[continua il dibattito iniziato con Pubblicare per Berlusconi di Helena Janeczek e proseguito con numerosi contributi sia in rete sia sui quotidiani e i settimanali nazionali. L’ultimo apparso su Nazione Indiana è Pubblicare per Mondadori? di Andrea Cortellessa.]
di Stefano Petrocchi
Sto seguendo con interesse il dibattito innescato su Repubblica dall’inchiesta di Massimo Giannini (19 agosto) e dal corsivo del teologo Vito Mancuso (21 agosto) sulla cosiddetta legge “ad aziendam”, che ha consentito alla casa editrice Mondadori di estinguere, in modo piuttosto vantaggioso per le proprie casse, un contenzioso ventennale con il fisco. Mancuso solleva un dubbio etico: è giusto pubblicare per un editore che approfitta di leggi promosse da un governo il cui capo è l’editore stesso? Molte risposte a questa domanda, contenute sia in interviste estemporanee sia in interventi più meditati, lasciano emergere tra osservazioni non sempre pertinenti un tema di grande rilievo: come percepiscono il proprio ruolo gli scrittori, specie in relazione a chi oggi organizza la produzione e la diffusione della letteratura (cioè gli editori)?










