Dakar…Dakar…Dakar
di Livio Borriello
L’Africa è quello che siamo stati e quello che diventeremo.
Dakar, la più europeizzata delle città africane, circa 5 milioni di abitanti distribuiti su una penisola interminabile, è una possibile immagine del nostro futuro piuttosto preoccupante, per quanto carica di uno straordinario potenziale di vita.
Più che un’immagine, è una sorta di allucinazione reticolare, un immenso tessuto senza inizio né fine, se non i contorni irregolari delle coste, che sfumano nella luce estatica dell’oceano: una specie di tenebra luminosa che avvolge l’allucinazione.
Il tessuto, che ricopre compattamente la terra rossa e umorosa della brousse, è formato da cellule umane avvolte nel triplice guscio degli abiti, delle auto e delle case. Ciò avviene in tutto il mondo antropizzato, ma in questo aculeo di terra che spunta dall’Africa nera, dove la natura pulsa e ingorga le sue energie sorgive con più violenza, nei colori ignei, clamorosi, radianti, nelle pelli seriche e lucenti, nell’odore primitivo, ferino, e insieme infantile e fruttato, che promana da quelle pelli, nelle muscolature vigorose e prominenti fasciate da quelle pelli – gli effetti dell’azione umana sul mondo risultano più spettacolari, e i contrasti che producono si impongono con più evidenza all’attenzione.










Pubblico di seguito un estratto dal nuovo romanzo di Franz Krauspenhaar, 