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Terra lontana

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di Franco Arminio

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Ti chiamavo da una terra lontana
era una telefonata che non doveva servire a niente
e invece mi sono lentamente sgretolato
sotto le tue sillabe
e l’isola in cui ero rinchiuso si è dissolta
sotto le onde della voce.

Un narratore

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di Dario Voltolini

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E’ morto un grande narratore, Will Eisner.

Vorrei ricordarlo segnalando, di tutti i suoi lavori, uno dei due che più direttamente hanno a che fare con l’arte del racconto, con la sua tematizzazione:

Graphic storytelling. Narrare per immagini, Editore Pavesio Productions.

Ottiero Ottieri

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E’ nato il sito ottieroottieri.it, dedicato allo scrittore Ottiero Ottieri scomparso nel 2002.

E’ un utile strumento per orientarsi tra i suoi numerosi libri.
Contiene una bibliografia delle opere e delle ristampe, materiali biografici, recensioni, interviste, anche audio, eventi dedicati allo scrittore e immagini tratte dalla mostra fotografica esposta alla Casa delle Letterature di Roma il 2 e 3 marzo 2004, in occasione del convegno su Ottieri, dal titolo “Le irrealtà quotidiane”.

Le scimmie… (73)

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di Dario Voltolini

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Céline con la faccia da turco

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di Helena Janeczek

1077229621Zaimoglu.jpgQuesto saggio più la traduzione sottostante sono stati pubblicati sull”Almanacco 2003″. Li ripropongo per ampliare la prospettiva sull’avanzata dei turchi di Germania e col solito dipiacere di poter solo segnalare l’esistenza di libri forti e importanti scritti negli altri paesi europei. E’ così poco quel che viene “importato” che nessuno se ne accorge. E visto che nessuno se ne accorge, si continua a pubblicare quasi niente. Credo sia l’ora di dare una mano per interrompere questo circolo vizioso. HJ

German Amok

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di Feridun Zaimoglu
traduzione di Helena Janeczek

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La sorca d’arte non sfugge allo sguardo: una tediosa ragazza con i porri, di statura media e di qualità mediocre, in questo istante completamente nuda salvo una parrucca rosa pallido e quindi una delizia per i signori di una certa età presenti fra il pubblico. E’ la sua serata e il suo spettacolo, ella spalanca il suo stupido musetto per tenere un discorso davanti a tutta la compagnia (i maschi sono ovviamente in maggioranza) che deve aver limato per settimane.

“…perche VOI dovete sapere che io sono il vostro nemico, io su questo piedistallo spoglia come una statua di marmo, io il grande avvenimento della stagione. Ma credetemi: preferirei di gran lunga squarciare narici, strappare budella e semplicemente massacrare tutta la schiera che si è qui riunita in nome dell’arte…”

Due poesie

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McGough01.jpgdi Roger McGough
traduzione di Franco Nasi

Una poesia solo per me

Dove sono io ora che ho bisogno di me
dove sono andato tutto a un tratto
sono così solo qui senza me
dimmi ti prego che cosa ho fatto.
Un tempo facevo quasi tutto assieme
passeggiavo mano nella mano
condividevo tutta la mia vita con me
rispondevo ad ogni mio richiamo.
Dimmi che ritornerò domani
terrò le braccia spalancate per me
dimmi che non mi lascerò mai più
il mio posto è qui accanto a me.
Forse mi sono solo perso
come si perde l’ombrello o la chiave
così fino al giorno in cui mi capiterò a tiro
ecco una poesia solo per me.

Eclissi quotidiane: le poesie di Roger McGough

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di Giuseppe Caliceti

Roger McGough è stato a Reggio Emilia, nella saletta all’ultimo piano di Palazzo Magnani, il 16 Ottobre scorso, un sabato pomeriggio. Ho avuto la fortuna di partecipare al suo reading. Ha dato inizio all’incontro leggendoci una lettera in cui RogerMcGough spiegava perché non aveva potuto prendere parte all’incontro.
Poi si è cominciato con le poesie. Roger McGough è uno dei maggiori scrittori inglesi e europei viventi. Ma forse non tutti lo conoscono. Nel 2004 riceve dalla regina Elisabetta la prestigiosa onorificienza di Commander of the British Empire per ambasciatore della poesia. Ma non è questo che conta. Quello che conta è la sua vita, quello che ha scritto e che ha fatto.

