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La libertà di Internet: proteggerla prima di progettarla (2)

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di Ethan Zuckerman – traduzione di B. Borgato e B. Parrella – leggi la prima parte

Per sperare di vedere fornitori come Facebook propagare la libertà di Internet in questi ambienti recintati, occorre che prima di tutto s’impegnino a proteggere tali diritti sulle proprie piattaforme.

Un compito tutt’altro che facile. Sin dall’inizio molti hanno proposto di estendere l’Articolo XIX della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani anche ai diritti del cyberspazio – Robert Gelman aveva redatto una prima bozza di documento per i diritti nell’era digitale proprio in base alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1997. Più recentemente Max Sengens e la Internet Rights & Principles Coalition hanno cercato di affrontare la difficile questione della trasposizione del diritto alla libertà d’espressione nel contesto di Internet, lavorando nell’ambito dell’Internet Governance Forum. Rebecca mi conferma che insieme alla Global Network Initiative stanno impegnandosi a stilare una serie di “best practices” con l’obiettivo di proteggere i diritti stabiliti dall’articolo XIX anche nei social media e nelle piattaforme pubbliche.

Pier Paolo’s dream

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Domani partirò insieme ai compagni dell’Osvaldo Soriano Football Club alla volta di Unna, in Germania dove dal 29 Aprile al 1° Maggio si svolgerà la RUHR LIT CUP
Italia, Germania, Inghilterra, Turchia, Ungheria, Svezia e Austria si sfidano in tre giorni di competizioni calcistiche e confronti culturali. Per l’occasione ho pensato a questo piccolo omaggio, a Pier Paolo Pasolini, per le cose che ha detto, a Maradona per quello che ha fatto vedere in campo, e ad un amico che non c’è più, Bruno Tramontano che mi fece scoprire come e quando il campione argentino realizzò il sogno del poeta
. effeffe

L’articolo completo da cui sono stati estratti i brani riportati nel video, è consultabile sul sito dedicato a Pasolini

La responsabilità dell’autore: Ginevra Bompiani

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[Dopo gli interventi di Helena Janeczek e Andrea Inglese, abbiamo pensato di mettere a punto un questionario composto di 10 domande, e di mandarlo a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere. Dopo Erri De Luca, Luigi Bernardi, Michela Murgia, Giulio Mozzi, Emanule Trevi, Ferruccio Parazzoli, Claudio Piersanti, Franco Cordelli, Gherardo Bortolotti, Dario Voltolini, Tommaso Pincio, Alberto Abruzzese, Nicola Lagioia, Christian Raimo, Gianni Celati, Marcello Fois, Laura Pugno, Biagio Cepollaro, ecco le risposte di Ginevra Bompiani.]

1. Come giudichi in generale, come speditivo apprezzamento di massima, lo stato della nostra letteratura contemporanea (narrativa e/o poesia)? Concordi con quei critici, che denunciano la totale mancanza di vitalità del romanzo e della poesia nell’Italia contemporanea?

Forse c’è più vitalità che qualità. E’ come una bottiglia di vino strapazzata, bisogna tenerla ferma e che il fondo si depositi per capire com’è il vino..

2. Ti sembra che la tendenza verso un’industrializzazione crescente dell’editoria freni in qualche modo l’apparizione di opere di qualità?

No, la affoga

da “Quando Kubrick inventò la fantascienza”

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KUBRICK

di Andrea Inglese

L’autista di Kubrick sta guidando nervosamente per una stradina asfaltata della Cornovaglia. Kubrick, seduto sul sedile posteriore, agita la testa da un lato e dall’altro, gettando occhiate angosciate dai finestrini. Indossa un casco da football americano e grida all’autista: “Cristo, non superare i cinquanta! Non superare i cinquanta per nessun motivo!” L’autista di Kubrick è abituato a tenere l’auto sui quaranta. Non è questa raccomandazione che lo innervosisce. Kubrick si butta sul finestrino di sinistra, dalla parte del conducente, e lancia un grido inarticolato. Poi chiude gli occhi e si accascia al centro del sedile posteriore: “La ghiaia sta entrando nel motore, siamo fottuti.” Kubrick è letteralmente terrorizzato dall’idea che quel poco di ghiaia che si trova inevitabilmente ai bordi di una strada asfaltata possa entrare nel motore della sua MG. “Signore, anche se della ghiaia fosse scivolata nel motore, come lei ha sicuramente con acume percepito, dovremmo riuscire a raggiungere casa senza eccessive difficoltà. Poi Tim si occuperà di fare una bella pulizia totale e saprà salvare anche stavolta il motore,” Kubrick ascolta scuotendo la testa. Batte con le nocche del pugno sinistro la superficie del casco e mormora: “Piantala con le tue stronzate, stavolta non m’incanti.”

