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La censura, la sofferenza, lo scandalo

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Appunti su Una separazione e Sul concetto di Volto nel figlio di Dio

di Helena Janeczek

Lei non ce la fa più. Vorrebbe andar via, costruire un futuro migliore, soprattutto per sua figlia. Lui ha un padre demente che non vuole abbandonare. Lei, per disperazione e per ricatto, torna a casa dei suoi genitori. Lui resta con la bambina undicenne e il padre che non può essere lasciato solo un attimo. Trova una badante giovane, molto devota e legata alla tradizione. Quando il vecchio si piscia addosso, la donna che è andata a servizio a insaputa del marito, fa ciò che occorre, ma vorrebbe già mollare l’incarico. Lui quasi la costringe a rimanere sino a quando non trova un ricambio. Da qui si dipana un dramma che segue il disgregarsi di due famiglie.

Psicodramma del potere

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di Mauro Baldrati

L’altra sera al gruppo di psicodramma ho fatto un interessante collegamento tra una problematica per così dire oggettiva (politica, nella fattispecie) e un dato esistenziale con epicentro individuale.

Era tornato Riccardo, dopo una assenza piuttosto lunga dovuta a una malattia seguita alle vacanze natalizie. Subito le ragazze, che di solito all’interno del gruppo sono le più ricettive riguardo agli stati d’animo dei presenti, hanno notato la sua faccia immobile, triste. Allora il conduttore gli ha chiesto se andava tutto bene, se voleva parlare del periodo appena trascorso. Riccardo, che gestisce un piccolo negozio di cartoleria, ha detto che per lui è un momento difficile. La crisi lo sta riducendo sul lastrico, le vendite sono ridotte praticamente a zero, inoltre ha ricevuto una visita della Guardia di Finanza che l’ha scaraventato in uno stato di confusione mentale. Sono entrati in due, maresciallo e agente, l’hanno sottoposto a estenuanti verifiche, soprattutto riguardanti il contratto d’affitto. Si è sentito schiacciato, vessato, perseguitato. Lui, piccolo negoziante quasi rovinato dalla crisi economica e dall’accanimento del fisco, forse dovrà chiudere il negozio. Avrebbe voluto farli a pezzi, ha detto, falciarli con un mitra, cancellarli, disintegrarli. Ma non ha fatto nulla, ha dovuto subire, come sempre, come tutti.

Il conduttore l’ha subito fatto salire sul palco, chiedendogli di scegliere i due finanzieri. Io sono diventato il maresciallo, mentre un altro ragazzo del gruppo ha assunto il ruolo dell’agente. È seguito uno psicodramma teso, ma anche comico, con me che recitavo la parte del sottufficiale spietato, persecutorio, il ragazzo che mi spalleggiava rivolgendosi a lui con punte di violenza verbale e anche qualche epiteto (nello psicodramma tutto viene enfatizzato, spogliato di ogni mediazione perché bisogna arrivare al nocciolo incandescente). Riccardo oscillava dalla risposta passiva alla rabbia, colpendomi col cuscino (lo strumento usato per scaricare l’aggressività), poi tornando passivo e fatalista, che era il suo atteggiamento dominante. Il senso era chiaro: io rappresentavo l’autorità, o meglio l’autoritarismo, quel Potere primordiale col quale tutti abbiamo fatto i conti e che ha lasciato segni in noi, ricordi, ma anche ferite, risposte di varia intensità, rabbia, paura, tristezza, ribellione, quando le nostre forze non erano ancora sviluppate e noi eravamo indifesi, e soli, e impreparati, e inesperti.

Terminato il lavoro siamo passati alla fase della verbalizzazione e delle condivisioni. Il conduttore ha fatto un’associazione tra il suo atteggiamento passivo, in alcuni momenti assente, straniato, e la sua infanzia, quando lui, ultimogenito di quattro fratelli, viveva protetto e isolato tra le braccia della madre mentre intorno a lui i fratelli e la sorella litigavano, si ribellavano, i genitori sgridavano, urlavano, ordinavano. Quel lasciare scorrere le cose, quel chiamarsi fuori dall’aggressività che imperava nel suo ambiente ha continuato a seguirlo e a condizionare le sue scelte. Fate quello che volete, diceva quando il maresciallo lo incalzava e lo minacciava per il timbro mancante, che significava anche fate di me quello che volete.

