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* * da cenere oro

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* hiberno pulvere

 

lafenice

Venezia – Gran Teatro La Fenice
Ingresso posteriore

 

Bruno Maderna [ 1920 – 1973 ]
Serenata per un satellite (per flauto e marimba – 1969)


 

canto sommesso
forse sommerso
per un teatro
prima bruciato
e poi rinato

di Orsola Puecher

 
 
è una nave senza vele
un galeone all’ancora

che dondola pigro
grande e leggero

 

fermo sull’acqua
che scorre lenta

 

luccicante
               di foglia d’oro

odoroso
             d’essenze d’India

Prego?

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czotki

Preghiera d’inverno occidentale
(da fare, di preferenza, davanti ad una delle tante vergini della neve qui presenti)
di
Francesca di Mattia Bikbova

Santa Vergine, la neve in Russia è fatta di merda (ripetere dieci volte coi polpastrelli sui grani del rosario). Io ho fede, e sono certa che caschi dal cielo già così, impregnata di vomito di pomodoro e petali appassiti di tulipani rossi, bottiglie frantumate, guanti spaccati a metà, piscio di cane, mozziconi di sigarette, sangue di mestruo e di coltello, preservativi di sperma congelato, sputi di vodka inacidita e tutta la merda che gli animali e gli esseri umani hanno gentilmente depositato in autunno. Succede questo: che in Russia la neve viene fabbricata con gli avanzi della stagione precedente. Qualcuno la prende in blocco, tutta questa spazzatura, nelle notti di novembre, e la porta in cielo a purificarsi tra i canti degli angeli e dei serafini.

La critica all’epoca della fine dell’opera. Omaggio a Roberto Bazlen

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di Massimo Rizzante

Molti anni fa frequentavo a Parigi alcuni corsi di letteratura tenuti da rispettabili ricercatori. Il problema era che a ogni lezione si presentavano nuovi innesti che producevano a loro volta sensazionali incroci: socio-semiotica, semantica della ricezione testuale, ermeneutica del segno letterario, epistemologia della narrazione. Il mio entusiasmo scemava tanto quanto l’opera risultava introvabile.

Oh, quanti libri non ti si spezza il cuore!

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di Simonetta Bitasi

Di lavoro leggo. Spesso faccio fatica a dirlo.
Sento quasi di dovermi giustificare, a volte di dover scontare un privilegio unico o almeno di dover spiegare come da una lunga esperienza in una libreria e dall’affettuosa corrispondenza sin da piccola con le biblioteche io sia arrivata ad essere un lettore ambulante, a leggere per poi girare a raccontare le mie letture. Sulla mia strana attività mi ha dato recentemente un po’ di conforto e coraggio un articolo della scrittrice Zadie Smith che su Internazionale dice: Leggere, se fatto come si deve, è difficile tanto quanto scrivere… Chi equipara la lettura all’esperienza essenzialmente passiva di guardare la tv, vuole solo svilire la lettura e i lettori. La similitudine più calzante è con il musicista dilettante che sistema lo spartito sul leggio e si prepara a suonare. Deve usare le competenze acquisite con fatica per suonare quel brano musicale. Quanto maggiori sono le sue competenze, tanto più grande è il dono che fa al compositore e quello che il compositore fa a lui. E’ una “nozione” di lettura che ormai sentiamo proporre di rado. Eppure quando fai esercizio di lettura, quando passi del tempo con un libro, la vecchia morale dello sforzo e del compenso è innegabile. Leggere è un’abilità e un’arte. I lettori dovrebbero andare fieri delle loro competenze e non vergognarsi di coltivarle, non fosse altro perché gli scrittori hanno bisogno di loro… Anche il lettore deve avere talento. Confortante, vero?

Gran Torino, Detroit, USA

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di Mauro Baldrati
grantorino

Da quel vecchio combattente della OAE (Old American Epic) che è, Clint Eastwood ha girato un film epico sulla solitudine, la vecchiaia, i padri, l’amicizia, il sacrificio. Walt Kowalski, il suo personaggio, riassume tutti i cow boys solitari che si sono avvicendati lungo le varie e transgenerazionali frontiere americane; porta con sé i generi, gli stili, l’azione, la violenza, la prepotenza del mondo, l’ingiustizia, contro cui i suoi eroi si sono ribellati, spesso in nome di valori mai dichiarati ma sottintesi di onestà, coraggio, difesa dei deboli. Li riassume in sé e li usa, li scambia. Per arrivare a una scelta finale che, forse, è il bilancio di una vita.
Walt, ex operaio della catena Ford, vive in una villetta dei sobborghi di Detroit. Un tempo questi erano i quartieri della piccola e media borghesia americana, gli operai specializzati, gli impiegati, col piccolo prato e la veranda. Ora tutto è in decadenza, le recinzioni sono sfondate, sull’asfalto cresce l’erba. Poche persone per le strade, bande perlopiù. La villetta vicino alla sua è abitata da una famiglia di asiatici, i “musi gialli” che lui, reduce dalla Corea, ha combattuto e ucciso.

