Si pubblicano due componimenti tratti da: Maxime Cella, Dieci poesie, con una nota di Rodolfo Zucco, Edizioni del Tavolo Rosso, maggio 2011.
Noi non abbiamo guerre
né tempi di necessità
e se pure si cova ancora amore
è coda di lucertola il suo disperdersi. Effacez, effacez vite incalzava il maestro e questa
nostra è neve d’accatto, oblitera le forme sperando
di sfondarle
Strali a dar fiato e nulla più si dirà
ma giunti al fondo invece? quel giorno
il sole tramontò come previsto, geni-smeraldo
intatti da intuizione e la trama del leone
ormai piegato dall’avanzo-arretro
I blattoidei sono un ordine di insetti comunemente noti come blatte, scarafaggi o faluche. L’ordine comprende oltre quattromila specie, divise in sei famiglie. Si annidano nella notte, in posti umidi, si cibano di sostanze derivate dai nostri alimenti, generalmente quelli scartati che vanno a comporre l’umido, qualità della mondezza al centro di recenti attenzioni.
Sono due notti che gruppi guardinghi di questi insetti corazzati convergono nel vico d’Afflitto, una delle “microarterie” che dai Quartieri Spagnoli sfociano in via Toledo, il salotto buono della città.
Sono convinto sia profondamente sbagliato sottomettersi alla logica dell’audience che vuole sia la quantità di vendite a fare da amplificatore di una verità scritta nero su bianco. Solo se uno scrittore, un giornalista, un regista, un attore sono già arrivati a tantissima gente allora fa comodo ai grandi giornali o alle tv parlare di ciò che essi dicono nelle loro opere.
No, ciò che un libro, un’inchiesta giornalistica, un documentario, uno spettacolo teatrale, anche solo un articolo di cronaca giudiziaria racconta sta prima di quanto ha venduto. Bisognerebbe considerare l’oggetto e non il consenso che ne deriva e in quale quantità.
L’11 maggio 2011 è partito il maxi processo alla ‘ndrangheta in Lombardia, diviso tra rito abbreviato e rito ordinario (questo celebrato nell’aula bunker di via Ucelli di Nemi, a Ponte Lambro), sèguito delle maxi operazioni – Crimine e Infinito – di luglio 2010, in cui furono tratti in arresto più di 300 affiliati tra Lombardia e Calabria.
Un maxi processo di mafia è già di per se un evento che è necessario raccontare, far sapere ai cittadini. Un maxi processo di mafia al Nord, in Lombardia, il cuore economico del Paese, lo è ancora di più.
Ma così non è stato, non se ne sono occupati i telegiornali, nemmeno i giornali nazionali.
E’ uscita in questi giorni la terza parte di questa interessantissima serie di documentari sul concetto di remix del film maker newyorkese Kirby Ferguson. Se ne prevede una quarta.
Il remix è termine in origine musicale, che indica versioni alternative di una canzone originale e suo riutilizzo intenzionale in contesti diversi. Con la diffusione degli strumenti di editing e di montaggio digitale è ormai una forma creativa di facile accesso e diffusione planetaria molto popolare, che si allarga a comprendere la creazione artistica in senso lato.
E’ da poco uscito il libro di Arturo Mazzarella Politiche dell’irrealtà. Scritture e visioni tra Gomorra e Abu Ghraib (Bollati Boringhieri, euro 14). Esso mette in discussione dalle fondamenta la pretesa realistica di “dire la verità” sulla realtà. Il realismo è, per Mazzarella, letteralmente impossibile; ancorarsi alla realtà dei fatti è un’illusione. Lo è sempre stata, per la verità, ché costitutivamente la narrazione è artificio. Ma nella civiltà contemporanea facciamo quotidianamente esperienza di come l’immagine non sia un supplemento della realtà ma il suo principio costitutivo, di come ogni traccia non si esaurisca mai nella sua semplice evidenza, di come anzi “dobbiamo solo all’immagine la possibilità di attribuire un senso e di assicurare una permanenza al flusso di eventi che compongono la realtà”.
Questo articolo l’ho scritto all’indomani dell’incontro romano del 29 aprile. Ho atteso finora per pubblicarlo perché volevo proprio che questa riflessione su intellettuali e società arrivasse dal Sud, e più specificatamente, dalle colonne di un mensile come «i Quaderni de L’Ora», erede di una grande tradizione di impegno culturale e civile.
Quanti della generazione TQ si sono trovati a Roma il 29 aprile scorso ospiti della casa editrice Laterza a confrontarsi sui modi di acquistare credibilità sociale o rilevanza culturale – scrittori, critici, editor tra i trenta e i quaranta – hanno prima di tutto fatto i conti con la definizione che da tempo Antonio Scurati dà di questa generazione: una generazione figlia «dell’inesperienza», una generazione, come ha scritto Giorgio Vasta, «in attesa di un Godot epocale che li riscatti (consapevoli del fatto che se Godot non arriva è meglio)». Ed è proprio da qui che vorrei cominciare questa mia riflessione.