La libertà di Internet: proteggerla prima di progettarla (1)

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di Ethan Zuckerman – traduzione di B. Borgato e B. Parrella

l’obiezione principale che mi è stata fatta è: “Okay, il ricorso a strumenti anticensura non è l’unica strategia possibile. Cosa dovremmo fare allora? “

Qualche settimana fa, ho proposto un post pensato per stimolare la discussione sull’idea della libertà di Internet [tradotto in italiano su Nova (e ripreso su Nazione Indiana ndr)]. Ho ricevuto un numero tale di reazioni, sia di elogio che di critica, da ritrovarmi coinvolto in molte più conversazioni sulla libertà del web di quanto mi fossi aspettato. È una questione che sta a cuore a molti, in attesa di sapere se Google smetterà di applicare la censura al suo motore di ricerca cinese [che ora punta su Hong Kong, proprio per evitare tale censura], riflettendo sulle implicazioni nell’ambito dei social media delle recenti riduzioni delle sanzioni contro Cuba, Iran, Sudan adottate dal Ministero del Tesoro statunitense, mentre proseguono [in USA] le audizioni al Congresso e le revisioni legislative.

carta st[r]amp[al]ata n.13

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di Fabrizio Tonello

La polemica sul celibato dei preti, riattizzata dai casi di pedofilia nel clero cattolico esplosi nelle ultime settimane, ha permesso al Mohammed Ali delle profezie, al secolo l’italiano Antonio Socci, di regolare i conti con Hans Küng, il teologo ribelle che si era permesso di criticare papa Ratzinger in un articolo su Repubblica. Cosa aveva scritto Küng? “L’obbligo del celibato non è una verità di fede ma solo una norma ecclesiastica che risale all’XI secolo”.

“E’ un errore!” tuona il devoto Socci su Libero del 19 marzo, indignato che si dia spazio per l’ennesima volta alla “prevedibile e noiosa invettiva”del teologo tedesco. Fortunatamente c’è un libro dove “si dimostra che è vero il contrario”. Saranno i Vangeli? O l’agostiniana Città di Dio? Forse la Summa Theologica? Purtroppo no, il libro di Georg Denzler e Carl Andresen citato da Socci come pezza d’appoggio si intitola Wörterbuch Kirchengeschichte e si compra su Amazon-Deutschland per 3,06 euro (vedi qui).

L’amore, un’estate

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di Gianni Biondillo

William Trevor, L’amore, un’estate, trad. Laura Pignatta, Guanda editore, 2009, 217 pag.

Il rapporto conflittuale che ha un autore con la lingua con la quale scrive si fa ancora più complesso quando la lingua che usa è quella che gli è stata imposta dalla Storia. Però spesso tutto ciò può diventare una ricchezza per un artista. Le condizioni di margine, rispetto a un centro coloniale, si stratificano arricchendo il codice linguistico, creando di conseguenza nuove profondità. Questo spiega, per me, il perché la letteratura irlandese ha saputo dare così tanto alla lingua inglese. Nel mondo anglosassone Willian Trevor è considerato uno dei più grandi autori viventi. Eppure, leggendo L’amore, un’estate, ci si chiede: dove sta il fascino delle sue narrazioni?

I cuori infranti di Rosetta Loy

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di Chiara Valerio

Sui destini degli individui, la letteratura ha pretese assai più potenti dell’esperienza stessa. Esercita un’azione esaltante ma spietata. (…) A confronto con la letteratura, la realtà empirica, ingiuriata per millenni dai poeti, è capace persino di mostrarsi costante, clemente, cordiale. (L. Koch, Abitare fra gli archetipi). Cuori infranti di Rosetta Loy (nottetempo, 2010) è un distico di favole nere, in cui l’amore vince su ogni altra cosa e nel quale ogni altra cosa è la vita degli altri. Un libro che vanta e ottiene pretese sugli accadimenti, sui gesti, sulle esitazioni. Racconta due delitti della nostra storia recente quasi fossero fiabe per la notte, la strage di Erba e il delitto di Novi Ligure.