Le condivisioni hanno subito preso una direzione oggettiva, che per un po’ il conduttore ha tollerato: il fastidio per i controlli, il disprezzo per i finanzieri “che sono tutti corrotti”, il tormento di un fisco iniquo e ottuso, regole grottesche, insensate, per cui è comprensibile se non condivisibile che si evada e così via. Io sono intervenuto esprimendo disagio per questo atteggiamento che ho definito “all’italiana”: molte regole sono sbagliate, lo sappiamo, ma con questo scarso rispetto per la cosa pubblica e la propensione a fregare nulla potrà mai cambiare nel paese. Nulla potrà mai crescere.

A questo punto il conduttore ha raddrizzato la barra, riportando la discussione verso i temi che ci interessano, cioè i nostri atteggiamenti, le nostre risposte alla vita. Crescere: i genitori non possono pretendere che i figli crescano, e migliorino, senza una guida. Un genitore non può intimare a suo figlio: ora devi risolvere i tuoi problemi, ora devi eliminare le tue contraddizioni, devi diventare perfetto. È l’esempio che conta; è il comportamento del genitore che favorisce la crescita, perché lui è la guida, e non può esistere sviluppo senza una guida etica, rispettosa e rispettabile.

D’un tratto ho avuto un flash intenso. Una luce abbagliante. Crescita. Non si parla d’altro in questo periodo. È la parola d’ordine del governo dei banchieri che sta mettendo a ferro e fuoco il paese. Un governo – una guida – che si presenta al popolo con l’indice puntato e intima: ora voi dovete pagare. Pagare tutto e per tutti. La crisi è molto grave, c’è il rischio del fallimento, ma noi non paghiamo niente. Noi non c’entriamo con voi. Noi siamo altro. Noi siamo gli intoccabili.

Si dice che una classe dirigente, un governo – una guida – è l’espressione di una cultura popolare. Ma un popolo non cresce solo con se stesso, senza una guida credibile. Il nostro paese ha un passato di terra divisa, spartita tra signori, papi, re e reucci, una dittatura fascista che l’ha portato alla rovina e alla tragedia, cinquant’anni di dominio democristiano all’insegna del bizantinismo e della falsità, dove per comunicare una cosa si affermava il suo contrario, quindici anni di un grottesco sultanato nel quale è stata esaltata la disonestà, la condotta mafiosa, il vilipendio della Costituzione nata da una dura guerra di liberazione.

Oggi un popolo storicamente educato da secoli di esempi negativi, che non ha avuto la possibilità di creare un’idea di stato e di comunità, assiste per l’ennesima volta alle performance di una casta di potere blindata nel suo privilegio che si permette di decidere sulla lunghezza della vita lavorativa altrui. Si obietta che riducendo lo stipendio, il rimborso spese, il vitalizio dei parlamentari (realmente, non il gossip mediatico su 1.300 euro lordi) non si coprirebbe certo il mostruoso buco in bilancio. E quindi si continua così, con una casta che mentre favorisce se stessa e la propria intoccabilità impone sacrifici pesanti agli altri in nome della crescita. Di fatto col suo esempio dice, con parole apparentemente contrarie che evocano “rigore” ed “equità”: invidiateci, imitateci, imparate a fare i furbi, a disprezzare il vostro prossimo, a calpestare i deboli e a nutrire i ricchi. Noi siamo eterni, il nostro avvenire è fuori discussione, ma abbiamo l’idea fissa di favorire i licenziamenti facili, perché i diritti altrui sono merce di scambio, sono polvere. I nostri invece sono sacri. Il capo di un governo composto da superbaroni universitari inamovibili, che viaggiano da un incarico all’altro, si presenta per l’ennesima volta in televisione dove, con stile salottiero, definisce “monotono” il lavoro fisso, annuncia che i giovani devono abituarsi a cambiare, perché il posto fisso possono scordarselo. Come se parlasse ai rampolli privilegiati della sua personale élite, mentre sta umiliando chi il lavoro non solo non può cambiarlo, ma neanche trovarlo, anche a costo di appellarsi alla Madonna di San Luca per tutta la vita.

Questo è l’esempio per il paese, l’esempio per la crescita.

Questa è la guida.Una guida indegna di questo nome, guida al nichilismo e all’egoismo.

Guida di uomini di paglia, di uomini di niente.

