di Franco Buffoni
Grazie alla ricca famiglia in cui nasce, e soprattutto alle cure del padre, uomo di lettere di vastissima cultura, John Milton si trova già nell’infanzia a possedere sofisticati strumenti intellettuali per analizzare il passato classico greco-latino e la grande produzione letteraria umanistica europea del Cinquecento. Non procede in modo altrettanto precoce la sua maturazione umana con l’acquisizione di un sano equilibrio tra mente e sensi. Il giovane letterato si diletta pertanto a teorizzare la purezza delle virtù e degli ideali cristiani, ma contemporaneamente si sente precoce preda di un temperamento sensuale e violento.
L’esperienza matrimoniale, con la fuga della moglie dopo sei settimane, anziché sedare, scatena ulteriormente il conflitto portando alla luce una profonda e radicata misoginia. Il libello che Milton compone a favore della libertà di divorzio ne è chiara testimonianza. Tale libertà, infatti, richiesta persino per “incompatibilità di carattere” (il poeta letteralmente parla di “antipatia”) è a senso unico: solo appannaggio dell’uomo. Per Milton non è nemmeno ipotizzabile che una donna possa avere dei desideri di qualsiasi tipo. Non a caso, certamente, nel suo capolavoro maturo, Paradiso perduto, sarà Eva ad essere pesantemente dipinta in modo negativo; Satana apparirà come un principe e un grande guerriero, pur se spietato e cinico.