Nagasaki

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di Marco Belpoliti

[il 29 di questo mese esce, per i tipi di Guanda, il nuovo libro di Marco Belpoliti, del quale ci aveva già anticipato un testo circa un anno fa, qui. Oggi ci regala un altro capitolo in anteprima. G.B.]

La città della bomba atomica per antonomasia è Hiroshima. Di Nagasaki, la sua sventurata gemella, se ne parla molto meno, forse perché rare sono le testimonianze del suo annientamento.
Alle ore 11.02 del 9 agosto 1945, tre giorni dopo la distruzione di Hiroshima, un aeroplano americano sgancia su Nagasaki una bomba due volte più potente della precedente. L’ordigno è in realtà destinato a un’altra città, Kokura, ma le condizioni meteorologiche conducono l’aeroplano con la bomba su un bersaglio alternativo. Arriva su Nagasaki in tarda mattinata, ma anche qui ci sono nuvole troppo spesse: non si vede niente. L’equipaggio sta per rinunciare, per tornare indietro, dato che il carburante scarseggia, poi, all’improvviso, il cielo si apre. Una schiarita che quel giorno deve aver rallegrato gli abitanti della sfortunata città . I piloti inquadrano le case sotto di loro e sganciano.
Lo scoppio avviene a un’altezza di 500 metri dal suolo. L’area colpita è vasta 7 chilometri quadrati, e nel suo epicentro si sviluppa un vento esplosivo della velocità di 440 metri al secondo, che trascina ogni cosa o persona. Resta in piedi solo il torii del santuario di Sanno, il portale sacro scintoista, disposto parallelamente alla direzione da cui proviene l’onda d’urto, che anticipa l’esplosione vera e propria.

mi cercarono l’anima a forza di botte

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di Saverio Fattori

Non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte, mi cercarono l’anima a forza di botte. In molte città italiane vennero affissi cartelli con queste parole. Le parole di De André accompagnano la fine di Stefano Cucchi, arrestato al Parco degli acquedotti di Roma il 15 ottobre del 2009 per venti grammi di hashish e mai più reso alla famiglia. E mai titolo poté essere così folgorante. Stefano Cucchi assassinato dallo Stato. Il cartello chiudeva con questa frase.

Ora anche basta però

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via Metilparaben, via Don Zauker. edit: crediti completi nella pagina originale del video.

LE OMERTA’ VATICANE

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di Franco Buffoni

Scriveva Gaetano Salvemini: “Tutti in Italia sembrano aver dimenticato che la libertà non è la mia libertà ma è la libertà di chi non la pensa come me. Un clericale non capirà mai questo punto né in Italia né in nessun altro paese del mondo. Un clericale non arriverà mai a capire la distinzione fra peccato, quello che lui crede peccato, e delitto, quello che la legge secolare ha il compito di condannare come delitto. Il clericale punisce il peccato come fosse delitto e perdona il delitto come se fosse peccato. Perciò è necessario tener lontano i clericali dai governi dei paesi civili”.
Credo che mai come oggi, per comprendere il senso profondo dello scontro in atto tra chiesa cattolica e modernità, queste parole meritino di essere meditate. Che cosa significa perdonare il delitto come se fosse peccato? Significa che sul sacramento della confessione – detto anche della “penitenza” o della “riconciliazione” – il cattolicesimo post tridentino ha costruito i fondamenti di quel potere che oggi il mondo moderno disconosce: il potere che concede l’assoluzione al delitto in presenza di “vero pentimento”.

