di Massimiliano Governi
Il 9 ottobre 2004 ero lì che scorrevo la colonnina dei pezzi sul sito di Nazione Indiana per vedere se c’era qualcosa di interessante e l’occhio mi è caduto su una
di Massimiliano Governi
Il 9 ottobre 2004 ero lì che scorrevo la colonnina dei pezzi sul sito di Nazione Indiana per vedere se c’era qualcosa di interessante e l’occhio mi è caduto su una
di Franco Arminio
per Angelo
esce la morte
dalla buca
come la formica
per riportare al buio
il chicco.

Fra Pescara e Chieti, dal 2 al 16 novembre, si può rivedere tutta la produzione cinematografica di
Facciamo così, vi allego il programma.
di Giorgio Vasta

Seconda parte della conversazione con Giovanna Koch sulla
CENSURA, AUTOCENSURA, DEVIANZA CREATIVA, MANDRIE E COW BOY
GIORGIO. Provo a precisare alcuni punti per evitare fraintendimenti.
Quando mi riferivo alla profonda differenza tra la resa drammaturgica dell’Innocenzo di Bacon rispetto a quello di Velazquez non era assolutamente mia intenzione far valere questa differenza in termini di giudizio – meglio Bacon e peggio Velazquez. Né volevo cadere nell’equivoco di immaginare che avendo Velazquez un committente, allora questo semplice fatto avrebbe limitato le sue capacità espressive, mentre Bacon, svincolato da queste pressioni, si costituirebbe come modello ideale di artista “libero”.
64 poeti italiani fra due secoli
a cura di Giancarlo Alfano, Alessandro Baldacci, Cecilia Bello Minciacchi, Andrea Cortellessa, Massimiliano Manganelli, Raffaella Scarpa, Fabio Zinelli e Paolo Zublena
7. Col gusto per la sintesi e la provocazione che lo contraddistingue, Sanguineti liquida la questione in maniera spiccia: «Dopo gli anni sessanta vengono a mancare due aspetti fondamentali: le tendenze e gli autori importanti». Tutte quelle seguìte alla neoavanguardia non sono che «proposte reazionarie» (Sanguineti 2004, 101).
di Elio Paoloni
All’uscita del penultimo libro, il cupo, inquietante, morboso Ian Macabre – così
Il testo che segue , cone Renata Prunas racconta nell’altro post, Rocco Scotellaro lo aveva mandato a Pasquale Prunas perchè lo pubblicasse su
Una testuggine
di
Rocco Scotellaro
Sarebbe un segreto non farsi prendere dalla malinconia in queste giornate natalizie, eppure nel vicinato i camini che fumano lenti sulla strada, come i panni sparsi al sole si prendono i nostri pensieri dentro i loro pennacchi.
È morta stamane la testuggine, l’avevamo tenuta nella crusca, vicino al fuoco per conservarla calda e viva.
Ecco: i due veri partiti che, come direbbero nel Mezzogiorno, si lottano, le due civiltà che stanno di fronte, le due Italie, sono quella dei ‘Contadini’ e quella dei ‘Luigini’.
“[…] Ebbene: chi sono i Contadini? Sono prima di tutto i contadini: quelli del Sud, e anche quelli del Nord: quasi tutti; con la loro civiltà fuori del tempo e della storia, con la loro aderenza alle cose, con la loro vicinanza agli animali, alle forze della natura e della terra, con i loro dèi e i loro santi, pagani e pre-pagani, con la loro pazienza e la loro ira. […] Ma non sono soltanto i contadini. Sono anche, naturalmente i baroni […], quelli veri, con il castello in cima al monte: i baroni contadini. […] E poi ci sono gli industriali, gli imprenditori, i tecnici: soprattutto quelli della piccola e media industria, e anche qualcuno della grande: non quelli che vivono di protezioni, di sussidi, di colpi di borsa, di mance governative, di furti, di favoritismi, di tariffe doganali, di contingenti, di diritti di importazione, di privilegi corporativi. Gli altri, quelli che sanno creare una fabbrica, quel poco di borghesia attiva e moderna che, malgrado tutto, c’è ancora nel nostro paese, per quanto possa sembrare un anacronismo. E anche gli agrari, magari i grossi proprietari di terre, ma quelli che sanno dirigere una bonifica, ridare una faccia alla terra abbandonata e degenerata. […]