(Immagine: J.M. Nattier, “Jean-Baptiste Colbert”, 108×113 cm, olio su tela)

Area ex Enel, Milano

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INVITO PER CONFERENZA STAMPA
Area ex Enel, Milano

Dopo il dibattito aperto sui giornali nazionali e cittadini, e nel web, circa la costruzione di un edificio di 9 piani destinato ad albergo, un nuovo insediamento abitativo di 9 piani, e il museo dell’ADI, con gli interventi di Belpoliti, Biondillo, Biraghi, Molinari e Marone, e con le risposte, fra le altre, del Sindaco Pisapia e dell’Assessore all’Urbanistica di Milano, Lucia De Cesaris, viene presentato l’appello firmato da 100 intellettuali, artisti, scrittori, architetti, imprenditori, ecc. milanesi, e non solo, diretto al Sindaco per rivedere il progetto di intervento edilizio nell’area prospiciente il Cimitero Monumentale, e nelle vie Bramante e Procaccini.

L’appello è firmato da persone come Gherardo Colombo, Luigi Brioschi, Marco Travaglio, Salvatore Settis, Mario Botta, Joseph Grima, Gabriele Basilico e molti altri.

Oltre all’appello verrà anche presentato un documento che riassume le questioni procedurali, e di sostanza, che sono implicate da questo intervento urbanistico e che hanno ispirato un ricorso al Tar da parte degli abitanti della zona.

Cosa ci guadagna e cosa ci perde la cittadinanza da questo intervento?
Perché è stato fatta una variante al PGT per dar corso con urgenza a questo intervento? Si tratta di un piano urbanistico d’interesse generale per la città o piuttosto di un’impresa immobiliare privata? Perché costruire dentro la zona di rispetto del Cimitero Monumentale, in uno dei luoghi rilevanti della città? Nelle procedure avviate dagli uffici comunali ci sono contraddizioni ed errori?

Nella volontà di sollecitare un ripensamento sul progetto dell’area ex Enel, il gruppo dei promotori dell’iniziativa invitano stampa, radio, televisioni, siti web, a partecipare alla conferenza stampa, un momento per allargare l’informazione sull’intera questione e per offrire un’occasione di discussione e di democrazia partecipata all’intera città.

Marco Biraghi, Marco Belpoliti, Gianni Biondillo, Luca Molinari, Roberto Marone, Alberto Saibene

(altre informazioni sulla questione reperibili in: http://areaxenel.com)

Martedì 7 febbraio alle ore 11.00
c/o Careof-DOCVA,
Fabbrica del Vapore,
via Procaccini n. 4 20154 Milano

Histoire d’I. FRANCESCO D’ISA

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di Orsola Puecher
I. di Francesco d’Isa, ed. Nottetempo 2011, come si evince dall’articolo determinativo strano, ma non singolare, che ne costituisce il titolo è un libro plurale.

Di cosa scriviamo quando scriviamo di crisi. Breve saggio.

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[Pubblico questo saggio che trovo di grande interesse. Affronta un problema cruciale, ma del tutto sottovalutato, che è quello delle forme di narrazione in grado di costruire un’immagine accessibile, davvero pubblica, della crisi finanziaria, mobilitando immaginazione e affetti, oltre che pretese contabilità economiche e imperativi politici. In un mio articolo apparso anche qui, facevo sopratutto riferimento a forme di narrazione audio-video tipiche del documentario. Caminiti prende invece in considerazione un ampio spettro di letteratura di finzione. ]

di Lanfranco Caminiti

* Nella Compagnia degli uomini, Edward Bond, drammaturgo inglese, mette in scena il conflitto tra padre e figlio nella cornice di uno spietato gioco di finanza.

“Alfabeta2” n° 16 è in edicola e libreria

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Il numero 16 di “alfabeta2”, febbraio 2012, è in edicola ed in libreria.

Nelle stesse ore in cui Julian Assange si dispone ad affrontare una possibile estradizione in Svezia, alfabeta2 presenta una intervista all’inventore di Wikileaks. A farlo parlare dei suoi progetti e della sua visione del mondo è Hans Ulrich Obrist, che riesce a strappare a Assange una riflessione piuttosto imprevedibile: sotto alcuni aspetti, tutt’altro che secondari, Internet rappresenta una regressione rispetto alla carta stampata.

Wislawa Szymborska [1924 – 2012] SFORMICARE

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“Per l’ironica precisione, che permette al contesto storico e biologico di manifestarsi in frammenti di verità umana.”

senatore e ladro

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«Tra questa nuda e tristissima copia

correan genti nude e spaventate,

sanza sperar pertugio o elitropia:

con serpi le man dietro avean legate;

quelle ficcavan per le ren la coda

e ‘l capo, ed eran dinanzi aggroppate.»

