Kon Satoshi 今敏, 1963 – 2010.
Alzare i tacchi
di Franco Cordelli
Il primo libro da me consegnato a Einaudi è del 1990, dunque fuori gioco. Ne ho pubblicati altri due, uno nel 1996 e uno nel 1999. In quegli anni al governo c’era il centro-sinistra. Credevo che Berlusconi fosse spacciato. Credevo che si sarebbe fatta una legge sul conflitto d’interessi. Più in generale, non avevo percepito la questione dell’opportunità di “lavorare” o meno per una casa editrice di un industriale – sceso in politica e già, fugacemente, primo ministro (nel 1994). Per me Einaudi e Mondadori erano ancora aziende simili alle altre, d’ogni natura (non credo che le aziende editoriali siano uguali alle aziende ortofrutticole: i libri non sono, come è stato detto, uguali ai pomodori). Presi coscienza del problema quando Berlusconi vinse le elezioni del 2001. Fu in quel momento, o poco dopo, che cominciai a pensare al libro che poi divenne Il duca di Mantova. Più quel libro prendeva forma, più si faceva strada nelle mie intenzioni l’idea che sarebbe stato anche un banco di prova. A quale editore migliore di Einaudi consegnare un romanzo in cui l’antagonista morale del narratore è lo stesso Berlusconi?
ELAINE FEINSTEIN
di franco buffoni
A Season in Vienna
The tram grinds on
wet rails around the
corners of brown
buildings.
Scatheless
visitors in a
cold rain we
float your
streets of plaster
frontage pitted
down to the
brick, in
a dark afternoon
the windows burning
bemused in
electric light.
Avventure 1 – Neve
di Giacomo Sartori
Gli aveva intimato di venire seduta stante. Ma lui non poteva muoversi subito, stava preparando un esame molto importante. Partì due giorni dopo in un molle vorticare di fiocchi. Lei venne a prenderlo alla stazione assediata da muraglie di sale ghiacciato, e per tutto il tragitto in autobus lo baciò sulla bocca sfregando il bacino contro il suo sesso. Aveva sempre dimenato come un serpente il bacino nervoso e sottile, in un certo senso quando era adolescente era la sua particolarità. Ma ora non voleva più provocare una bigotta città di provincia, e anzi sembrava indifferente che la gente dell’autobus li guardasse. Il ragazzo si vergognava della propria sacca da studente imbranato. Le scritte sui muri che vedeva sfilare con la coda dell’occhio inneggiavano alla creatività e all’anarchia,
Viola Amarelli GENERAZIONI
[ © ,\\’ ]
di Viola Amarelli
1943
L’afa e la noia del ritorno
a casa dopo la scuola
tra sassi e rovi, balzando
gamba a gamba di corsa
vecchio gioco, ortiche e uccelli
ramarri e fossi e l’aria
bassa. La fame, le scarpe
ormai preziose, i libri nati sciupati,
un altro giorno, muovere terra secca
polvere e foglie, al frastuono improvviso
la ragazzina alza la testa,
nuvole grigie e celesti insieme
il cielo si riempie ora di aerei, mai
visti tanti, vibra tutto intorno.
Fermarsi, attonita, gli occhi che
brillano tra le scie che ricadono,
lontano a valle nella città le bombe
e i botti, lontano la ragazzetta
sale su un masso per guardare meglio
pulsando il sangue come nei film
quando arrivano i nostri,
a valle nella città i morti che
lei non sa, non conosce, batte le mani,
avanti, l’aria si elettrizza.
A valle gli ultimi lutti, atrocità
nascoste per ora fusoliere,
fumo e scintille, pura potenza
in movimento. Lei vive, c’è
vivente tutto s’allarga,
la fine della guerra.
carta st[r]ampa[la]ta n.29
di Fabrizio Tonello
E’ bello avere degli amici. E’ bellissimo avere degli amici che ti difendono. E’ meraviglioso avere degli amici di cultura che guardano alla Storia (quella con la S maiuscola) per interpretare il presente. Così si dev’essere detto il ben noto trapiantato pilifero leggendo che il toscanissimo deputato del Pdl Maurizio Bianconi ha lanciato il grido di guerra: “Badogliano!” contro l’infame traditore Gianfranco Fini. Per qualcuno con la formazione politica di Fini, che ha nel suo DNA addirittura Julius Evola, si tratta della più infamante delle accuse. Bianconi ha precisato che Fini “E’ come Badoglio” in quanto ha fatto nascere i gruppi di Futuro e Libertà con un proclama “come quello di Badoglio che dopo il 25 luglio disse la famosa frase: continueremo la guerra a fianco dell’alleato tedesco. Salvo poi tradirlo” (Giornale della Toscana, 6 agosto).
