di Elio Matassi
La tragedia è un genere che ha goduto di una sua durata ormai venuta meno per sempre, come argomenta con estrema finezza George Steiner o, piuttosto, si assiste ad una trasformazione profonda della dimensione tragica? A tal proposito sono molto penetranti le osservazioni avanzate da Gilles Deleuze nella prima parte di “Differenza e ripetizione”, quando Kierkegaard e Nietzsche vengono eletti a padri putativi di un nuovo movimento tragico, completamente alternativo a quello semplicemente logico-astratto, argomentato da Hegel in quella che può essere definita una tragedia eminentemente filosofica, mendacemente rappresentativa. Di contro Kierkegaard e Nietzsche postulano un movimento autentico, “capace di rinnovare lo spirito al di fuori di ogni rappresentazione”, rendendo quello stesso movimento “un’opera, senza interposizione”. È questa un’idea da uomo di teatro, un’idea da regista, in anticipo rispetto al suo tempo. In questo senso con Kierkegaard e Nietzsche comincia qualcosa di completamente nuovo. Essi non considerano più il teatro alla maniera hegeliana, non fanno più un teatro filosofico, ma inventano, per la filosofia, uno straordinario equivalente di teatro ed in questo modo costruiscono un teatro dell’avvenire e insieme una filosofia nuova…










L’Associazione Italiana Cultura del Tè e l’Istituto Confucio presso l’Università Ca’ Foscari Venezia organizzano il corso 
