di Antonio Moresco
Sono a Ushuaia, la città più australe del pianeta Terra, la fine del mondo. Cinquecento chilometri più in giù c’è l’Antartide. Poco prima di atterrare sulla striscia di terra circondata dal mare, e che l’areo planasse a lungo sull’acqua prima di toccare la pista, ho visto dall’alto le montagne ricoperte di foreste fredde e le nevi sopra le cime. Qui c’è una strana luce. Il cielo è quasi completamente coperto da un gran numero di nuvole bianche eppure il bagliore è così forte che bisogna stringere gli occhi. Giovanni misura con l’esposimetro la sua intensità. “Questa è la fabbrica della luce!” mi dice.
Lungo la banchina del porto è in corso la festa dei pescatori fueghini. C’è molta gente, uomini e donne con la pelle scura, dall’aspetto un po’ indio. Sotto un grande tendone un gruppo di bambine in grembiule bianco, annunciato come “Coro Voces Jovenes del Fin del Mundo”, canta una canzoncina sulle “Malvinas argentinas”. Tutt’intorno ci sono dei capanni di legno dove cucinano ed espongono grandi pesci e quegli enormi granchi rossi di nome centollas che ci sono qui. E’ il primo anno che fanno questa festa e pare che sia venuta gente anche da altre zone della Terra del Fuoco, da Santa Cruz e persino da Puerto Williams, la base militare cilena dall’altra parte del Canale Beagle, sull’isola di Navarino


Anche quest’anno a riaprire le danze delle esposizioni autunnali d’arte contemporanea è stata Arteallarte, una manifestazione giunta alla sua nona edizione, che chiede di volta in volta a nuovi curatori e nuovi artisti di misurarsi con i luoghi canonici della bellezza artistica. Le opere vengono infatti pensate come interventi site-specific in cittadine e spazi storici della Toscana.
Un’immagine.
Prima cosa da dire: questa raccolta di
[Questa mia inchiesta non è stata accettata da nessun giornale con cui collaboro né da altra testata giornalistica italiana. L’unico giornale che ha ricostruito lo scenario del rapimento Pari–Torretta attraverso informative e documentazioni ufficiali raccolte da Rita Pennarola è stato il mensile
Dopo il 25 luglio 1943 molte cose erano cambiate. Deposto Mussolini, il governo italiano è affidato al maresciallo Badoglio che da subito cerca di rassicurare gli alleati nazisti, annunciando a gran voce che niente, in politica estera, sarebbe cambiato. A Berlino però queste parole vengono lette come una grossolana manovra diversiva e alla guida del generale Valentin Feuerstein, le truppe tedesche attraversano il confine. Il 9 settembre alle due di mattina occupano la città di Bolzano. Il Gauleiter, commissario supremo del Tirolo, Franz Hofer, a Innsbruck, ha intanto già chiesto l’unificazione del Tirolo e l’italianizzazione forzata di oltre vent’anni sembra essere definitivamente sconfitta. Dopo l’armistizio dell’8 settembre Hitler, infatti, crea la Zona Operativa Prealpi, Alpenvorland, formata da tre province, Bolzano, Trento e Belluno. Nel municipio di Bozen-Bolzano viene nuovamente insediato un Bürgermeister, sindaco tedesco, la stessa cosa avviene in tutti gli altri comuni. Riappare dovunque la vecchia toponomastica. Riaprono le scuole di un tempo e così anche i giornali e le trasmissioni radio tornano a essere in lingua tedesca. Solo alcuni anni prima la velocità di questo improvviso cambiamento sarebbe stata impensabile. Nessuno avrebbe creduto nel 1939, quando i sudtirolesi erano stati costretti a optare per il Reich, che la loro scelta sarebbe stata azzerata da una accelerazione della Storia. A Lagundo, tornato a essere Algund, il podestà era fuggito e al suo posto si era reinsediato il vecchio Bürgermeister.
Il pezzo che posto qui è nato come commento a “

