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Riscavi

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di Giorgio Mascitelli

Perché come dice giustamente il prospetto allegato alla comunicazione di possibile visibilità del plastico sinottico e prospettico dell’edificando quartiere “il falansterio della bella gente” situato nel prospiciente comune di Cazzulonia e già dotato di tutti i permessi di legge previi i quali sono già cominciati i primi scavi per le fondamenta e anche degli allacciamenti a tutte le dorsali, e uno prenotando subito avrà i suoi bei vantaggi in termini di consegna e di prezzo, noi lavoriamo acciocché i nostri piccoli possano godere di tutti gli agi, di tutte le protezioni e di tutte le gioie che l’infanzia a buon diritto pretende per sé. E anche noi adulti dopo una vita di sacrifici in cui ci siamo spezzati la schiena, è giusto che possiamo riposarci la sera dal lungo e proficuo lavoro in un ambiente sano e nutriente e i nostri vecchi si possano ritemprare in un ambiente sereno e giovale in attesa della visita della signora a cui nessuno ha mai detto di no (ma questo il prospetto non lo dice).

GranTorino: Francesco Forlani

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qui l’originale:

Otto testi

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di Fabio Teti

[da: Il buio che si vede (in progress)]

Penso con qualche gioia
che un giorno, e

F. Fortini

non lo sai dire non dirlo, va trovato 
altro, adesso, non se ne vendono
di rondini, pardon, non se ne vedono,
se il trave sta marcito ma nascosto
da cartelli, opachi enormi, vessilli
di sunglasses – e impalcature, anche, 
e ancora queste insegne di seni da lappare passo a passo
come una canga per gli occhi
silenziosa, perché ha 
già vinto

In fuga dalla scuola e verso il mondo

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di Emiliano Caprio

 

 

Leggere un libro sulla scuola, all’inizio, desta un minimo di scetticismo. Il tema ha un suo valore in termini di puro marketing editoriale, di libri sulla scuola ne vengono sfornati continuamente, più o meno tutti molto simile fra di loro. Un po’ di paternalismo nel raccontare il mondo dei giovani, un po’ di folklore, qualche aneddoto divertente; la ricetta è piuttosto semplice e ben sperimentata. Molto più difficile è invece incentrare un romanzo sulla figura di un adolescente cercando di non renderlo una caricatura o una macchietta o, peggio, l’epigono dei “giovani d’oggi”. Costruire un personaggio che, anche se è un adolescente e fa delle cose da adolescenti – andare male a scuola, innamorarsi, scappare di casa – sia anche qualche cosa di più; un personaggio unico, che ha qualcosa da dire e che racconta la sua storia, non il discorsetto sociologico su come cambiano le generazioni e su quanto fanno tenerezza gli adolescenti.

Il pregio del libro di Simone Consorti, In fuga dalla scuola e verso il mondo (Hacca, 2009), uscito recentemente per le edizioni Hacca è proprio questo; prendere la storia di un ragazzo che va male a scuola, si innamora e scappa di casa e scegliere di costruirci attorno un romanzo in cui il parlare di scuola e di adolescenza non è che l’ambientazione, il pretesto.

Zoo

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di Davide Racca

Stessa faccia stessa razza – dice il greco.

La scimmia dello zoo – con la mano
al mento, si concentra, si gratta,
si spaventa …

ZOO

Arm Macht Reich[1]

Dal nido alla cella – un uovo morto.

Disabitata – la voliera
sotterra
la testa del condor.

*

Oggi “va”. E domani?

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di Mauro Baldrati

Forse a qualcuno è capitato di spedire un manoscritto a un editore e sentirsi rispondere – quando l’editore risponde, il che non accade sempre – che è “un genere che non va.” Oppure che è l’argomento che non va.
A me è accaduto. Ho inviato il file di un romanzo breve a due editori, che sono anche amici. Mi hanno risposto dopo un paio di settimane, con due giudizi articolati che mi hanno sorpreso perché identici, benché i due editori non si conoscano, appartengano a generazioni diverse e abitino in città lontane l’una dall’altra.
Il testo era valido, dicevano, e uno, il più anziano, affermava di averlo “bevuto”, di non riuscire più a smettere. Non ho dubitato della sua sincerità. Non aveva alcun interesse a mentire. Però, hanno detto entrambi, purtroppo era impubblicabile perché “troppo datato” (testuale nelle due mail).