Confezione regalo

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di Tiziano Scarpa

dono.gif“Questa era l’ultima”, commentò Bugatti tirando uno striscio sul nome in fondo alla lista.
“Finalmente,” sbuffai. Era una sera di ottobre. Il vento piegava le cime dei faggi addosso alle finestre. Erano foglie iperautunnali, rosso vivo, colorate dall’insegna rossa del grande magazzino dove lavoravamo. L’insegna luminosa era montata sul cornicione dell’edificio, proprio sopra il nostro ufficio.

Paesaggi

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di Dario Voltolini Dall’Olanda Marina Warners mi segnala il sito di un suo amico fotografo innamorato dell’Italia, Remmelt van Veelen. Cliccando sull’indirizzo lo potete visitare. C’è anche la versione inglese. Saluti. Dario. http://www.remmeltvanveelen.nl/

Le scimmie… (72)

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di Dario Voltolini

Da Kiev (#1)

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di Giovanni Catelli

Kiev118.3 Al viaggiatore che arrivi, come sempre, con il Tisza express dalla frontiera del Chop, l’Ucraina, il giorno dopo la vittoria elettorale di Viktor Yushenko, appare la stessa. Ma forse non lo è, e , in modo continuo ed invisibile, non lo sarà più. Anche la temperatura, insolitamente tiepida, +5 gradi alla stazione di Leopoli, sembra partecipare ad un improvviso disgelo, quasi una sospensione del corso delle stagioni, come in un racconto di Joseph Roth, dove però questi eventi singolari apparivano forieri di sventura.

Le vecchie con le mani flaccide

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di Christian Raimo

image2.jpgLe vecchie con le mani flaccide… Questa sarebbe la tua religione! Fa schifo! Quella cazzo d’ipocrisia, le donne con la pelliccetta che ti danno la pace!;il fatto era che Mattia e Milena scopavano regolarmente, e a lei scopare le faceva da funzione verità, le rimuoveva totalmente i freni inibitori in parole e pensieri, e a lui – mentre le gambe gli fibrillavano ancora leggermente dopo esserle venuto dentro (“Siamo sicuri che non è pericoloso?” “Ti dico tranquillo”)– tutto questo spaventava. Lei gli donava i baci teneri di minima grazia e poi sollevava le Questioni che c’erano tra di loro, e le Questioni che c’erano tra loro e il Mondo.

Il gatto e la farfalla

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di Yoel Hoffmann
a cura di Davide Mano

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Il gatto e la farfalla è l’ennesimo splendido memoir dello scrittore israeliano Yoel Hoffmann. Il libro è suddiviso in trentotto capitoli stampati in solo recto, dove “le pagine lasciate volutamente bianche vanno intese proprio come margine grafico a disposizione delle parole, in modo che possano dilatarsi, impossessarsi di tutto lo spazio reso necessario dall’interpretazione che il lettore ne vuole dare” (Alessandro Guetta).
Yoel Hoffmann, studioso di poesia haiku, ha scritto sette romanzi e due raccolte di racconti. Rappresenta un unicum in tutta la letteratura israeliana: la sua opera viene definita “prosa per gli amanti della poesia, poesia per gli amanti della prosa”.

TSUNAMI

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di Antonio Moresco

tsunami.jpgCome un milione di bombe atomiche. Il polo nord ha subito un’oscillazione di cinque, sei centimetri. L’asse della Terra spostato. Giornate più corte di tre microsecondi. L’isola di Sumatra spostata di trenta metri. Centocinquantamila solo i morti umani, ma la cifra è in crescita di ora in ora. Foto di corpi nudi gonfiati, sulle spiagge, di donne sferiche a gambe aperte, col taglio della vagina in evidenza come nelle bambole gonfiabili. Montagne di cadaveri umani e animali bruciati e gettati nelle fosse comuni. Eserciti di microrganismi epidemici in attesa di avventarsi sui corpi dei superstiti.

Questo è ciò che abbiamo visto e saputo nei giorni scorsi. Ma ci sono altre cose che non ci hanno detto, a vari livelli. Tanto che in questa tragedia di proporzioni catastrofiche si nasconde un’altra tragedia di proporzioni forse ancora più catastrofiche, costituita dallo spostamento dell’asse psichico e di conoscenza, dalla volontà di non vedere e di non far vedere e di occultare come stanno veramente le cose.