Anima latina

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anima_latina [ecco un bel libro di critica musicale. Io normalmente non li sopporto, tutti presi a parlare delle parole delle canzoni, dimentichi che una canzone è soprattutto la sua melodia, le scelte sonore, ritimiche, armoniche, gli arrangiamenti, gli esecutori, etc. ché magari ricordiamo pure un verso di una canzone, ma se ce lo ricordiamo è perché lo sappiamo cantare (abbiamo finto di masticare l’inglese per decenni, senza sapere cosa dicevamo, ma che cosa cantavamo ne siamo certi). Tra l’altro io non amo Mogol, il Battisti che preferisco è questo. Ma Anima Latina è un disco epocale per la musica pop italiana e Renzo Stefanel riesce a dirlo bene, con entusiasmo, passione e competenza. Estraggo un paio di pagine dal suo libro, giusto per capirci, nello specifico sono dal cap. 10: “Gli uomini celesti”, pag. 163-166. Video con canzone in fondo al post. G.B.]

di Renzo Stefanel

Tornando a Gli uomini celesti, che è meglio, è interessante che nella prima strofa la voce di Battisti sia effettata, quasi “inscatolata”, con un sottofondo molto discreto, pieno di pause e note lunghe, lasciate andare, a sottolineare la “speranza spezzata” del protagonista.

Ryoko Sekiguchi ::: Apparizione :::

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A Roma, mercoledì 18 marzo 2009, alle ore 20:00

presso il Centro culturale
La Camera Verde
(via G. Miani 20)

presentazione del libro felix

APPARIZIONE 

(studi vapore) / indagine sul vapore

di Ryôko Sekiguchi

edizione trilingue (giapponese, francese, italiana)
a cura di Andrea Raos

Sarà presente l’autrice, che leggerà alcuni brani

Interventi di Andrea Raos e Marco Giovenale


*

Il ritorno della munnezza

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Questo video che documenta il primo carico di rifiuti tal quale finito nell’inceneritore di Acerra, mi è stato segnalato da Maurizio Braucci. Il movimento campano Rifiuti Zero da appuntamento per il 25 e 26 marzo affinché la truffa non si consumi in silenzio. hj

IRRESPONSABILE

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Secondo i dati forniti dall’UNAIDS, dall’inizio dell’epidemia nel 1990, con 22 milioni di persone nel 2007, l’Africa sub-sahariana ospita il 67% di tutte le persone che nel mondo vivono affette da virus dell’HIV e il 90% dei bambini che vivono con l’infezione. L’AIDS ha cancellato intere generazioni di genitori ed una delle piaghe della malattia sono le migliaia di orfani, molti dei quali sieropositivi.

Le cure sono costose e non sempre disponibili, i progetti rari ed incompleti, la prevenzione rimane uno dei pochi se non l’unico mezzo per contrastare le cifre tragiche di questa pandemia.

Proprio per questo motivo il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli ritiene l’atteggiamento di Benedetto XVI sconsiderato e preoccupante. Le parole del papa suonano, dall’alto del volo che lo sta portando in Africa, come l’ulteriore ed incomprensibile arroccamento del Vaticano e della Chiesa Cattolica su posizioni colpevoli che ostacolano la diffusione della prevenzione in un continente martoriato dall’epidemia di AIDS come l’Africa.

Il problema dell’Aids in Africa è tragico come anche complicata è la difficoltà culturale, in questa regione del mondo, alla prevenzione. Affermare che il preservativo rappresenta un problema piuttosto che un efficace strumento di lotta al propagarsi dell’AIDS rende Benedetto XVI un detrattore dell’unico reale strumento di prevenzione a nostra disposizione, come viene peraltro caldamente raccomandato da tutte le organizzazioni che si occupano di AIDS.