Il serpente d’acqua [Eracle #2]

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Le sue battaglie erano dunque metafore?
O era metafora il cielo impallinato da quelle cartucce zodiacali?

di Ginevra Bompiani

Ogni volta che Eracle combatteva in terra una figura, in cielo si fissava un destino. Così il Granchio, alleato dell’Idra, contro cui Eracle lottò con un proprio alleato, dalla sua spada ricurva fu lanciato nella curva zodiacale dove cucì con le sue branchie l’alto e il basso del cielo.

Sopra la mole pt. 1

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di Dario Borso

I. Su Rinascita di dicembre 1956, dopo un’ampia cronaca dell’VIII Congresso nazionale del PCI che s’era chiuso a Roma il 14 del mese, comparve corsivato, su singola colonna e senza nota di accompagnamento, il seguente testo:

LA SCIMMIA GIACOBINA

La scimmia giacobina è l’ultimo prodotto delle differenziazioni che si stanno determinando nella mandria di bruti che riempie delle sue strida i mercati italiani. Differenziazione meccanica. La scimmia non ha anima; la sua vita è susseguirsi di gesti; i gesti sono diventati frenetici; ecco la differenziazione.

La vita italiana politica è stata sempre piú o meno in balia dei piccoli borghesi; mezze figure, mezzo letterati, mezzo uomini; il gesto è tutto in loro. Concepiscono la vita librescamente. Sono imbevuti di letteratura da bancherella. Non concepiscono la complessità delle leggi naturali e spirituali che regolano la storia. La storia è per loro uno schema. E lo schema è quello della Rivoluzione francese. Ma non della Rivoluzione francese che ha profondamente trasformato la Francia, e il mondo, che si è affermata nelle folle, che ha scosso e portato alla luce strati profondi di umanità sommersa, ma la Rivoluzione francese superficiale, che appare nei romanzi e nei libri di Michelet, i cui attori sono avvocati rabbiosi ed energumeni sanguinari. Questa superficie l’hanno presa per sostanza, il gesto di un individuo l’hanno preso per l’anima di un popolo. Ripetono il gesto, credono con ciò di riprodurre un fenomeno. Sono scimmie credono di essere uomini.

Giugno

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di Silvia Zamperini

La salma di un insetto

Penelope ha schiacciato la cavalletta,
sulla tappezzeria di scettri e corone.
Spalmata tra un rubino e uno zaffiro
si è sentita scricchiolare poco a poco.
Sopra,
un dagherrotipo indiano
sotto,
un ventaglio tibetano.
Oggi è l’anniversario dei fiori con petali pari,
che quando li conti t’ama sempre.
Una corona per te, cavalletta,
che il tuo sacrificio non sia stato vano.

*

Di domenica

Un’oliva sul fondo del bicchiere
sbeccato e sbavato di rossetto.
Sono un cerino carbonizzato
posso servire solo a disegnare un baffo all’insù.
Nel secchio della pattumiera c’è un ragno
un liquido marrone
il succo dei rifiuti
per pigrizia non lo lavo
e lo lascio sul balcone.
Priviet, San Pietroburgo.

N’azione In Diana

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C.V.D

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Effeffe + Dianamite

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Meister Argentieri sorveglia la situazione

2

Da sinistra a destra: Petrelli Pinto Forlani

In alto al centro: Tamerlano

Notizie da una città alla deriva

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di Marco Belpoliti

Cosa succede a Milano? Di quale male oscuro soffre la città della finanza e del lavoro, della moda e del design? Il giorno degli stati generali dell’Expo, vanto della metropoli del XXI secolo, il Presidente del consiglio la definisce una città africana. Mentre si vieta il consumo di alcool agli uder 16, scelta giusta ma solo repressiva, nel contempo si espande la città della movida, degli happy hour: da Corso Como all’Arco della Pace, dai Navigli a viale Piave. E contro il successo delle bici a nolo, offerte dal Comune, non si vedono nuove piste ciclabili né in centro né in periferia.

Le millecinquecento battute di Enrico Deaglio

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di Andrea Inglese

In millecinquecento battute ieri su Repubblica Enrico Deaglio ha esposto alcuni fatti nodali per la vita della nostra democrazia, di cui i media avrebbero dovuto occuparsi più di ogni altra cosa durante questi anni e che avrebbero dovuto essere ininterrottamente al centro del nostro dibattito politico. In realtà, sia l’informazione che il dibattito politico ha avuto tra i suoi pregevoli effetti di cancellare dalle nostre menti (o rendere irrilevanti) molti di quegli elementi che Deaglio ha raccolto in queste poche righe.