Così Dante (Inferno, XXIV, 91 – 96) sistema i ladri, tanto per dire che neppure lui ne aveva una grande considerazione, semmai aveva più riguardi per i lussuriosi, vedi Paolo e Francesca).

Dresden Story

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Da il Reportage n.9, gennaio-marzo 2012

Nel “mattatoio” di Dresda (con lo sguardo di Vonnegut)

di

Francesco Forlani

La prima immagine è quella di “Accattone”. Perché la scena finale è stata girata sul Ponte Testaccio, spalle al mattatoio. Tempo fa mi sono infilato nella vecchia struttura del macello e ho seguito con gli occhi il percorso che facevano gli animali appesi ai ganci, probabilmente urlando o tacendo. La riflessione è su come un luogo possa custodire la memoria della sofferenza, conservare le grida o il silenzio.

Nuovi autismi 14 – Gli scrittori

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di Giacomo Sartori

Gli scrittori sono dei gran bastardi e dei figli di buona donna, è risaputo. Se c’è una categoria che estrinseca gli istinti più bassi e l’intera nefandezza della specie umana, è proprio quella. Subito dopo i perpetratori di genocidi e i serial killer e gli stupratori di minorenni, vengono loro. Uno scrittore per definizione cova con tetra cupidigia il proprio successo immediato, o se va bene la gloria futura, e di tutto il resto non gli importa niente di niente. O meglio, per il successo immediato o la gloria futura è pronto a vendersi la madre, a recidere le carotidi delle sorelle, a pugnalare in piena pancia i figlioli. I familiari e gli amici più cari attorno a lui possono patire atroci dolori, dissanguarsi, suicidarsi, tutto ciò per lui è solo una inopportuna seccatura, un’enorme perdita di tempo. Quello che gli preme è poter tornare a scrivere senza che nessuno gli rompa l’anima, o anche solo andare a verificare l’andamento delle vendite dei suoi libri. I familiari e gli amici più cari sono per lui limoni da spremersi fino a che non rimane più nemmeno la buccia, perché nei suoi libri qualcosa deve pur metterci, e il materiale che ha sottomano è quello. Per uno scrittore un bambino che piange è solo una fonte come un’altra di inquinamento acustico, un vecchio che suppura un’immagine che può tornare utile, una carneficina raccapricciante una simpatica idea suscettibile di fornire una riuscita paginetta. Non sto dicendo naturalmente che i grandi scrittori, che sono notoriamente molto rari, non abbiano cuore, perché anzi ne hanno uno grandissimo, davvero enorme, spesso al servizio di una palpitantissima sensibilità, altrimenti non sarebbero imponenti scrittori, solo che tutto il loro immenso cuore finisce stampato nelle pagine, e per la vita di tutti i giorni non rimane più niente. Nella loro vita quello che conta è occuparsi del parto e del destino dei propri scritti, a costo di qualsiasi cedimento e compromesso, qualsiasi infedeltà. I più volonterosi provano un pochino a conformarsi, almeno per quanto riguarda le apparenze, fingono insomma di vivere, gli altri non ci provano nemmeno. Spesso ai famigliari e agli amici non resta appunto che sopprimersi, come dimostra l’altissimo tasso di suicidi tra i figli degli eccelsi scrittori. Io me ne sono accorto subito: il primo romanziere che ho conosciuto, che aveva un naso da uccello rapace e occhiali da ipermetrope, mentre preparavo la tavola in giardino ha inchiodato mia moglie in cucina, a freddo, e cincischiando con il suo naso e i suoi occhiali da ipermetrope ha cercato di baciarla appassionatamente. Certo se non fossi arrivato per prendere la carbonella l’avrebbe stuprata e forse anche trucidata. Per fortuna mia moglie non me l’ha detto subito, altrimenti lo avrei arrostito assieme alle salsicce, lui e il suo naso. Il secondo scrittore che ho conosciuto mi ha rubato i calzoni. Saltando addosso alla vicina di tavolo, che questa volta per fortuna non era mia moglie, si era fatto una vistosa macchia sui suoi, e io ho commesso la leggerezza di proporgli di prestargliene un paio, visto che avevo a portata di mano il mio borsone: più rivisti. Il terzo, noto per i suoi scritti pessimisti e nichilisti, martirizzava l’eroica moglie che lo manteneva e lo accudiva giorno e notte e gli instillava le idee per i suoi libri, umiliandola e dileggiandola in pubblico. Ma è inutile continuare, sono cose risapute. Quello che si dice meno è forse quanto gli scrittori siano invidiosi uno dell’altro: quando si parlano stringono gli occhi per carpirsi vicendevolmente informazioni, e soffrono orrendamente appena fiutano sentore di successo altrui. Se a uno gli va bene l’altro sfrigola di invidia, e dall’invidia che prova lo stecchirebbe seduta stante, se solo servisse a qualcosa, e non a