Visionari – Professor Bad Trip, Gianluca Sbrana

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di Marco Rovelli

 

Gianluca Lerici, in arte Professor Bad Trip, è stato un grandissimo artista dell’underground nel campo dell’illustrazione. Pittura acrilica su tela (la maggior parte della sua produzione), disegno a china o fumetto, cartoncino o metallo – nulla restava immune dal suo genio creativo, dalla sua “arte mutante”. Ha traversato psichedelia, punk e cybercultura, si è ispirato a Burroughs (una delle sue opere più conosciute è il Pasto Nudo) e Ballard, così come a Robert Crumb, dando vita a una sua cifra personalissima, mettendo in scena creature dickiane, mostri spaziali, vulcani in eruzione, fabbriche inquinanti e disastri (i libri della sua arte e dei suoi fumetti sono pubblicati da Shake edizioni).

Enne

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di Giuseppe Rizza

Te l’avevo già detto
non puoi certo averlo
dimenticato, era metà
agosto, io e te nudi su
un letto a due piazze
improvvisato per l’occasione
un’ora dopo il mio arrivo
all’aeroporto Bellini ex Fontanarossa
Catania fuori le mura e il suo
scirocco provenienza Maghreb
in arabo shulùq vento del mezzogiorno
e con il contorno tremolante
delle tue iridi nocciola
Non posso prometterlo
hai aggiunto e io ho avuto paura
di aver sbagliato tutto
timore che mi trascino ancora
e ti ho pianto in faccia
sillabandoti parole che
avresti dovuto rimuovere:
mio padre batteva i pugni
schiacciava insetti invisibili
partoriti dalla mia malattia
per scacciare le vertigini
della mia mente attratta
dal balcone di casa
la mia inquietudine era
un magnete in espansione
avanzava un millimetro al giorno
dentro il cervello
cancerogeno m’ingoiava.

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di Mattia Paganelli

La Chiesa e la bioetica

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di Vito Mancuso

Le gerarchie cattoliche sottolineano spesso che i loro interventi sui temi bioetica sono condotti sulla base della ragione e riguardano temi di pertinenza della ragione, legati alla vita di ognuno, non dei soli cristiani. Per questo, aggiungono, tali interventi non costituiscono un`ingerenza negli affari dello stato laico. Scrive per esempio il recente documento Dignitas persone che la sua affermazione a proposito dello statuto dell`embrione è «riconoscibile come vera e conforme alla legge morale naturale dalla stessa ragione» e che quindi, in quanto tale, «dovrebbe essere alla base di ogni ordinamento giuridico». Allo stesso modo molti politici cattolici rimarcano nei loro interventi sulle questioni bioetiche che parlano non in quanto cattolici ma in quanto cittadini.

Kobarid a Bologna e Trento

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Letture da Kobarid (Raffaelli, 2008) di Matteo Fantuzzi

Bologna, Martedì 17 Marzo, ore 20.45
Sala Multimediale Biblioteca Ruffilli – quartiere San Vitale
Vicolo Bolognetti 2 (trav. S.Vitale) – Bologna

*

Trento, Sabato 21 Marzo, ore 17.00
reading della redazione di clanDestino
Biblioteca Comunale di Trento.

Qui per leggere alcune poesie

Come è grande la città

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pischedda [E’ stato finalmente ristampato, dalle edizioni Shake, il romanzo-memoire-diario-saggio, Come è grande la città di Bruno Pischedda. Ne parleremo a Milano il 19 marzo, alle ore 21, presso la Libreria ShaKe – Interno 4, viale Bligny 42. L’autore ci dona la postfazione alla nuova edizione, che qui vi allego. G.B.]

di Bruno Pischedda

Questo libro vide la luce una prima volta nell’estate del 1996, per i tipi di Marco Tropea Editore. Dodici anni fa dunque, il tempo di una discreta stagionatura. L’accoglienza riservatagli dalla stampa fu indiscutibilmente fragorosa: quattro paginate in successione a cura di Paolo di Stefano, sul “Corriere della sera”, e tre articoli di vario orientamento su “l’Unità” fomentarono un dibattito pubblico che si protrasse a lungo, su quasi tutte le testate nazionali. In lizza scesero non già i cavalieri del moderno e gli armigeri di un evo trascorso, cioè gli integrati da un lato e gli apocalittici dall’altro; ma intellettuali tradizionalmente polemici, che senza neppure avere aperto il volume pontificavano sui massimi sistemi, e letterati militanti sul serio, disposti a entrare nel merito del suo progetto espressivo e a valutarne le risultanze. Magari anche gratificandomi di qualche insulto, come Felice Piemontese, capace di darmi del pirla, testuale, siccome avrei confuso Goffredo Fofi con Sartre o Foucault, e una rivistina di poco peso come “Linea d’ombra” con “Les Temps modernes”.

