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La terza persona

di Paolo Cesano

La terza persona era sparita. Me ne sono accorto per sottrazione di ombre. La macchia di luce opaca intorno a noi si era notevolmente dilatata, poteva essere impercettibile o catastrofica. Un passante interrompe il vuoto elettrico, ingombrando d’azzurro il marciapiede. Ci siamo guardati intorno, poi le portiere si sono chiuse soffici, quasi all’unisono. Dentro l’auto siamo ancora più separati, come cani alla gabbia di partenza. Qualcosa di anormale nella sua tipica espressione tiepida, mnemonica con gli occhi gettati lateralmente, una consuetudine. Forse non volevo rimproverarla, il denaro la condiziona esattamente come chiunque altro, ma si cura di essere generosa intellettualmente. Guardo le sue mani e penso a una probabile comanda al ristorante, avrei mangiato cosa?

– Aspetta – dice Anna con l’angolo dell’occhio che va a sfumare in una ruga di dispiacere – essere romantici sul denaro, non significa perdere la misura delle cose – Il suo Rolex Cellini, il suo evidente Rolex Cellini segna le cinque, ma tutti i Rolex restano indietro di cinque minuti, perciò abbiamo ancora un po’ di tempo per stare insieme.
– Tu fai sempre qualcosa per me, almeno con le parole, organizzi mentalmente un piacere – L’abitacolo della Bmw 325 sembra un posto predestinato, soppiantando radicalmente l’esterno, come una chiesa gremita. Tutto è folla e speculazioni, grafici e lead nutrizionali. Le insegne di una Banca irrompono sul cruscotto, come luci direzionali di una discoteca. Il blu assieme al bianco lavorano da calmante. La distesa di gente che allunga il marciapiede, si perde tra le goccioline di pioggia visibili una a una, quasi setacciate. “ Io la vorrei, la ragazzina allocca che fissa il monitor. Lei è diligente, pulita, si muove bene. Scherza con le persone giuste, è tutto un umorismo senza svaccare, fine fine. Però la pronuncia da reggia meridionale, con le vocali spalancate, la fa più minuta, sottile, in debito con l’ambiente. Hai visto le tettine perfette che ha? Adesso vanno toccate, tra due anni non saranno più così “. Passa un bus rumoroso. La ragazzina se la smanaccerà uno che deve farsi perdonare qualcosa.
L’abitacolo smorza tutto, è immerso in un liquido inconsistente, di aria tondeggiante. Il Genio delle scarpe si slaccia la giacca blu a righe marroni Paul Smith di lana per sistemarsi la sciarpetta, lo stereo passa In the City di Weller in una nuvola di fumo sparacchiato da Anne, un tempio di note che due ragazzini drogati fanno in tempo a percepire quando si spalanca la portiera per far uscire la donna in abito preserale Miu Miu. Il genio della scarpa aspetta che mi saluti e che sparisca. Tocca a lui un posto nell’abitacolo.
“ La parola emozione è vecchia, forse non emozionato. Bisognerebbe sostituirla, archiviarla. Anche accelerazione cardiaca vuole dire qualcosa “. Anne dice di sperare in un futuro che ci svuoti. “ Forse non ho mai sentito nulla. Dolore, piacere, rabbia, tristezza, cos’altro ho percepito? Non ho mai avuto connessioni percettive col futuro e credo che nessuno le abbia. Le persone si attribuiscono facoltà per essere competitive, per avere una personalità lucente, per non essere confuse tra loro. I programmi di reinserimento sociale sui minori omicidi comportano la destrutturazione mentale per disporli a rappresentazioni di se stessi non riferite a modelli aggressivi familiari, i tennisti usano la loro parte di campo come un domicilio caratteriale, entro cui annullarsi. Ognuno percepisce se stesso come una diga”. Il genio della scarpa ascolta in silenzio. La mia spesa è lunga e articolata. I carrelli sono umanizzati.
“ Una buona energia in una casa o la sensazione che una cosa vada bene. Ti piace questa casa, senti una buona energia? Come pensi che andranno le cose qui dentro? Potrei mai sentire una cosa del genere? Potrei mai essere qualcos’altro che vista e udito. Ci stufiamo velocemente ragazzo mio, forse io per prima, ma è impercettibile. Dicono che le donne siano più risolute negli addii. Vi lasciamo per inerzia e purtuttavia con un certo dolore, forse perchè siamo percepite ancora come carne. Ciao, ciao.
Anne comincia a parlare di me. Ho una scelta da compiere tra filetto di tonno e seppie al bancone del fresco. La carne della seppia, come fegato bianco. Un fastidio per le luci, per gli impedimenti causati da altri carrelli e da persone lente, poco reattive, che si annullano in un rito. L’annientamento del potere del prezzo, per un attimo è tutto mio.
Anne è ossuta con un po’ di carne tremula addosso, è quel tipo di carne che in certi posti è cellulitica e quando la strizzi ti sembra di trapassarla. Ha una dentatura fittissima che all’apertura espone specularmente la parte sopra e quella sotto. Due filari irregolari che quando ride la fanno assomigliare a un canide disperato. Forse non vuole ridere, ma si accontenta. Alla fine ha una bellezza laterale, soggettiva. Ritiene che la sincerità dipenda dalle parole, da quello che ci si dice. La parola sincerità mi rende insoddisfatto, è un abuso. Vuole essere sincera col genio della scarpa. Gli parla del suo direttore, del suo egotismo impaginato da simpatia, della sua feroce carognaggine, della sua mediocrità professionale. Gli dice che che s’impossessa delle sue idee e che devi essere molto piccolo, quasi insignificante per diventare grande così nel Palazzo. Gli parla del potere vecchio, comunale di quel palazzo. Il potere dei comunicati stampa che stravolgono la verità riorganizzandola secondo interessi personali. Il suo odio perfetto verso una persona che incarna tutto questo. Dieci minuti di odio assoluto, non interrotti da un altro comunicato stampa con il quale il direttore si appropria un’altra volta del suo lavoro, del suo sforzo, del suo sangue. “ Un altro comunicato stampa che prospera della tua assenza decimata dalla sua. Il suo potere è debole, eternamente supplente”. Anne parla di un potere senza talento, così da consentire al palazzo di rimanere in piedi, lungo, alto, economicamente inarrivabile.
Dice anche di essere attualmente un refuso della zona B4 della tavola 18 e che tutto quello che vede non esiste. Si toglie l’orologio, lo appoggia sul cruscotto e comincia a fissarlo come attendesse un’esplosione. Il suo odio è in coda con me alla cassa, come un apostolo tradito.
La commessa – due occhi, un naso, una bocca – guarda fuori dalla vetrina, tra le lettere L e D di SALDI, incrociando gli occhi di Anne nell’attimo in cui recidono la luce tra il lunotto e il profilo lucido della carrozzeria.
Mi porto avanti sul marciapiede con un bottino di spesa. Il cuore del sabato sera. Mia madre in cucina. Frange di nuvole che rimano con favole in un cielo sparecchiato. Il genio della scarpa sta uscendo dall’abitacolo. Puoi far caso alla somma olfattiva di pelle, fumo e qualcosa di dolciastro simile ad Alyssa Asley. Puoi far caso a lui che sfuma per sempre nel microambiente B4 della tavola 18.
“Voglio tentare la circostanza in cui la risorsa spiana al talento o avvizzisce senza drammi. Stare sul confine che separa la maniera dall’idea. Discendere il fiume che spalanca all’ottuso quotidiano o al raggio che irride l’ombra. Voglio spegnermi nel raggelante incendio o salvarmi per l’unico varco accessibile”. Anne, portami lì. Puoi?

