non è nient’altro che il senso della pratica totale di una formazione economico-sociale, il suo impiego del tempo. È il momento storico che ci contiene.



di Sergio Garufi

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Una delle prime presentazioni critiche sull’opera di Giorgio Caproni è stata fatta da Pier Paolo Pasolini che lo definisce “uno degli uomini più liberi del nostro tempo letterario”. Pier Paolo Pasolini è stato il promotore forse della migliore Poesia che sia stata fatta nel Novecento in Italia: da Giorgio Caproni a Sandro Penna, a Amelia Rosselli… per citarne alcuni. Ci sono moltissimi modi per parlare bene (o male!) di Pasolini. forse uno potrebbe essere questo, di ripubblicare dei versi a lui dedicati dal poeta livornese in occasione della sua morte.