aumentare ancora la sua notorietà. Ma non bisogna pensare che sia solo un effetto del cinismo dei tempi, o della mondializzazione letteraria: è sempre stato così, e probabilmente sarà sempre così. Pare che già gli scribi egiziani si girassero alla larga uno dall’altro, e quando ciò non accadeva venissero quasi sempre alle mani, come due galli nello stesso pollaio. Del resto non bisogna immaginarsi eroiche e ardimentose tenzoni, più spesso si tratta piuttosto di meschinità da asilo di infanzia. Una volta per esempio sono stato invitato a una televisione belga assieme a una scrittrice ispanofona mondialmente famosa. Prima della trasmissione la scrittrice ispanofona mondialmente famosa mi parlava con beccheggiamenti concitati del capo e sorrisi di bambina piccola, a dispetto dell’età avanzata: chiaramente era assai agitata, e le faceva bene parlare con me, voleva che la rassicurassi, come succede appunto agli scolari prima di un compito in classe. Mi sembrava evidente che le stavo proprio simpatico. Poi però durante tutta la trasmissione televisiva ha parlato solo lei, senza più alcuna trepidazione, e anche il presentatore sembrava ritenere normale che pontificasse da sola, vista la sua fama mondiale. Mettendo lì tra le altre cose un paio di considerazioni sul Belgio che le avevo insinuato io. Il mattino dopo l’ho incrociata nella hall dell’hotel, e mi ha guardato come si guardano le persone che proprio non ci si ricorda chi sono. Se uno scrittore mi propone di mangiare assieme, o insomma manifesta qualche segno di amicizia, io faccio finta di non cogliere. Dico che ho un impegno urgente, o che il mio gatto sta un po’ male, e me la do a gambe. E a scanso di equivoci dopo i dibattiti me la squaglio senza salutare nessuno. Soprattutto quando si tratta di buoni scrittori: tra quelli mediocri o pessimi invece qualche residua briciola di umanità talvolta la si può ritrovare, cercando bene. Non saprei dire però se sono peggio gli scrittorini di provincia o gli scrittori conosciuti. I piccoli scrittorini hanno il vizio di appiopparti i loro scritti illeggibili, ma la loro vanità ha un qualcosa di intonso e adamantino, di innocente, di arcaico: per certi versi è struggente. Quelli conosciuti invece ti guatano con occhi di ghiaccio, stremati in realtà dallo sforzo di dover nascondere la sete di indizi di encomio e riconoscimento, dei quali hanno bisogno come i pesci dell’acqua. Gli scrittori che hanno finalmente conseguito il successo che anelavano consumano le loro esistenze andando in giro a presentarsi a destra e a manca. Scendono dal treno o dall’aereo e si recano nella biblioteca o nella sala dove si svolgerà la presentazione, ascoltano con una espressione di sofferta modestia i complimenti del presentatore, con parole concentrate spiegano alle anziane signore presenti perché hanno scritto quel libro e cosa vuol dire, rispondono con pause pregnanti e occhi condiscendenti a qualche domanda che non c’entra niente con quello che hanno detto e con il libro, firmano le copie di chi decide di comprarlo, vanno a cena con gli organizzatori, i quali cercano di appioppargli i loro dattiloscritti, ascoltano querimonie riguardanti il taglio dei fondi destinati alla cultura o altre beghe locali, si fanno riaccompagnare in albergo, dove solo di rado amoreggiano con un occhialuto addetto culturale. Poi il giorno dopo riproducono la stessa farsa in un’altra città: ascoltano con l’identica faccia crocefissa altri complimenti, spiegano di nuovo ad altre anziane signore perché hanno scritto quel libro e cosa vuol dire, rispondono a altre domande che non si sa da dove cavolo saltino fuori, firmano altre copie con le stesse dediche, ascoltano analoghe lamentele e invettive da analoghi organizzatori, intascano analoghi libri pubblicati a proprie spese e analoghi manoscritti. A forza di frullare a questo modo molti scrittori finiscono per pensare che il mondo sia quello, lo si capisce dai loro nuovi testi. Pochissimi altri continuano invece a infilare imperterriti le loro perle sulla carta, ma non si capisce che rapporto abbiano queste ultime con le loro mimiche opache dietro ai microfoni, con quelle loro parole tese e approssimate, con quella loro malinconica urgenza di manifestarsi in pubblico. Ma stiamo parlando degli scrittori realizzati, i pochi fortunati. La maggior parte macerano piuttosto a fuoco lento nelle frustrazioni, accumulando risentimenti e asti, anelando riconoscimenti che mai potranno essere bastevoli, e soprattutto sfogando sui loro prossimi le rabbie e gli inappagamenti. E senz’altro andrebbero pensate delle norme legali per tutelare questi poveri innocenti, andrebbero previste delle strutture di aiuto e sostegno.