Autismi 7 – Il mio testamento biologico

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lomax1 di Giacomo Sartori

 

In questo posto e in questo momento, sotto questo cielo ancora invernale di vetro soffiato, vi chiedo di uccidermi. Non subito, quando ce ne sarà bisogno. Quando me lo meriterò. Quando sarò trafitto da tubicini e non risponderò alle vostre domande. Quando paragoneranno la mia esistenza a quella di un vegetale. Quando qualcuno vorrà a tutti i costi farmi del bene o del male, o anche solo prendermi come ostaggio della sua petulante (vanagloriosa?) coscienza. Quando la legislazione in vigore farà decidere i medici o i cammelli. Ve lo chiedo nel pieno possesso delle mie facoltà cerebrali. Insomma, così mi sembra. Certo potrei essere schizofrenico, o vittima di una primaticcia demenza senile, o anche solo ubriaco, ma non mi pare. Mi osservo nel riflesso della porta a vetri del bagno, e mi vedo come mi sono sempre visto, solo un po’ invecchiato. Arriva il momento in cui bisogna fidarsi di se stessi, nonostante le tante delusioni che ci si è dati. Attribuite insomma a queste mie parole l’affidabilità di tutti i chiacchiericci umani, che mentono sempre, ma alitano pur sempre atomi di vero. Uccidetemi, dunque.

IL CINEMA DI GUY DEBORD: L’INTEGRALE DEI FILM E UN CONVEGNO

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Da martedì 17 marzo al Cinema Lumière una retrospettiva e un convegno dedicati all’autore di La società dello spettacolo

“Il mondo è già stato filmato, si tratta ora di trasformarlo”. È una sua celebre citazione a dare il titolo alla personale – suddivisa in proiezioni al Cinema Lumière della Cineteca di Bologna e in un convegno all’Auditorium del  Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna – dedicata all’opera cinematografica di Guy Debord: al Cinema Lumière vedremo i sette film dell’intellettuale parigino (scrittore, filosofo, regista), fondatore nel 1957 dell’Internazionale Situazionista, autore nel 1967 del fondamentale La società dello spettacolo, interprete lucido e cupo (per parole e immagini) delle forme della società occidentale del secondo dopoguerra.

Gradazioni di Viola

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viola2

(labirinto)
di
Viola Amarelli

La forma delle dita, dei tuoi piedi
si accartoccia e che verrà dopo
è un bel imbroglio o, più esatto, il garbuglio
lo stesso per cui ridiamo insieme ora
bevendo l’aria, attenti alla suonata venisse
alcuno – non viene mai nessuno
per fortuna,
la forma temporanea che è il mondo
questo qui ora, lacrime e sangue
non tante storie, asciuga entrambi
con la sabbia e poi versaci l’acqua
dissalando il tuono delle
armi, fragore ogni secondo
in fuga ora tu baci
un bacio senza forma, s’è rotto il filo
inutile Arianna.

Dichiarazione di indipendenza

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di Giuseppe Zucco

Ciò che avrebbe potuto essere e ciò che è stato
mirano a un solo fine
che è sempre presente.
(Thomas S. Eliot)

Quando vado avanti tu vai indietro
e ci incontreremo da qualche parte.
(Radiohead)

Tu sei come me, ed hai un mouse sotto il palmo della mano destra. Clicchi due volte, ed il mondo si dispiega per intero sotto i tuoi occhi. Hai appena acceso il computer, ed una freccia bianca, la punta rivolta verso l’alto, indica che tu sei lì, tra i pixel dello schermo, ed esisti. Le generazioni che ti hanno preceduto non avrebbero potuto immaginarlo, né teorizzarlo. Non ce l’avrebbero fatta a prevedere te, incollato davanti allo schermo, un piede sotto il culo e le cuffie tra le orecchie, stilizzato in una freccia bianca ed in movimento che rappresenta contemporaneamente altri milioni di utenti che adesso, proprio in questo istante, schizzano indisturbati sull’oceano smisurato della comunicazione globale.

Do you remember Ad Reinhardt?

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Ho chiesto a Riccardo Venturi, collaboratore di Sud e autore di una monografia su Ad Reinhardt di immaginarsi qualcosa per NI.
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Dialogo sui Black Paintings di Ad Reinhardt

A: Dobbiamo proprio parlare dei Black paintings di Reinhardt? Cosa ci sarà mai da dire su dei quadri dipinti completamente di nero?
B: In teoria, niente. Sono i primi dipinti che non possono essere fraintesi.

A: C’è talmente poco da vedere, in effetti.
B: Tutto quello che c’è da vedere è lì, sulla superficie.

A: Peccato che sono vuoti.
B: Al contrario, la superficie è così piena che non c’è più spazio neanche per la firma.