64 poeti italiani fra due secoli
a cura di Giancarlo Alfano, Alessandro Baldacci, Cecilia Bello Minciacchi, Andrea Cortellessa, Massimiliano Manganelli, Raffaella Scarpa, Fabio Zinelli e Paolo Zublena
(È appena uscita per l’editore Luca Sossella un’antologia di
Liberate uomini l’ergastolano
di
Rocco Scotellaro
Chiuso nel cerchio che disegni
roteando le tue mani protese
verso un segno di liberazione,
mentre insiste questa pioggia
che porta nella stanza tanta luce
quanto basta alle tiepide cappelle,
han bussato alla tua porta nel silenzio
i contadini laceri del
i calzolai tisici dipinti
come l’acqua sporca della suola.
E sul libro le parole
riacquistano il calore della fiamma.
L’ora dei falchi solitari
induce al refrigerio
dell’ombra delle acacie.
Le voci sono le maledizioni
dei mietitori contro il sole:
non è tempo che la tua mano inerte
tracci motti sibillini
sull’arena accaldata.
Hai tu ergastolano nel tuo cuore
appeso alle sue sbarre,
così solo come sei.
I mietitori si son dati
convegno questa sera
a batter pugni sulla spalla
del datore di lavoro.
E sento che t’insorge la preghiera
fra le loro canzoni e le bestemmie:
Liberate, uomini, l’ergastolano.
(Pubblico volentieri questo pezzo, scritto appositamente per Nazione Indiana. Mi sembra molto interessante e pieno di spunti. Vincent Raynaud è editor per la narrativa italiana di Gallimard e traduttore. Da qualche mese vive in Italia. AB)
di Vincent Raynaud
Non è sempre facile per un francese vivere in Italia. In parte perché i francesi sono arroganti, si credono più bravi di tutti, e hanno un enorme complesso di superiorità rispetto agli italiani. Sembra un cliché ma purtroppo non lo è, per quanto possa essere assurdo, visto il livello delle proposte artistiche nella Francia d’oggi. Figuriamoci in campo letterario. Ma vediamo piuttosto un paio di esempi recenti che riaccendono l’eterno conflitto fra cugini francesi e italiani.
Caro Sherif El Sebaie,
A nome della Comunità ebraica di Torino raccolgo il suo grido d’allarme e d’angoscia spedito il 19 settembre a tutte le Comunità ebraiche.
Non solo in quanto ebrei che hanno vissuto secoli di vessazioni e persecuzioni in svariate aree geografiche, di cui la Shoa rappresenta l’apice, ma anche in quanto cittadini democratici di questo Paese, condividiamo tutte le sue preoccupazioni.
Riteniamo che la lotta al
razzismo debba essere per tutti un impegno inderogabile insieme all’impegno per la salvaguardia dellademocrazia e dellalibertà .
Un caloroso shalomTullio Levi
Presidente della Comunità ebraica di Torino
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riccardo orioles
La Catena di San Libero
25 ottobre 2005 n. 307
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La solitudine e il coraggio. “Me ne faccio poco di questi due, tre
giorni di copertura mediatica. Me ne faccio poco della visita di Ciampi
o del cordoglio politico. L’esperienza mi ha insegnato che poi tutti
torneranno a casa propria, e della Calabria non gliene freghera’ di
nuovo niente a nessuno. O solo per due-tre giorni l’anno”.
* * *
Lo incontri in biblioteca, Said. Mi volete
Deve essere per questo che la sera del 2 marzo gli riesce ancor più intollerabile.
E’ successo nel