Io, autore Mondadori e lo scandalo “ad aziendam”
di Vito Mancuso
[il dibattito iniziato all’inizio di quest’anno con questo articolo di Helena Janeczek e proseguito in rete con numerosi contributi, fa ora un altro salto in avanti con l’articolo che qui riprendiamo di Vito Mancuso, apparso su Repubblica di due giorni fa e motivato dall’acuirsi del conflitto di interessi che coinvolge il nostro presidente del consiglio. La redazione di Nazione Indiana]
Da quando ho letto l’articolo di Massimo Giannini giovedì scorso 19 agosto non ho potuto smettere di pensarci. Ho provato a fare altro e a concentrarmi sul mio lavoro, ma dato che in questi giorni esso consiste proprio nella stesura del nuovo libro che a breve dovrei consegnare alla Mondadori, mi è sempre risultato impossibile distogliere dalla mente i pensieri abbastanza cupi che vi si affacciavano. La domanda era sempre quella: come posso adesso, se quello che scrive Giannini corrisponde al vero, continuare a pubblicare con la Mondadori e rimanere a posto con la mia coscienza? Come posso fondare il mio pensiero sul bene e sulla giustizia, e poi contribuire al programma editoriale di un’azienda che a quanto pare, godendo di favori parlamentari ed extra-parlamentari, pagherebbe al fisco solo una minima parte (8,6 milioni versati) di un antico ed enorme debito (350 milioni dovuti)? Come posso fare dell’etica la stella polare della mia teologia e poi pubblicare i miei libri con un’azienda che non solo dell’etica ma anche del diritto mostrerebbe, in questo caso, una concezione alquanto singolare?
Io sono legato da tempo alla Mondadori, era il 1997 quando vi entrai come consulente editoriale della saggistica fondandovi una collana di religione e spiritualità, poi nel 2002 ebbi l’onore di diventarne autore quando il comitato editoriale accettò il mio saggio sull’handicap come problema teologico, onore ripetuto nel 2005 e nel 2009 con altri due libri.
In morte di Cossiga
di Ivan Carozzi
Ogni tre passi
di Piero Sorrentino
Parliamo di mia madre. Ha sessantadue anni. Da due mesi non sa più camminare. Dice che lo ha dimenticato. È successo una mattina; stava camminando, nel modo normale che abbiamo tutti di camminare, un passo, un altro passo, un altro ancora e così via; a un certo punto si è fermata e non è più andata avanti. Mio padre era con lei, era lì, dice che non è successo niente di speciale, non ci sono stati segnali allarmanti prima che succedesse; ha fatto solo un movimento con la mano, mia madre, dice mio padre, come quando a tentoni si cerca l’interruttore in una stanza buia. Lei cercava un appoggio. Uno qualsiasi. Ha messo la mano sulla spalliera di una sedia, l’ha fissata a lungo e ha finalmente fatto il passo successivo. Mio padre dice che sembrava un semplice capogiro: cammini, ti gira la testa, ti appoggi a qualcosa per non cadere, stai fermo qualche secondo, poi riprendi a camminare come prima. Invece da quel momento di due mesi fa, mia madre non cammina più da sola.
John Fante: promenade
Venerdì 20 agosto inizia la V edizione del Festival letterario ‘Il Dio di mio padre’ dedicato allo scrittore italoamericano John Fante. La manifestazione, che si svolgerà a Torricella Peligna (il paese d’origine del padre dell’autore), presenta un calendario fitto di incontri. Saranno presenti tra gli altri gli scrittori Melania G. Mazzucco, Fabio Geda, Dan Fante, il giornalista Giulio Borrelli, il vincitore del Premio John Fante ‘Autore tra due mondi’ 2010: Jonas Hassen Khemiri, i finalisti del Premio John Fante ‘Arturo Bandini Opera Prima’ 2010: Angela Bubba, Paolo Piccirillo, Alberto Mossino, ma anche Vincenzo Costantino Cinaski, Francesco Forlani, Francesco Durante, Masolino D’Amico, Brunella Schisa e tanti altri.
Oltre a JOHN FANTE, si parlerà di emigrazione italiana, di immigrazione, di letteratura giovane, della famiglia Cecchi-D’Amico, del poeta Clemente Di Leo e molto di più.