Il NTL (Nuovo Traduttore Letterario) e il Laboratorio Nuova Buonarroti – Quinto Alto
Presentano
VOCI LONTANE VOCI SORELLE, VOCI A FRONTE
…(rassegna internazionale di poesia e traduzione)
in collaborazione con:
ViceVersa Programm (Deutscher Übersetzerfonds, Bosch Stiftung)
Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia
Casa dei Traduttori Looren
Università di Bologna, Dipartimento Lingue e Letterature Straniere Moderne
Villa Romana , Firenze
Biblioteca delle Oblate, Firenze / Cooperativa Archeologia, Firenze
SNS – Sezione Traduttori
Comune di Firenze
21 GIUGNO / 6 LUGLIO 2011, FIRENZE BIBLIOTECA DELLE OBLATE. via dell’Oriuolo 26 / VILLA MORGHEN, via Feliceto 8, Settignano / VILLA ROMANA, via Senese 68
Quando ero giovane per un estate ho frequentato un mercato sul lago di Garda. Con il nostro banco di chincaglierie ci spostavamo giorno dopo giorno nei paesi del circondario. Se me lo ricordo come un periodo meraviglioso è perché il posto che ci era stato assegnato era proprio di fronte a un venditore di fazzoletti, un piccoletto coi baffi che aveva una particolarità: conosceva a memoria tutte e tre le cantiche della Commedia e tutto l’Orlando Furioso, oltre a una caterva di poesie, in lingua e dialettali. La sua tattica professionale non consisteva nel decantare la merce in vendita, bensì nell’attaccare già dalla mattina un canto dietro l’altro, con grande stile interpretativo, e così faceva grandi affari.
Risalendo un po’ indietro, non è forse Rousseau a raccontare l’abitudine dei gondolieri veneziani di recitare intere stanze dei poemi cavallereschi mentre remavano? E il Foscolo non scrive dei forzati di Livorno che cantavano, tornando dal lavoro, le litanie dei crociati dal canto XI della Gerusalemme Liberata?
I new media hanno sicuramente rivoluzionato il rapporto tra lettori e libri, più particolarmente la comunicazione che di essi se ne fa, scavalcando tutta la corte di mediatori fino ad allora imprescindibili per la vita di un libro, ovvero i giornali e la i critica letteraria. Dopo la dittatura del mercato ci stiamo avviando verso quella del lettore “inesperto”?. Così viene annunciata la couleur dell’incontro che avrà luogo questa mattina al Ciorcolo Arci Bellezza. (vd Programma ) Saverio Simonelli ci ha mandato alcune note sulla questione.(effeffe)
Web e libri: cercansi mediatori autentici
di Saverio Simonelli
Internet ci rende stupidi? L’interrogativo che è il titolo di un recente saggio di Nicholas Carr (Raffaello Cortina editore, 2010) fa bene il paio con questo legittimo timore espresso nel tema del nostro incontro e che cioè sul web una “dittatura dell’inesperto” possa sostituirsi a quella della critica nel rapporto di fruizione tra libro e lettore. La tesi di Carr è nota: questo paventato istupidimento sarebbe l’inevitabile approdo della crisi del pensiero lineare, quello che per successive deduzioni procede da una premessa ad un esito altrettanto logico. Tra i tanti esempi a corredo della tesi il più eloquente è quello cui sono stati sottoposti negli USA 6000 studenti di college: una telecamera ha meticolosamente seguito il loro sguardo di fronte a una pagina web rilevando come l’occhio non proceda più nella maggioranza dei casi da sinistra a destra ma vada praticamente a zonzo sullo schermo, attratto da immagini, testo, suoni in maniera assolutamente incontrollata e casuale.
Esiste un’Italia di cui si parla spesso, ma per la quale – finora – si riesce a far poco. Un’Italia fatta di persone che vivono le normali ambasce quotidiane con un’inquietudine in più: quella di non potervi far fronte. A questa Italia, denominata precaria, eppure spesso innominabile, costretta negli spazi angusti delle statistiche, dei dati calcolati in percentuale, si è oramai attribuito uno statuto ontologico, o una preesistenza così arretrata e remota da non sapere quasi più quando sia cominciata (figuriamoci poi quando dovrebbe finire).