(Immagine: E. Nolde, “Pferd”, xilografia, 15,2 x 10,4 cm, 1910)

 

Zona Rossa

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di Alessandro Chiappanuvoli

Avete presente una di quelle serate in cui siete talmente fuori che il giorno dopo ricordate un decimo di quello che avete fatto? Quelle serate in cui vivete d’improvvisi flash che s’incastrano a fatica tra le immagini velocizzate della mente? Flash nei quali per un attimo appena recuperate coscienza di voi stessi e realizzate, cazzo realizzate che state vivendo uno dei momenti che vorreste ricordare per sempre nella vostra vita e gioite e i polmoni si riempiono di aria buona e vi sentite di esplodere, ma ce la fate a malapena ad accennare un sorriso ebete? So che avete presente di quali sere sto parlando. Per me ieri sera è condensato nell’immagine delle mie mani che si strusciano tra loro nel mezzo dei suoi seni.

LINNIO ACCORRONI “ricci

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Crimini di pace 1.7 Istrice 1.1 Prima della curva, sparpagliati per terra, tanti aghi bianchi e neri, lunghi e scomposti.

L’invisibile e l’astratto

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(19 marzo 2002)

di Jacopo Galimberti

Chissà cosa dicono oggi, chissà
i 40.000 quadri Fiat che nell’80 a Torino
con un silenzio pio rimbeccavano
il casino operaio. Forse sono le nonnine generose
o i padri pazzi di quei 40.000 laureati
che ogni anno.

Dove leggere un ebook

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Due anni fa ho comprato un dispositivo per leggere ebook (reader, d’ora in poi) e da allora mi sono sentito dire sempre che “Eh, ma ce ne sono ancora pochi in giro, la gente ancora non li compra perché [frase a caso].” Sono stati due anni di letture appassionanti, ed ora mi è venuta voglia di controllare quanti sono i dispositivi su cui qualcuno, magari proprio chi diceva “Eh, ma ancora non siamo pronti…” può leggere un ebook, se vuole. Questa è la mia personale ricognizione, a cui se vuoi puoi contribuire.

un reader piccolo: Bokeen bebook Mini 5"Questo è un Bebook mini, reader piccolo preso due anni fa. Ha lo schermo e-ink, non illuminato e leggibile accanto alla lampada del comodino o sotto l’ombrellone. Lo schermo è di soli 5 pollici in diagonale, di sfondo grigino tipo carta riciclata, buona leggibilità generale. Attualmente contiene qualche centinaio di libri e riviste, nella memoria interna e nella scheda sdhc.

un ottimo ereader: l'Opus Questo a destra è un altro reader di piccole dimensioni, il Cybook Opus di Bookeen, a lungo uno dei migliori lettori in circolazione per prezzo, leggibilità e maneggevolezza. Come il precedente legge numerosi formati tra cui l’epub, che è il principale standard per gli ebook

il Kindle di AmazonAmazon da novembre 2011 vende in Italia il Kindle più semplice della sua linea: piccolo e maneggevole, schermo da 6 pollici molto confortevole e chiaro, ottima resa tipografica, navigazione e lettura facili, veloci, intuitive.