In concomitanza con il trentennale della morte di Pier Paolo
Di seguito il programma.
Questo testo lo ha scritto Renata Prunas, sorella di Pasquale, fondatore nel 45 della rivista
Da SUD a SUD
di
Renata Prunas
a Rocco Scotellaro
«Spett Redazione di “Sud” – Napoli
Ho partecipato al concorso Sud del 15 luglio inviando una poesia . Avrò piacere di conoscere l’esito. Intanto invio l’acclusa poesia e prego mi siano inviati in assegno i numeri di Sud che frattanto usciranno. Saluti
R. Scotellaro
Tricarico – 10 agosto 1946»
di Franco Arminio
Soli e scontenti. Quello che ci riempie per un attimo, è già scaduto per il successivo. Ho l’impressione che, per la prima volta da quando gli esseri umani sono al mondo, l’esistenza sia diventata semplicemente il sintomo di un corpo che non esiste. Non so bene cosa significhi questa frase, ma è la seconda volta che la scrivo, è un pensiero che non si vuole allineare agli altri, li vuole rifondare.
di Harold Pinter
(In occasione del Premio Nobel per la letteratura recentemente conferito al drammaturgo inglese, pubblico questo racconto del 1963. Un anno dopo la B.B.C. commissionò a Pinter una commedia per la European Broadcasting Union. L’autore decise di usare il medesimo argomento per la scena; a suo dire, il meglio riuscito è il racconto. F.K.)
La vista mi si è indebolita.
Il mio medico è alto poco meno di un metro e ottanta. Ha una striscia grigia nei capelli, una sola. Ha una macchia marrone sulla guancia sinistra. I paralumi del suo studio sono cilindri blu notte. Con l’orlo d’oro, ognuno, identici. C’è una grossa bruciatura nera sul tappeto indiano del suo studio. Tutto il suo personale porta occhiali, non escluse le donne. Attraverso le veneziane odo gli uccelli del suo giardino. Ogni tanto compare sua moglie, in bianco.
di Giorgio Vasta
Da un po’ di tempo avevo intenzione di ragionare a fondo sulla fiction televisiva italiana contemporanea, sulla sue premesse culturali, sulla sua fattura e sui suoi obiettivi, partendo dall’idea che la fiction tv è un dispositivo narrativo che produce una determinata lettura del mondo e che genera un immaginario popolare. Poi, qualche settimana fa, il ministro delle comunicazioni Landolfi, rispondendo a una dichiarazione di Prodi, ha affermato che la fiction televisiva italiana, in questo specifico momento, è di sinistra, quasi comunista, portando l’esempio del Commissario Montalbano e del Grande Torino, in onda in quegli stessi giorni. Questa affermazione mi ha colpito e mi ha suscitato una serie di considerazioni. Rendendomi conto che non era possibile affrontare il discorso da solo, ho chiesto a chi lavora nella produzione della fiction (sceneggiatori, head writer, script-editor, story-editor, produttori) di discutere di questo argomento, riassumibile in una frase: come si fa la fiction tv in Italia, e che cosa fa la fiction tv all’Italia?
di Gianni Biondillo

Da un po’ di anni a questa parte ho la sensazione che la grande macchina dei sogni hollywoodiana si sia inceppata. Dopo decenni di storie incise col bulino (tale era la loro qualità) si è passati ad un abbrutimento sempre più deprimente dell’intero comparto sceneggiature. O meglio, la sensazione è che “i poteri forti”, soprattutto dopo l’11 settembre, abbiano ripreso in mano la macchina per i propri scopi patriottico-demagogici. In pratica negli USA il cinema non è più la testa d’ariete dell’immaginario collettivo, ma solo una pachidermica retroguardia sostanzialmente conservatrice dello statu quo.
Ci sono due eccezioni forti, però.
di Laura Pugno

tracks
stai in caccia, estendi
la caccia estendi
la lingua: è così, se in caccia
come prima avvertivi del leopardo
estendi la lingua nelle cose