La sperimentazione di questa realtà lascia ben poche persone vergini: c’è sempre un amico, un parente, un vicino, ci siamo noi stessi che firmiamo contratti che arriveranno a darci pane fino a un certo punto, e poi? La chiamano flessibilità, adesso, quella capacità di spolverare con una dose di stoicismo il rallentamento innaturale delle nostre vite, e devi stare attento: a guardare in prospettiva, a procreare prendendo le dovute misure (nonostante si continui a vivere in uno Stato fondamentalmente non laico).
17,00Il diritto alla bellezza. I diritti civili “positivi” del secolo presente
con Franco Buffoni, Andrea Inglese, Helena Janeczek
Il nuovo elemento introdotto dai nuovi diritti civili è la “bellezza”.
I diritti per cui lottammo nel secolo scorso erano diritti “negativi”: divorzio, aborto… I nuovi diritti sono invece vòlti alla bellezza, alla luminosità. Sono diritti “positivi”, come il diritto a nascere, il diritto ad amare, il diritto a morire con dignità.
18,30La narrazione e il trauma della realtà mancata
Con Daniele Giglioli, Andrea Cortellessa, Arturo Mazzarella, Bruno Pischedda, Marco Rovelli
Due saggi critici appena usciti (Senza trauma di Daniele Giglioli e Politiche dell’irrealtà di Arturo Mazzarella) mettono al centro della loro analisi sulla scrittura contemporanea la relazione problematica, e in qualche modo impossibile, con la realtà, requisita dall’immaginario. E’ possibile scrivere e riappropriarsi della realtà?
21,30Le storie in musica
incontro e set musicali con Alessio Lega e Marco Rovelli
Scrivere in musica la realtà: raccontare storie cantandole. Esiste un “canto sociale” in questo secolo? Intanto, nel decennale di Genova 2001, occorre anzitutto una descrizione di molte battaglie.
La complessità dei nostri pensieri è fortemente influenzata dalla lingua nella quale pensiamo ed ela-boriamo i dati della nostra esperienza. Non sto dicendo nulla di nuovo, ma probabilmente non ci ri-flettiamo abbastanza. A determinare la complessità del pensiero sono da un lato le risorse della lin-gua specifica – la sua ricchezza lessicale, le possibilità morfologiche, le volute sintattiche, la tradi-zione letteraria – e dall’altro le conoscenze individuali che della lingua si hanno. Quanto maggiori sono le possibilità della lingua – le sue capacità di astrazione, di precisione semantica, di individua-zione delle sfumature – tanto maggiore è la complessità di pensiero che essa consente. Ed è proprio la complessità del pensiero a determinare la complessità della realtà, che di per sé non è né semplice né complicata. Essa si limita a sussistere, non si ripensa, non è consapevole di sé. È l’uomo che, nel suo innato desiderio di interpretarla, ne determina i viluppi o le pervietà. Da un punto di vista emi-nentemente gnoseologico, la complessità non è una qualità del reale, quanto del pensiero e della lingua nella quale esso viene concepito ed espresso.
[oggi pomeriggio alle 15.30, alla Festa di Nazione Indiana faremo un Viaggio attorno ai libri di Arno Schmidt e Hans Henny Jahnn con Domenico Pinto e Francesca Matteoni. Letture di Camilla Barone, Lucia Mazzoncini e Agnese Donati. Qui di seguito una mia breve recensione del libro di Jahnn. G.B.]
di Gianni Biondillo Hans Henny Jahnn, 13 storie inospitali, Lavieri edizioni, traduzione di Elisa Perotti, 189 pagine
Hans Henny Jahnn è autore poco conosciuto anche nella sua stessa patria. Scrittura anomala la sua, fuori dal canone codificato della letteratura del Novecento in lingua tedesca, eppure autore di altissima qualità, tranquillamente accostabile ai più famosi monumenti letterari della prima metà del secolo. Solo che Jahnn è uno scrittore inospitale, come le storie che racconta. Anche per questo trovo l’idea di tradurlo, da parte di Lavieri, un atto di autentico coraggio che merita l’attenzione dei lettori.
Non fate i soliti intellettuali di sinistra che lasciano i figli alla bambinaia. Niente abiti eleganti e terrazze radical chic, da noi si festeggia, bambini compresi.
E domenica c’è il sole: si va al parco e facciamo una partita.
LE ATTIVITA’ PER L’INFANZIA PREVISTE ALLA FESTA
Sabato pomeriggio: 15.30 Laboratorio di scrittura creativa curato dai volontari de La grande fabbrica delle parole con la partecipazione attiva degli scrittori presenti alla festa.
Domenica pomeriggio: Laboratorio d’arte per bambini e per chi si vuole divertire curato da Marta Ferina di M-Arte
Venerdì 17 giugno
21.30 Up Patriots to arts! Amor patrio e lingua materna
con Stefano Zangrando, Igiaba Scego, Azra Nuhfendic.
