di Antonella Anedda
“C’erano spettri tornati sulla
terra per sentire le sue frasi…./
C’era chi tornava per sentirlo leggere il poema della vita/ della pentola sulla stufa, la brocca sul tavolo, i tulipani…”
La poesia Large red man reading di Wallace Stevens ci parla di morti che tornano per ascoltare un uomo (forse lo stesso poeta, corpulento e rosso di capelli) che legge “from the poem of life.”
Al suono della parola “poesis” ripetuta due volte “i loro (dei morti) orecchi, i loro cuori sottili, esauriti, \prendevano forma, colore…”
La lettura, meno violentemente del sangue nero e fumante che attira i morti nell’undicesimo canto dell’Odissea, – qui suscita il fantasma dell’emozione: “ciò che era loro mancato”.
Tutta l’opera di Bill Viola ruota intorno a questa mancanza. I suoi video trasformano la mimesis in phantasia (1) parlano di cose eterne: dolore, assenza, perdita, nascita, separazione. Accanto alla più alta tecnologia ci sono aria, fuoco, soprattutto acqua, suoni che plasmano lo spazio e un ritmo spesso lentissimo, volutamente inadeguato, in rivolta contro il cosiddetto tempo reale.