Il suoi pregi più rilevanti sono la grandezza dello schermo, ampio ma tascabile; l’ergonomia e la velocità di sfoglio e navigazione;il negozio Amazon integrato e l’invio di libri via email. Il difetto maggiore è che non legge gli epub ma solo i mobipocket ed il formato proprietario con DRM

Questi qui descritti sono solo alcuni esempi di dispositivi per la lettura di ebook ideali, pensati cioé per leggere nel migliore dei modi, su schermi riposanti e nitidi anche sotto la luce forte del sole, con batterie che durano settimane e una semplice porta USB per caricarci su i libri.

Cosa fare per leggere comunque, approfittando di quel che si ha sottomano? Telefonini e riproduttori di musica hanno spesso un lettore di ebook integrato.

iPod AppleQuelli di marca Apple, come iPod ed iPhone, hanno un buon lettore nativo di libri detto iBooks che si installa tramite l’AppStore. Legge gli epub decentemente, seppure con una interfaccia grafica leziosa che mima l’aspetto di uno scaffale di legno e di un libro di carta, un po’ come le prime automobili mimavano le carrozze, senza cavalli.

iBooks su iPodLa lettura è accettabile considerato il piccolo schermo, il potenziale di lettura è immenso per capacità e maneggevolezza. Essendo degli oggetti chiusi e proprietari, i libri si caricano via rete (per esempio Dropbox) o con il loro software dedicato.

Sempre riguardo iBooks, merita un discorso a parte il tablet iPad su cui iBooks visualizza libri in grande formato. La lettura di ebook su iPad soffre dell’affaticamento visivo dovuto allo schermo luminoso e non ha la maneggevolezza dell’iPhone; va bene per materiali ricchi di immagini e link in rete, ma sul testo puro è un ripiego.

iPadLa reale utilità dell’iPad è per la presentazione di ebook a un pubblico: per chi non ha mai visto un ebook in vita sua la carrozza senza cavalli libreria e le pagine sintetiche di iBooks hanno una grande forza comunicativa, permettono di afferrare ed apprezzare le caratteristiche di un ebook: impaginazione dinamica, navigazione ipertestuale, indici, ricerca a testo libero etc.

Infine si può leggere sul proprio computer:

Calibre è un programma open source per organizzare la propria libreria di ebook, convertirli tra formati e leggerli a schermo; per Windows, OSX e Linux.

Adobe Digital Editions legge e organizza il formato epub, al momento è il visualizzatore standard di questo formato. Per Windows e OSX.

Kindle è anche un software di lettura per Windows, OSX, iPad/iPhone/iPod e Android. Permette di leggere i file proprietari Amazon, mobipocket, e si puà collegare al proprio account Amazon.

Non ho informazioni di prima mano e foto sui telefoni Android, sui telefoni con Windows Phone come il Nokia Lumia, sui palmari più o meno vecchi: se vuoi contribuire nei commenti con informazioni e fotografie sulle tue abitudini di lettura la cosa è assai gradita!

Da “Di fronte al pubblico”

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di Martina Evans

Traduzione di Daniela Sandid

IL RAGAZZO DI DURRAS

Sì, è così, i Tans prendevano i bambini
e tu sai bene perché, no?
Cercavano informazioni.
Ora ti dirò qualcosa in segreto
e qui in giro non troverai nessuno
che te ne parli. No, non aprirebbero bocca.
Nei dintorni di Durras fu preso un ragazzetto.
L’avevano mandato fuori dalla casa.
Direi che aveva appena dodici o tredici anni,
non di più, l’avevano mandato alla bottega per delle commissioni.
E i Tans lo presero, gli dettero un passaggio fino alla bottega.

Incontinental Jazz

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 “Misterioso intrigo Ascoltando Coltrane”

di

Franco Bergoglio

 

Risuonano le note di Misterioso e ogni volta, sollecitato dai trilli di Monk, un ignoto assassino seriale prova il raptus omicida. Salto spazio-temporale: il sassofono di Coltrane si spande nell’aria e un giovane pittore viene sopraffatto dalle premonizioni che porteranno a rivelare (e poi a smascherare, Ça va sans dire) un truce delitto. La musica come “chiave di s/volta” per risolvere due indagini complesse. Ambientazioni diverse, o forse neanche tanto: una Torino rinnovata dopo le Olimpiadi invernali del 2006, ma pur sempre sabaudamente inquietante per “Ascoltando Coltrane”, una Stoccolma avvolta in uno strano anticipo di primavera per “Misterioso”.

