di Carla Benedetti
(Rispondo al pezzo di Marco Merlin, “Critico e poeta”, pubblicato su Nazione indiana il 17 novembre. E’ solo un commento, ma sta qui perché la finestra dei commenti è per il momento fuori uso)
Non mi trovo per nulla d’accordo con la caratterizzazione di critico e poeta che fa Marco Merlin, ingabbiati in due ruoli complementari, astratti e repressivi.
Chi l’ha detto che il critico è colui che “produce cadaveri, praticando vivisezioni”? Dove è stabilito che il poeta è “posseduto dalla lingua“? Perché mai il critico dovrebbe essere colui che “gestisce il potere” mentre la poesia del poeta è un “gioco inutile“?
Di questi luoghi comuni sarebbe meglio liberarsi.


Siamo negli anni ’70 in Unione Sovietica.
1. Sparare su Michael Moore e su Fahrenheit 9/11 (con entusiasmo perfino maggiore di quello che ci metterebbe Charlton Heston) è diventato l’hobby preferito di un certo tipo di intellettuale di sinistra micragnoso, minimalista, precisetto, analitico, concentrato non dirò sull’albero, non dirò sulla foglia, ma sulle nervature della foglia, al punto di non vedere più non dirò la foresta (sarebbe troppo facile), non dirò l’albero, ma nemmeno la foglia stessa.
Il 30 novembre ricorre nella nostra regione una nuova festa: la Festa della Toscana. Lo ha deciso fin dall’anno 2000 il Consiglio Regionale, scegliendo questa data che richiama quel 30 novembre 1786 nel quale il granduca Pietro Leopoldo, con l’ispirazione e l’appoggio di Cesare Beccarla e non senza contrasti interni, promulgò il nuovo Codice Criminale.