In altri termini, le millecinquecento battute di Deaglio sono quanto ci si dovrebbe aspettare da un serio e intelligente giornalismo politico, impegnato a informare l’opinione pubbliche su questioni della massima importanza per il destino del paese. Ci possono essere questioni più gravi, vitali e urgenti da discutere e chiarire che queste, questioni che coinvolgono nello stesso tempo la realtà politica, economica e criminale del paese?

C’è chi insegna

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Due sere fa, insieme al violoncellista Lamberto Curtoni, eravamo a Palermo, al Baglio alla Zisa. Un cortile, nel mezzo di un casale, che da subito ti accorgi- ci sono ovunque profumi di fiori e di orto- essere l’agorà che hai sempre immaginato, desiderato. Anna Voltaggio e Fabrizio Piazza ci hanno condotti qui per mano, ma non come cavalli!. Ci accoglie Libera Dolci ed è già un destino. A loro e soprattutto a noi vale la pena, questa poesia.
effeffe

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di
Danilo Dolci

C’è chi insegna

guidando gli altri come cavalli

passo per passo:

forse c’è chi si sente soddisfatto

così guidato.

C’è chi insegna lodando

quanto trova di buono e divertendo:

c’è pure chi si sente soddisfatto

essendo incoraggiato.

Profondamente stimavo un amico

quasi invidiando un altro a cui diceva

stupido, e non a me.

C’è pure chi educa, senza nascondere

l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni

sviluppo ma cercando

d’essere franco all’altro come a sé,

sognando gli altri come ora non sono:

ciascuno cresce solo se sognato.

Tutti e due per “Terra”!

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Invitati, in buona fede, da Luigi Argentieri, Domenico Pinto e Francesco Forlani, presenteranno domani 24 luglio, il romanzo Autoreverse (ed. Ancora del Mediterraneo) alle ore 18h30 presso l’ex convento dei Cappuccini. Mesagne (BR)

dei baroni non si sa niente

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sarpi

di Gilda Policastro

Se il valore del libro di Nicola Gardini si dovesse misurare soltanto in relazione al tema annunciato dal titolo, I Baroni (Feltrinelli, 2009) e dallo strillo di copertina (“come e perché sono fuggito dall’università italiana”), il j’accuse lanciato dalla prospettiva dell’exul immeritus (Gardini è ora docente di Letteratura italiana e comparata a Oxford) e la comedía ivi inscenata, con i nomi tutti falsi di persone tutte vere, sentirebbero più del livore personale, e di una vendetta servita a freddo e senza pericolo, che della lucida analisi di un problema scottante. Del resto, il male dell’università è forse da individuarsi meglio in un cursus intollerabilmente lungo e privo di un approdo sicuro che nella corruzione dei singoli protagonisti.

Un nastro verde al polso per la causa iraniana. Appello dello scrittore Hamid Ziarati.

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Cari amici,
non mi dilungherò sulle motivazioni per non annoiarvi, confidando nella vostra conoscenza di quanto è avvenuto in quest’ultimo mese nel mio Paese d’origine, Iran, e VI INVITO E VI PREGO, IN SEGNO DI SOLIDARIETÁ verso un popolo che lotta da più di cent’anni per la democrazia e per la libertà, e verso i suoi scrittori, giornalisti, registi, attori, intellettuali e studenti continuamente censurati, imprigionati e uccisi, DI INDOSSARE IN OGNI OCCASIONE PUBBLICA UN NASTRO DI COLORE VERDE AL POLSO. Il costo del nastro è irrisorio, meno di 1 euro al metro in qualsiasi merceria sotto casa, ma ciò che rappresenta non ha prezzo, in Iran la popolazione civile lo sta pagando ogni giorno con il proprio sangue.
La storia di ieri e di oggi dimostra che laddove la politica è sorda e i politicanti sono legati da interessi molto meno nobili che lottare per la democrazia e la libertà, solo tu puoi!

UN NASTRO VERDE AL POLSO. SE NON ORA QUANDO?

