di Chiara Valerio
[Il 12 marzo ci sarà la manifestazione nazionale sulla/ per la/ della scuola, io ci andrò. Qui di seguito l’intervento che ho scritto per l’Unità e che è stato pubblicato il 4 marzo scorso]
Si impara prima della scuola, dopo la scuola, nonostante la scuola. Tuttavia purché questa esperienza comune non si trasformi in metafisica, la scuola deve esserci. L’articolo 33 della Costituzione stabilisce che Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato e che La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. Le scuole pubbliche rappresentano dunque lo standard educativo del nostro paese e la legge, stabilendo i diritti delle scuole non statali, stabilisce pure gli obblighi – esami di stato regolari, docenti pagati secondo un contratto nazionale, corrispondenza tra cattedra d’insegnamento e disciplina insegnata, buste paga reali. La frase La scuola pubblica non inculca, poi smentita e ritoccata, lungi dall’essere un giudizio sulla situazione della scuola italiana, è, come spesso accade al primo Ministro e ai suoi epigoni, pubblicità. Se non lo fosse terrebbe conto di quella parità per eccesso tra scuola statale e scuola non statale che, nell’articolo 33, è rappresentata dai diritti e dagli obblighi. Se non fosse pubblicità, inoltre, l’asserzione si presterebbe alla patologia del dettato costituzionale all’equipollenza: se la scuola statale non educa allora non educa neppure la scuola non statale.