Francesco Durante presenterà in anteprima nazionale ‘Bravo Burro!‘, il romanzo per ragazzi di John Fante inedito in Italia, in uscita il prossimo autunno da Einaudi.
Pietre da succhiare – Samuel Beckett
di Marco Rovelli
Perché amo i romanzi della Trilogia di Samuel Beckett? Perché è come gustare, con il massimo godimento possibile, pietre. E’, letteralmente, gustare la verità dell’essere. Nella Trilogia Beckett mette in scena il puro slittamento dell’essere.
Scuola di calore
di Massimo Rizzante
Un incubo chiamato Algeciras
a Ana
Tutto ha inizio e non ha fine in un incubo
chiamato Algeciras, sul molo, fra la bolgia in partenza per Ceuta.
Un uomo, Octavio, la cui lingua per la legge del contrappasso era
ridotta a una poltiglia di fuoco, mi farfugliò: “Arnold… me está… matando”
Non ho mai idealizzato il mondo, né creduto all’inferno.
So, per esperienza, che ci sono giorni in cui la fede nei maestri
si scioglie come merda al sole, mentre, malgrado tutto,
le tredici passioni che governano il mio sesso non fanno scuola
IOSIF BRODSKY
di Franco Buffoni
Brodsky conclude con una preghiera al visitatore la sua introduzione al catalogo della mostra L’altra Ego tenutasi a Torino, presso la Mole Antonelliana, nell’ottobre dell’89. L’esposizione era principalmente dedicata ad illustrare le figure dei partner dei poeti da Baudelaire a Pasolini, e Brodsky – fresco premio Nobel – era stato invitato ad illustrarla come poeta strettamente legato all’arte della fotografia. Ebbene, Brodsky non imperniò – e soprattutto non concluse – il suo scritto facendo riferimento al dato tecnico: l’importanza della invenzione della fotografia per quanto attiene la costituzione e l’evoluzione dell’immaginario del poeta; bensì travolse il lettore-visitatore sul piano sentimentale: “Osservateli non tanto con curiosità quanto con gratitudine”.
Gratitudine per avere scritto quelle poesie. Poi, certamente – e Brodsky ne dava subito atto – era intrigante vagare sulla piega del mantello di Catherine accanto a Valéry a Vence nel 1922, o sul sorriso spavaldo-imbarazzato di Christopher accanto a Auden. Tuttavia ciò che contava erano i testi, soltanto i testi. Persino lì, dove si parlava di fotografia. E ai poeti si doveva gratitudine per averli scritti. Dopo, solo dopo, veniva tutto il resto.
I bambini dei romanzi italiani
Se dio vuole noi romanzieri italiani non viviamo in uno di quei paesi noiosoni in cui non succede mai niente, quegli stati laconici e disciplinati dove il governo rubacchia con puntigliosa discrezione, la gente lavora pedissequa, i calciatori calciano, le mucche sonnecchiano, i treni sfrecciano in orario, senza mai rompersi e senza mai esplodere, la malavita è ancora tutta disorganizzata. Per fortuna da noi al governo ci vanno dei veri delinquenti, e intendono orgogliosamente continuare ad esserlo, si alleano con la fazione dei razzisti e con la mafia, si fanno pubblicamente le ragazzine, dettano i telegiornali, cercano in tutti i modi di schiaffare in prigione i magistrati e di inchiappettare i giornalisti, molti dei quali del resto sono consenzienti. Ne risulta una girandola di affari sesso corruzione crocifissi e ammazzamenti, con ogni giorno un diegetico colpo di scena. Per il comune cittadino non sarà il massimo, ma per noi romanzieri è una pacchia: proprio quello che ci vuole per non fare la fine di Claude Simon,
50 aforismi #4
di Luca Ricci
Avere voglia di farla finita e temporeggiare per non bruciarsi l’ultima illusione.
Mary Poppins alle quattro del mattino: basterebbe un poco di veleno e non ci sarebbe più bisogno di nessuna pillola.
Quando neanche il desiderio di non avere più desideri rimane vivo.
carta st[r]ampa[la]ta n.28
di Fabrizio Tonello
Seppellito Marx. Distrutto Lenin. Incriminato Stalin. Dimenticato Roosevelt. Svergognato Togliatti. Ridimensionato Berlinguer. Cosa resta alla sinistra italiana? Harry Potter e Obama, a quanto sembra. Ma la Rowling non scrive più e Obama precipita nei sondaggi. Era rimasta una sola icona all’internazionalismo proletario, un faro per i progressisti di tutto il mondo, una consolazione per i nostalgici del socialismo: i Beatles. Sì, il quartetto di Liverpool autore di memorabili canzoni di lotta come “Michelle ma belle, these are words that go together well”.
