di Sergio Pasquandrea
Ma chi l’ha detto che il jazz è morto negli anni ’60?
A parte il fatto che secondo me il jazz è ancora vivo e vegeto (ne ho parlato qui), ci sono anche – ad esempio – gli anni ’70. Un decennio di grande creatività, in cui sono stati pubblicati moltissimi capolavori.
Per questo ho sempre trovato strana la carenza di letteratura su questo periodo. Gli anni ’70, in effetti, sono una sorta di buco nero della critica e della storiografia jazzistica. Molte storie del jazz saltano il periodo a pie’ pari oppure gli dedicano poche veloci annotazioni, trattandolo come poco più che un’appendice degli anni ’60. Fra quelle che conosco, solo il datatissimo Libro del jazz di J. E. Berendt (fuori catalogo da almeno un quarto di secolo, a quanto ne so) vi dedica un’attenzione abbastanza approfondita. Esiste, ma non ho mai avuto modo di leggerlo, un vecchio libro della Gammalibri (Aa. Vv., Il jazz degli anni Settanta, Milano 1980); un paio di interessanti, e purtroppo brevi, saggi di Stefano Zenni e Adriano Mazzoletti si trovano in un volume di qualche anno fa (Dopo i Beatles. Musica e società negli anni Settanta, a cura di Umberto Bultrighini e Gianni Oliva, Carabba, Lanciano 2003).
Sarebbe bello se qualcuno di quelli che c’erano – musicisti, critici, semplici appassionati – cominciasse a tentare un bilancio, una sintesi, o perlomeno una panoramica. In attesa di tempi migliori, ci provo io, con i miei poveri mezzi e le mie conoscenze parziali. Accontentatevi.