Nota
di Stefano Zangrando
Se è vero che stiamo finalmente uscendo dall’incubo videocratico del “diciassettennio” berlusconiano, forse è anche ora di lasciarsi alle spalle alcune categorie e ghettizzazioni che, in questi stessi anni, hanno costituito il controcanto critico e progressivo ai pifferai del populismo xenofobo. Igiaba Scego e Azra Nuhefendic, per esempio, rappresentano senza dubbio quell’arricchimento della cultura e della letteratura italiana che è venuto negli ultimi decenni dalle grandi migrazioni. Ma a volte, come molte altre scrittrici e scrittori di origine straniera, hanno anche patito un’etichettatura che, oltre a valorizzarne l’operato, ha avuto l’effetto di relegarle in una nicchia, culturale e di mercato.
[Linguista e storico tra i più autorevoli della modernità, il prof. Noam Chomsky continua il discorso su cui avevo scritto a caldo un pezzo qui. Il pezzo è pubblicato sull’ottima rivista Internazionale, n° 901 del 10 giugno corrente. a.s.]
di Noam Chomsky
L’attacco statunitense del 1 maggio al comprensorio dove viveva Osama bin Laden, in Pakistan, ha violato molte norme del diritto internazionale, a cominciare dall’invasione del territorio di uno stato sovrano. Inoltre sembra che non sia stato fatto alcun tentativo di arrestare la vittima.
Dopo l’uccisione, il presidente statunitense Barack Obama ha detto: “Giustizia è fatta”. Ma molti non sono stati d’accordo, persino tra i più stretti alleati. Il giurista britannico Geoffrey Robertson, che era favorevole all’operazione, ha definito “un’assurdità” la frase di Obama, aggiungendo che un ex docente di diritto costituzionale come il presidente dovrebbe saperlo. Robertson ha inoltre fatto notare che il diritto pachistano e quello internazionale impongono che si apra un’indagine “ogni volta che un’azione del governo o della polizia causa una morte violenta”. Ma Obama ha preferito “una frettolosa ‘sepoltura in mare’ che non è stata preceduta, come prescrive la legge, da alcuna autopsia”.
Dal 29 giugno al 3 luglio 2011, a Sesto San Giovanni, nell’area un tempo occupata dalla Breda, va in scena la prima edizione del FESTIVAL MIXITE’ a cura della Compagnia Teatrale Dionisi, con la direzione artistica di Renata Ciaravino e Carmen Pellegrinelli: 5 giorni di spettacoli, concerti, incursioni, gastronomia, incontri, attività per bambini, pensieri eter|omo, transgender, femminini, carcerari, periferici.
“Mixité” è una parola francese che significa mix, mescolamento, miscuglio. E’ usata in differenti contesti (nella sociologia, negli studi sulla multi-etnicità, negli studi di genere, nell’urbanistica) come termine che indica “inclusione nella differenza” in opposizione alla separazione-segregazione.
Signori,
sono felice di potervi sottoporre all’attenzione la mia personale playlist. La sua elaborazione ha richiesto molti anni: di disco in disco, di concerto in concerto, il piacere sottile dell’ascolto mi ha spinto verso una quantità incredibile di suoni e di ritmi. È stata l’unica vera mia ossessione: ascoltare, ascoltare, ascoltare … Il mio corpo esigeva una musica.
Vengo da una condizione dove la musica era un lusso. In casa, l’unico disco disponibile era la colonna sonora di Zorba il greco, di Mikis Theodorakis; c’erano anche alcune audio-cassette di Maria Carta e di ballo sardo. Mio padre, operaio Fiat, tra le pause del lavoro ascoltava le musiche della tradizione sarda; mia madre, invece, come la maggior parte delle casalinghe, si limitava a quelle trasmesse dalla radio.
effeffeIl racconto di Sergio Baratto sulla prima tappa di Cammina Cammina è avvincente, ma mi piacerebbe cominciare dalla fotografia che lo documenta. Quella in cui si vede Antonio Moresco che cammina con la stessa sfrontatezza e libertà dell’anarchico di “Sarà una risata che vi seppellirà”, un’andatura “naturale”.
A differenza delle marce, dei cortei, delle sfilate, cammina cammina sembra suggerire infatti qualcosa di più naturale, perfino disteso. Tornare a fare delle cose insieme, in modo naturale, con i piedi per terra, ma con la gioia nel cuore.
Carla BenedettiCamminare è un’azione semplice, minima. Ma camminare per chilometri e chilometri attraverso l’Italia, “ricucirla con i nostri passi” – come dice lo slogan scelto per questa iniziativa – è anche una sfida ai propri limiti. Il corpo, per lo meno il mio, non è abituato a superare tali distanze senza mezzi di trasporto, perciò questo camminare assieme non è solo qualcosa di naturale, è qualcosa di più.