Con eterna gratitudine,
Hamid Ziarati
(hamidziarati@yahoo.it)

Se poi, per caso, sabato 25 luglio 2009, ore 17, siete a Roma dalle parti di Via Nomentana, 361, dove c’è l’ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran, c’è una manifestazione «Verde» in contemporanea in tutto il mondo, in difesa della Democrazia e per un Futuro migliore:
Global Day of Action.

La storia degli altri

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[Da sempre ritengo che il conflitto tra lo stato d’Israele e il popolo Palestinese non avrà fine finché gli scolari israeliani impareranno a scuola che i palestinesi sono brutti e cattivi e reciprocamente gli scolari palestinesi impareranno a scuola che gli israeliani sono brutti e cattivi. Dovrei dire “a scuola e in famiglia”, naturalmente, ma già se a scuola sentissero una storia diversa qualcosa cambierebbe. Con questo tema inizia questa breve intervista, pubblicata sul numero di giugno 2009 di Peace Reporter, la rivista di Emergency. La cartina sottostante l’ho copiata io da questo sito. a.s.]

di Christian Elia

perdita progressiva di territorio palestinese dal 1948 al 2000.
perdita progressiva di territorio palestinese dal 1948 al 2000.

Ilan Pappé è uno storico israeliano che insegna all’Università di Exeter, in Inghilterra. Insegnava a Haifa, ma non gli è stato rinnovato il contratto. I suoi libri, in particolare La pulizia etnica in Palestina del 2007 edito in Italia da Fazi, hanno suscitato tante polemiche. Viene ritenuto il principale esponente dei cosiddetti nuovi storici, impegnati nel riesame della storia israeliana e del conflitto palestinese.

Lei ha dichiarato di essersi imbattuto nella questione palestinese solo quando si è recato a Oxford per il dottorato. Quale storia studiano i ragazzi in Israele?

Tanti israeliani sono stati istruiti a pensare che i palestinesi hanno abbandonato volontariamente le loro terre nel 1948 e che all’epoca il governo israeliano ha fatto di tutto per convincerli a restare. Nella storiografia ufficiale passa una tragica farsa: Israele è nato su una terra che non era di nessuno prima. Ma allora come si spiega la vulgata che invitava i palestinesi a restare? In questa versione Israele non ha alcuna responsabilità storica e politica. I giovani israeliani vengono istruiti a pensare che oggi come nel 1948 combattono un nemico barbaro. Non gli vengono dati gli strumenti per capire per quale motivo un palestinese si fa esplodere,

La violenza nel cinema e nei mass-media

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[Il saggio di Haneke apre il libro La violenza allo specchio. Passione e sacrificio nel cinema contemporaneo, Transeuropa edizioni]

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di Michael Haneke

Le discussioni sul tema della violenza nei mass-media hanno generalmente come obiettivo l’individuazione di un responsabile, di un capro espiatorio. A seconda dei diversi punti di vista, i mezzi di comunicazione di massa o sono considerati semplicemente “lo specchio oggettivo della società” – e per tanto non fanno altro che riflettere la sua realtà -, oppure la violenza da essi costantemente rappresenta diventa inevitabilmente la diretta responsabile dell’aumento della violenza che riscontriamo nella società e nella nostra vita quotidiana. Volendo per forza isolare un responsabile, viene spontaneo domandarsi se nasca «prima l’uovo o la gallina», e il fatto che la domanda non abbia una risposta univoca giustifica di fatto entrambe le posizioni, ognuna delle quali può considerasi corretta.

La Luna

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di Franz Krauspenhaar

Fa caldo, in questo luglio del 2009. L’aria condizionata è tenuta al minimo, temo per la mia salute ormai già stecchita. Mangio le mie verdure bollite, guardo la televisione. Ricorre il quarantennale del primo sbarco sulla luna. Immagini in bianco e nero nello studio televisivo della RAI, il giornalista Tito Stagno, biondo e con gli occhiali,  viso simpatico e ben fatto, abbassa le mani… “Ha toccato”, esclama. Ruggero Orlando, da Houston, smentisce con la sua ben nota voce gracchiante. Potrebbe scoppiare una polemica, invece tutto si aggiusta. Io sono a casa di amici, in Viale Premuda, a godermi lo spettacolo del primo uomo sulla luna. C’è attorno un vociare entusiasta, esaltato, come quello che ronzerà attorno ai mondiali di calcio di Messico 70, giusto un anno dopo.

GranTorino: Franco Buffoni

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l’originale qui: