di Sergio Baratto
Falluja, novembre 2004.
Laggiù la chiamano la città delle mille moschee. Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, la città era stata pacificamente occupata dalle truppe americane. Il comando militare alloggiava nella vecchia sede del partito baathista e i capitribù avevano eletto un sindaco convinto sostenitore della coalizione. Finché una manifestazione di protesta contro la presenza statunitense (200 persone) non è stata soffocata nel sangue (una quindicina di morti).
350.000 abitanti. Centinaia di migliaia di sfollati, migliaia di persone rimaste senza casa, prigioniere in una città assediata, bombardata e poi attaccata con carri armati e artiglieria pesante. L’inverno in arrivo porta il freddo anche a quelle latitudini, non si creda che in Arabia il sole scotti sempre con la medesima intensità di una bomba all’uranio.

Quando scoppiò in America lo scandalo Clinton-Lewinsky, molti intellettuali si chiesero come era possibile che una squallida storia privata di sesso potesse diventare più importante della guerra che sconvolgeva in quel momento i Balcani. Oggi, di fronte all’esito delle elezioni americane, lo stupore è analogo, anche se sono cambiati i termini della contrapposizione.
È on-line il nuovo numero della rivista Ulisse (