Missione Cernobbio

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di Mauro Baldrati

Il taxi procede in colonna, a passo d’uomo, verso l’ingresso. Il vialetto è presidiato dalle guardie, probabilmente carabinieri in borghese, che controllano i documenti.
Siamo quasi arrivati al posto di blocco. Non vedo perquisizioni, o passeggeri fatti scendere dai taxi o dalle berline scure. I controlli devono essere discreti, e rispettosi. La sicurezza va garantita, ma si tratta pur sempre di persone importanti. E le persone importanti hanno questa caratteristica: pretendono la sicurezza ma odiano essere importunate.
Quando arriva il nostro turno una guardia si abbassa per guardare nell’abitacolo. Dice “buon giorno”, cui rispondo educatamente, rilassato, come sempre. La mia identità è sicura, è stata analizzata a lungo, e sottoposta a verifiche. Io sono Gunther Meyer, dottore commercialista residente a Milano, invitato a un convegno internazionale all’hotel Villa d’Este di Cernobbio. La guardia mi chiede la carta d’identità, che ho già preparato. Gliela porgo. Lui la studia brevemente, controlla sulla lista degli invitati. Il mio nominativo è presente, è regolare. Sono uno dei tanti professionisti che gli ordini invitano ogni anno a questo convegno internazionale di personalità dell’economia e della politica. Qui, mi ha detto il dottor Mustafà, il mio intermediario, ci sono industriali potenti, ministri, che discutono del futuro dell’economia globale.

Tre referendum per l’acqua pubblica

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Il 24 Aprile parte in tutta Italia la raccolta firme.

Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, costituito da centinaia di comitati territoriali che si oppongono alla privatizzazione, insieme a numerose realtà sociali e culturali ha deciso di promuovere 3 quesiti referendari, depositati presso la Corte di Cassazione di Roma mercoledì 31 marzo 2010. Sosterranno tale iniziativa anche diverse forze politiche.

Po(pò) Polar- Raymond Queneau e Rita Pavone

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Intervista
traduzione di effeffe
Pierre Dumayet : C’è una grande distanza tra quello che si chiama generalmente linguaggio poetico e il suo, provo a fare un timido esempio, con questo suo poemetto, Ho proprio rischiato di annegare nel Mar Mediterraneo, e che ora leggerò:

“Le ciel qui couvait des colères sanglantes
commençait à remuer ses sommets et ses pentes
je restais emmerdé sans pouvoir revenir”

Pierre Dumayet : Lei ha la pretesa di essere assolutamente “classico”
Raymond Queneau : Cosa c’è di non classico qui dentro?
Pierre Dumayet: Le ponevo una domanda…
Raymond Queneau : Non capisco, perché non dovrebbe esserci del classico… certo una parola così, ma ce ne sono in tutta la poesia francese, di sicuro non nei manuali di liceo…
Pierre Dumayet : Ecco, è proprio questo, come mi diceva prima della differenza che c’è tra la poesia che si conosce attraverso i manuali e quella che lei considera della vera poesia da sempre esistita…
Raymond Queneau :Ah non credo di fare della poesia che si possa insegnare a scuola, ma c’è tutto un campo della poesia che è messo un po’ ai margini e che talvolta si perde, non si trova nei manuali, come una parte della poesia greca…

Curriculum vitae

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di Gabriel Ferrater

Gabriel Ferrater (Reus, 1922-San Cugat, 1972) non è solo il più importante poeta catalano della seconda metà del XX secolo, ma uno dei più grandi poeti europei del suo tempo. Traduttore, linguista e poliglotta, critico letterario e critico d’arte, Ferrater, giunse relativamente tardi alla poesia; pubblicò la sua intera opera in versi nel giro di pochissimi anni, tra il 1960 e il 1968. Di un’intelligenza folgorante e di una personalità allo stesso tempo anarchica e disciplinata, tenera e narcisistica, spirito antiromantico, amante della poesia medievale (Ausiàs March) e di Shakespeare, fondò la sua poetica sul dato autobiografico e la radiografia storica, sul desiderio, l’amore, il sesso, la memoria e l’oblio. Aveva sempre detto che è immorale oltrepassare i cinquant’anni. E mantenne fede alla parola, suicidandosi il 27 aprile del 1972 nel suo appartamento di San Cugat del Vallès. Un atto, quindi, tutt’altro che disperato, quanto piuttosto morale, di una moralità priva di ogni lusso contemplativo. Un po’ come la sua poesia che, come lui stesso ha affermato, deve sempre «essere chiara, sensata, lucida e appassionata», attenta al movimento degli uomini e delle donne, capace di elevare al massimo grado l’energia emotiva della lingua, senza per questo corrompere con un eccesso di partecipazione il centro dell’immaginazione.

