di Luca Alvino
La complessità dei nostri pensieri è fortemente influenzata dalla lingua nella quale pensiamo ed ela-boriamo i dati della nostra esperienza. Non sto dicendo nulla di nuovo, ma probabilmente non ci ri-flettiamo abbastanza. A determinare la complessità del pensiero sono da un lato le risorse della lin-gua specifica – la sua ricchezza lessicale, le possibilità morfologiche, le volute sintattiche, la tradi-zione letteraria – e dall’altro le conoscenze individuali che della lingua si hanno. Quanto maggiori sono le possibilità della lingua – le sue capacità di astrazione, di precisione semantica, di individua-zione delle sfumature – tanto maggiore è la complessità di pensiero che essa consente. Ed è proprio la complessità del pensiero a determinare la complessità della realtà, che di per sé non è né semplice né complicata. Essa si limita a sussistere, non si ripensa, non è consapevole di sé. È l’uomo che, nel suo innato desiderio di interpretarla, ne determina i viluppi o le pervietà. Da un punto di vista emi-nentemente gnoseologico, la complessità non è una qualità del reale, quanto del pensiero e della lingua nella quale esso viene concepito ed espresso.











