di Giacomo Sartori
[ritaglio questi altri paragrafi dallo stesso testo]
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Il primo dibattito organizzato da noi scrittori posticci si svolgeva nella loggia della corte principale del castello, dov’erano state disposte le poltroncine di plastica. Discettava un giovane e conosciuto critico dal poderoso fisico che aveva accettato di venire a proprie spese. I veri scrittori erano seduti sul fondo, dietro a un tavolo perpendicolare appunto alla lunghezza della loggia. Erano appostati uno di fianco all’altro e avevano tutti gli occhiali da sole. Quegli antipatici occhiali molto scuri che coprono completamente gli occhi, con delle forme ovaleggianti o anche allungate lateralmente, forse alla moda. Una schiera di giovani scrittori con gli occhiali che nascondevano i loro occhi orgogliosi e avidi di scrittori rampanti. Non si mescolavano con i comuni ascoltatori e con gli scrittori posticci, e i loro nevrotici dinoccolamenti facevano anzi capire l’incolmabile reticenza a un’attitudine puramente recettiva, a un pedissequo assistere. Facevano pensare ai Blues Brothers, senza però la spudorata innocenza, e anzi con i visi percorsi da involontari tremiti di sufficienza. Ma erano pur sempre presenti. Alla nostra prima conferenza c’erano anche i veri scrittori.
Dieci minuti dopo l’inizio del dibattito mi sono voltato: i veri scrittori erano scomparsi. Dileguati come uccelli dopo il rimbombo minaccioso di una fucilata. Uccelli che hanno intuito l’odore di morte, e che non torneranno.