Siamo tutti turchi

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di Helena Janeczek

GegenDieWand01.jpgEra l’inizio di Dicembre, sabato pomeriggio, a Milano cominciava la corsa agli acquisti di Natale. Bisognava trovarsi al cinema circa mezz’ora prima, ma il treno arrivava in Centrale con i soliti dieci minuti di ritardo. Corro al metrò, scendo alla fermata “Montenapoleone”, faccio via Montenapoleone su e giù dal marciapiede, percorso ad ostacoli che coincide con le vetrine di Versace, Gucci, Cartier, abiti da sera, sandali farciti di Swarovski, triplo-cashemere, solitari enormi, quelli che guardano coi nasi vicino al vetro e quelli che come me scendono anche sulla carreggiata, ma con calma, facce non più giovani mummificate dal benessere e dal botulino (chiamiamoli così), visto che è proprio impossibile camminare sul marciapiede se si è pieni di borse.

Le scimmie… (71) – Buon anno

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di Dario Voltolini

2. Storie di classe

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di Antonio Sparzani

Seconda storia.

L’insegnante della stessa classe, nella scuola Euclide, prima di disegnare il triangolo sulla lavagna, chiede a tutti gli allievi se vedono bene la lavagna. E tutti – se non ci sono particolari problemi di disposizione dei banchi, rispondono di sì. Nessuno ha dubbi su cosa l’insegnante intenda con quella parola lavagna, tanto più che l’insegnante accompagna la domanda con un gesto del braccio, puntato verso una certa tavola nera (supponiamo che si tratti ancora di una sana lastra di ardesia, e non di uno di quegli orrori di plastica bianca, dove si scrive con un triste pennarello nero che ti sporca tutte le mani) sospesa ad un ligneo telaio.

La menzogna di Manganelli

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di Giuseppe Montesano

Manganelli.jpg Diamo, per cominciare, la parola a lui, al maestro di cerimonia, l’uomo malinconicamente pingue e in bretelle di certe fotografie, l’ometto quasi chapliniano con i baffetti e lo sguardo appuntito dietro le lenti rotonde, l’autore di La letteratura come menzogna appena ristampato dall’Adelphi, e sentiamo cosa borbotta al nostro orecchio, ossessivo e categorico, lo scrittore Giorgio Manganelli: “Non v’è dubbio: la letteratura è cinica. Non v’è lascivia che non le si addica, non sentimento ignobile, odio, rancore, sadismo che non la rallegri…” Ma se è così, cosa se ne farà o ne penserà la gente normale? Ecco: “Assai antica è l’ira dei dabbene per la letteratura. Da secoli viene accusata di frode, di corruzione, di empietà. O è inutile o è velenosa…

Storie di classe

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di Antonio Sparzani

Prima storia.

Quando per la prima volta, nella terza classe della scuola elementare ‘Euclide’, l’insegnante mostra ‘ufficialmente’ un triangolo, lo disegna sulla lavagna e dice “questo è un triangolo”. Allora tutti gli allievi copiano il disegno sul loro quaderno e pensano di aver copiato lì, e quindi di avere sotto i propri occhi “il triangolo disegnato alla lavagna”. Non stanno certo a porsi il problema se sia ‘lo stesso triangolo’ in un qualche più sottile senso. Tutti e ventidue i bambini della classe fanno questo e si hanno così complessivamente ventitré triangoli disegnati nella classe.

Storie di ordinaria ipocrisia

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di Lea Melandri

In vicinanza del Natale si va generalmente alla ricerca di storie edificanti, per potersi convincere, almeno in quella occasione, che la bontà esiste. Quest’anno tuttavia la cronaca non sembra offrire alcun appiglio: catastrofi naturali, da cui è sempre più difficile escludere responsabilità umane, morte e violenze di ogni specie. Ma dal vasto repertorio di mali che affliggono ormai in modo endemico la nostra civiltà, emergono con giusta, anche se spesso male interpretata rilevanza, episodi che, pur nella loro particolarità di “fatti di vita”, appaiono sintomatici di un decadimento profondo del senso di giustizia, amore, solidarietà, rispetto dell’altro. Mi riferisco a tre notizie che, proprio perché fortemente contrastanti con l’edulcorata atmosfera natalizia, sono arrivate nei giorni scorsi alle prime pagine dei giornali, e che provocatoriamente mi verrebbe da chiamare “storie di ordinaria ipocrisia”.