T & T
di Manfredi Bortoluzzi
-Prego signore si accomodi, in cosa posso esserle utile?
-Ho bisogno che fermiate il tempo.
-Come dice, prego?
-Va troppo in fretta.
-Temo che abbia sbagliato posto signore. Perché non si rivolge all’agenzia qui di fronte?
-Ah, certo mi scusi. Grazie, grazie mille.
In memoria: Patrick Chevaleyre
immagine di Patrick Chevaleyre
Beaucoup de vide
de
Patrick Chevaleyre
Beaucoup de vide dans le vide beaucoup de vies dans la vie plus de Friskies à Franprix trop de rayures dans le temps quelques labyrinthes un peu trop de nuages dans le ciel beaucoup de filles dans les rues peu de réel dans le réel plus beaucoup d’illusions plus de taxis à cette heure pas beaucoup de monde ce soir pas assez de champagne quelques gifles qui se perdent (continua qui)
(traduzione di Esteban Buch)
Mucho vacío en el vacío muchas vidas en la vida no más Friskies en Franprix rayas de más en el tiempo algunos laberintos algunas nubes de más en el cielo muchas chicas en las calles poca realidad en la realidad ya no muchas ilusiones no más taxis a esta hora poca gente esta noche el champagne que no basta algunas cachetadas que se pierden demasiados perfumes en su cuerpo casi no más cigarrillos ningún mensaje esta noche algunas lágrimas de cansancio mucho encanto demasiados rostros olvidados muchas alarmas algunas alertas no más tiempo que perder no más Ronron en Franprix no más azar o casi no más lugar para estacionar no más electricidad mucho placer mucha felicidad mucho vagabundeo muchos errores confusión pocas historias en la historia demasiados espejos en las cosas nada de imaginación mucha incertidumbre no más Whiskas en Franprix algunos problemas muchos obstáculos demasiada policía por todos lados uniformes demasiadas derrotas ninguna respuesta poco dinero en la poesía poca poesía en el dinero algunas vitrinas rotas no demasiado sexo en el sexo no más coraje mucho tiempo perdido palabras para no decir nada la crueldad que no basta demasiadas humillaciones algunos deseos muchas obsesiones poco vértigo al embriagarse ya no mucha memoria demasiado control algunos hombres por bajar demasiadas preguntas algunas mujeres por amar no más Sheba en Franprix mucho ruido y pocas nueces pocas imágenes demasiadas sirenas en la noche mucha clase en la lucha.
Foreign Parts e Hell Roaring Creek: due film americani
di Rinaldo Censi
Locarno
Verena Paravel cercava di girare un piccolo film percorrendo la metropolitana di New York. Raggiunge un quartiere che la maggior parte della gente le sconsiglia di frequentare, Willets Point. Potrebbe anche rimetterci la pelle. Decide di affrontare il rischio. Di certo ha la pelle dura. Qualche minaccia l’ha anche subita. Eppure, è proprio lì che ha girato il suo bel film (lo diciamo agli amanti degli steccati di “genere”: anche un documentario è un film), insieme a JP Sniadecki, a Willets Point, che a prima vista potrebbe essere scambiato per Puerto Rico, o un sobborgo del Messico. Foreign Parts è il titolo del film, e concorre per il premio Cineasti del Presente. Potrebbe essere Puerto Rico, o un sobborgo di un film di Ozu. Per buona parte del film la macchina da presa ruota ad altezza d’uomo, con piglio volutamente grezzo, pronto a captare qualunque evento che lì si svolga: non facciamo altro che vedere strade infangate, pozzanghere (Willets Point può diventare una specie di acquitrino), lamiere, minuscoli bar, pezzi di ricambio per automobili. All’inizio l’inquadratura sembra soffocare gli spazi, togliendogli aria. Il cielo – lo vedremo più avanti – spesso è grigio. Willets Point è un microcosmo. Così il film, costruito in una sorta di ascesa: prima una strada malridotta di periferia e infine la vista dell’intero block, dall’alto, nell’azzurro del cielo, mentre una bandiera americana taglia in due l’inquadratura