(Immagine: Nighthawks di Edward Hopper)

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4 Commenti

  1. Sono un ammiratore dell’arte di Hopper, in particolare di questo dipinto, che a me suggerisce sempre qualcosa di diverso (e di in-quietante) ogni volta che lo osservo. Eppure, leggendo questo racconto di Cesano, mi trovo di fronte a un dilemma inaspettato: è più bello il quadro, o il testo appena letto e riletto? Veramente una gara aperta.
    Spesso, del resto, l’iconografia che accompagna i vari contributi su NI può far storcere la bocca (e l’occhio): ma mai, come in questo caso, l’accostamento è stato azzeccato, tanto da permettere di inoltrarsi con più facilità (e godimento) tra le maglie di un testo veramente di pregio.
    Grazie a Cesano (e a Garufi).

    p.s.

    Ennio, mi sono accorto solo adesso del tuo commento, rispettabile.
    Quella che eventualmente leggi, è solo di una mia considerazione, a prescindere, su un racconto che mi è piaciuto veramente molto, anche sul piano dell’architettura stilistica dello scritto.

  2. Ma chi è questo Cesano, il nuovo Wallace?
    Chiudo l’anno felice dopo aver letto “La terza persona”, un capolavoro. Qualcuno sa se questo Cesano/Wallace ha già pubblicato qualcosa, mi piacerebbe leggerlo.
    Grazie Garufi!

  3. Nemmeno questa pagina di racconto è sfuggita alla maledizione del capolavoro. Appena si prova a rimettere in sesto la Banca d’Italia, che subito accorrono i vandali delle Lettere. Beato Cases, proteggili tu.

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sergio garufi
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Sono nato nel 1963 a Milano e vivo a Monza. Mi interesso principalmente di arte e letteratura. Pezzi miei sono usciti sulla rivista accademica Rassegna Iberistica, il quindicinale Stilos, il quotidiano Liberazione, il settimanale Il Domenicale e il mensile ilmaleppeggio.
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