Pensieri di mortali

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di Gherardo Bortolotti

da “Wunderkammer”

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di Michele Zaffarano

ovvero

come ho imparato a leggere

Se colui che ti parla in modo incomprensibile non sta producendo sintomi di malattia come la tosse o il vomito, ma ti sta parlando o comunicando qualcosa, allora tu lo sleghi.

Sergio Piro

Ci sono delle cose – anche le più astratte o spirituali – che si vivono solo attraverso il corpo. Vissute attraverso un altro corpo non sono più le stesse.

Pier Paolo Pasolini

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Le cose che cambiano e nulla è cambiato. Centinaia di fascine arrossiranno sulle tegole, i mattoni arrossiranno sotto gli occhi di un padrone morente, il fuoco che brilla ancora in gola, ed è un rito lontano, che porta lontano. E bruciano le trame sottili, l’argilla sul fondo del mare, e il tufo che aspetta, che sonda un piccolo sospetto, come il crisocione, il cane dorato, che non vive in branchi. Si va da lavori complessi con i nastri e con il sughero, alla cera d’api, ai vasi. Macerare i fiori per un paio d’ore, chiudere la pomata e gli oli essenziali per qualche giorno, dopo qualche giorno rimangono gli oli, l’elicriso, della famiglia delle Asteraceae, l’anice stellato, il cardamomo, la cannella, l’incenso, poi il fissante, la radice di giaggiolo, e, finalmente, dopo tanti lavori, ai bambini si mostra un amaro sapore. Varrà questa pena, le pene de lo inferno, che più s’impregna e che più lo s’indurisce. Ovvero le valli felici, se le ultime vicende avete seguito.

Cattolicesimo e pedofilia

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Comunicato
In questi giorni in cui si sta tentando di nascondere la verità sugli abusi perpetrati ai danni di minori innocenti, evocando assurdi parallelismi tra omosessualità e pedofilia, Arcigay, ArciLesbica, AGEDO, Famiglie Arcobaleno, Circolo Mario Mieli, MIT, Certi Diritti, Dì Gay Project lanciano un appello ai cittadini e alle associazioni per una manifestazione contro la pedofilia e in sostegno delle vittime per sabato 24 aprile a Roma in Piazza Santi Apostoli alle ore 16.30.
Distorcere la questione della pedofilia, come ha fatto il Segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, porta a scaricare su altri innocenti le gravi accuse che da tutto il mondo piovono sulle gerarchie vaticane. La questione non è identificare o meno l’orientamento sessuale del pedofilo, ma perseguire con fermezza chiunque si macchi di tali abusi, soprattutto se investito di responsabilità educative o spirituali.

Questioni di censura

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di Ethan Zuckerman

Il recente intervento del segretario di Stato Hillary Clinton sulla libertà di internet è un segno del forte interesse del Dipartimento di Stato Usa verso l’utilizzo di internet per promuovere riforme politiche in società chiuse ed autoritarie. E’ naturale che il Dipartimento di Stato guardi ai progetti di sistemi per eludere la censura su internet. Il New York Times segnala che un gruppo di senatori chiede al Segretario di utilizzare i fondi esistenti a sostegno dello sviluppo dei programmi per aggirare la censura, tra cui Tor, Psiphon e Freegate.

Ho passato buona parte degli ultimi due anni studiando i sistemi di elusione della censura su internet. Con i colleghi Hal Roberts e John Palfrey ho eseguito uno studio che mette a confronto i punti di forza e di debolezza dei diversi strumenti. Gran parte del nostro sforzo è finalizzato al coordinamento tra gli sviluppatori di questi strumenti e chi ha bisogno di questi strumenti per pubblicare contenuti sensibili.

Sono del tutto convinto che abbiamo bisogno di strumenti anticensura solidi, anonimi e di facile utilizzo. Ma credo anche che abbiamo bisogno di molto di più di semplici strumenti per aggirare la censura e temo che i tecnologi e i finanziatori si concentrino solo su questo aspetto della libertà su internet a scapito degli altri. Mi chiedo se stiamo studiando abbastanza le limitazioni fondamentali dei sistemi di elusione e se stiamo ragionando anche su cosa la libertà sul web possa fare per gli utenti in società non democratiche.

A questo proposito lancio una provocazione: Non possiamo eludere la censura su internet.