“Immediatamente mi sento il calore della comunità operaia e proletaria, tutte le volte che mi calo il passamontagna”.
Toni Negri, Dominio e sabotaggio
Qualche tempo fa riflettevo su come nell’immaginario collettivo, spesso, restino impresse poche cose dell’intera vita e opera di un intellettuale, e di come quelle “poche cose” possano diventare argomento a sostegno di una tesi e di una posizione generalmente contro corrente e a modo suo originale rispetto alle idee dominanti. L’immagine è ferma e per quanto ingiallita sembra precedere sempre di una spanna ogni nuova cosa, pensiero, opera che l’intellettuale in questione, lo scrittore, il personaggio pubblico disse o scrisse “quel famoso giorno”. Decontestualizzata dal momento storico e dalle circostanze che ne furono all’origine quella frase, dichiarazione era diventata ormai uno slogan il cui successo veniva testimoniato essenzialmente dal fatto che permanesse nella memoria. ” Il passamontagna di Toni Negri” sembrava inciso nella memoria collettiva allo stesso modo del “Lava più bianco del bianco” , “Gigante pensaci tu”, ” Peroni e sai cosa bevi”. ( immaginario collettivo pubblicitario anni settanta, ovviamente). La riflessione in realtà prende spunto da due polemiche che hanno coinvolto, negli anni settanta e ottanta, intellettuali che mi stanno molto a cuore, Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia e che ogni qualvolta se ne presenti l’occasione riaffiorano come una mauvaise conscience. Prima di entrare nel merito della questione vale forse la pena rileggere quelle parole che a distanza di diversi decenni ancora “disturbano” il sonno di molti, e si tratta da una parte, della poesia pasoliniana dedicata agli scontri studenti polizia, a Valle Giulia, e dall’altra dell’articolo sul Corriere della Sera che lo scrittore siciliano dedicò ai professionisti dell’antimafia.