Thriller moderni dove il jazz, incurante delle mode, risuona dalla prima pagina all’ultima; fin dal titolo. Due protagonisti diversissimi: in un caso un poliziotto svedese in crisi esistenziale ma duro come quelli americani, di nome Paul Hjelm; nell’altro Pietro Jackson, giovane pittore anglo-torinese, dotato di poteri sensitivi.

Due casi altrettanto diversi: da una parte una serie di omicidi che lasciano prefigurare un intrigo internazionale, un complotto ordito da una  società segreta o forse dalla mafia russa dove sono coinvolti personaggi in vista dell’economia svedese. Dall’altra un giallo tutto cittadino che intreccia i destini della agiata borghesia torinese del centro a quelli della nuova ondata migratoria che ha interessato alcuni quartieri della periferia, con filo conduttore (forse) la droga.

Ovviamente entrambi i romanzi non deludono per suspence e queste premesse portano a un finale rovesciato: il movente più ovvio non spiegherà i delitti…ma la musica darà in ogni caso il suo decisivo contributo alla soluzione del mistero.

E poi la prova finale del legame indissolubile tra i due libri, quasi una chiamata alla correità: Monk e Coltrane, si conoscevano. Testimoni dalla lingua sciolta li hanno ripetutamente visti suonare insieme negli anni Cinquanta. Qualcuno li ha anche registrati, da qualche parte si trovano i dischi.

Basta avere la soffiata per frugare nei luoghi giusti…

 

Documenti del fascicolo top secret:

Arne Dahl,

   Misterioso,

Venezia, Marsilio, 2009

 

    Patrizia Valpiani,

    Ascoltando Coltrane,

Rivoli, Neos Edizioni, 2010.

 

 

 

     Thelonious Monk,

     With John Coltrane,

New York, Riverside, 1957.

 

 

 

 

Thelonious Monk

Quartet with John Coltrane At Carnegie Hall,

1957, New York, Blue Note, 2005.

Institutional Critique

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Si chiama Institutional Criticism la critica delle istituzioni artistiche come pratica artistica, rivolta di solito a musei e gallerie.

I. C. apparve  nei tardi Anni Sessanta, quando gli artisti cominciarono a creare opere in risposta alle istituzioni che acquistavano e esibivano il loro lavoro.

Una piccola tabaccheria. 4

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David Dabydeen

Turner

I dream to be small again, even though
My mother caught me with my fingers
In a panoose jar, and whilst I licked them clean
And reached for more, she came upon me.

Irpinia tumefatta

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di Franco Arminio

Caro Latouche,

quando ero bambino aspettavo con ansia la neve. Ero, come tutti i bambini, desideroso di non andare a scuola. Il mio maestro non era un tipo mite, ma a quei tempi era normale che un maestro maltrattasse i suoi allievi. E allora la neve era una delle poche speranze che avevo, oltre alle malattie, per non andare a scuola. Quando nevicava c’era un altro motivo per cui ero contento. La neve bloccava quel poco di vita motorizzata che c’era nel paese. Mi piaceva che la vita si fermasse, perfino il fatto che andava via la corrente mi dava una certa esultanza, perché con la corrente andava via la modernità. Niente televisione, ma chiacchiere e partite a carte davanti al fuoco.

Machina de mesura daa palla. Mode d’emploi

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di Francesco Forlani
Quando su Anobii legeti de lectrice che vutava Les Fleurs du mal de Baudelaire con una estela seule (dee cinque à ispusizion) pensè tra mico et mico que todo cotest mica se sarebbe averato si l’existeva na machina de mesuraziun de ses capacitad de judicio et de cumpete. E accusì m’enventai de dimandar all’artizan sotocasa, er Francùn, de construir aparecio de strumentaziun de mesuraziun daa palla. Isto aparecio est simples à utilisarse.

Nazifascismo e omosessualità

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di Gianfranco Goretti

Io sono un insegnante di sostegno, lavoro in classi in cui sono inseriti alunni con difficoltà di apprendimento. Anche in virtù di questo vorrei ricordare che il primo grande sterminio nella Germania nazista iniziò nei manicomi psichiatrici, con l’uccisione di 70.000 adulti e bambini disabili, gasati e bruciati. Quindi vorrei porre una domanda: chi è un omosessuale? Ripensate alla storia – del corpo, della sessualità, dell’amore, degli affetti, ma anche alla storia sociale in genere – e vi accorgerete che non esiste una definizione applicabile a tutte le epoche storiche. In altri termini, la persona omosessuale non è “catalogabile”, non è “spiegabile” in base a una sua astorica omosessualità.