Qui non c’è niente
di
Enrico De Vivo
da “Divagazioni stanziali” (QuiEdit, 2009)
Flânerie pomeridiana in una giornata caldissima di novembre con Enrico detto Berlusconi (perché ha sempre molti soldi in tasca), mio cugino e omonimo, carattere originale che starebbe benissimo così com’è in farse popolari tipo sceneggiate o anche nei romanzi di Mastriani. Grandi discussioni sulle cose più impossibili (cavalli, filosofia, cielo), e approdo infine allo studio di N. Z., socialista d’annata ma giovane quanto me, rimasto socialista, italiano e craxiano, a dispetto di tutto e di tutti. Con aria da grande saggio, rassicurante e affettuoso, N. Z. ci fa accomodare in poltrona davanti alla sua scrivania – noi due nel ruolo preciso di postulanti. Cosa siamo venuti a postulare? Siamo venuti qui perché a un amico di Berlusconi serve un favore, deve far visitare il suocero da un medico che dichiari che è matto, in modo da ottenere l’invalidità e la pensione sociale. N. Z. è “a disposizione”, lo dichiara subito: “a disposizione, Enrico, cosa ti serve?”. Da queste parti la “disposizione” è un’istituzione medievale, quasi un dovere del vassallo nei confronti del suo servitore: in apparenza è l’attuazione di un servigio, in realtà è l’affermazione di un potere.












