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E Calloni la butta dentro

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di Matteo Ongari

Il momento concordato era l’intervallo tra il primo e il secondo tempo.
Appena l’arbitro fischiava e nello spazio aperto tra la tribuna e il cemento dei gradoni quel fischio diventava un lamento, ci alzavamo.
Scendevamo al bar, quello sotto la tribuna centrale.
Mio padre si faceva un caffè, l’ennesimo, o magari sorseggiava un mignon di Borghetto fumandosi una sigaretta. Io ne approfittavo per fare un salto al bagno.
La domenica, quando ero piccolo, sembrava scorrere secondo un preciso ordine.
Alla mattina mi mettevo a fare i compiti, approfittando del silenzio, del fatto che il mulino finalmente tacesse e i macchinari fossero in riposo. Mia madre rigovernava, mio fratello andava a messa con gli amici, sempre che non accompagnasse mio padre, e quest’ultimo partiva abbastanza presto, prima delle dieci, diretto al mercato.
Mi piaceva la mezza stagione, per lo stadio. Ma anche l’inverno aveva il suo fascino: i terreni pesanti, il fiato solidificato oltre la bocca, gli enormi fari che illuminano il campo già alle quattro, il naso gocciolante, il freddo che si infilava dappertutto e il viaggio di ritorno fatto con le mani arrossate poggiate alle bocchette del riscaldamento, la ventola al massimo e la radio sintonizzata su Ameri e compagnia.

Il somaroconiglio

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di Carlo Cenini

a Fernando e Luce

Il 16 luglio 1819, il poeta inglese George Byron si trovava a Jesolo, vicino a Venezia, per visitare le rovine dell’antica cattedrale di Santa Maria Maggiore; giunto dove un tempo sorgeva l’edificio, Byron notò un folto gruppo di uomini affaccendati intorno ad un cumulo di macerie. Dalla concitazione dei movimenti delle persone, e dall’espressione dei loro volti, il poeta immaginò che uno dei muri della chiesa fosse rovinato addosso a un malcapitato; quando si fu fatto strada tra i presenti, gli venne confermato che in effetti pochi istanti prima ciò che rimaneva della parete sud della cattedrale era crollato, e che il crollo aveva provocato una vittima, ma che la vittima non era una persona, ma un animale: un somaroconiglio.

Conoscere i tè Pu’er a Milano

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Domenica 16 marzo ore 14:30-18:30 presso La Teiera Eclettica di Milano, Livio Zanini terrà un seminario per conoscere ed apprezzare la famiglia dei tè cinesi pu’er:

  • Evoluzione storica, definizione e chimica dei tè Pu’er;
  • Classificazione e nomenclatura dei tè Pu’er;
  • Le principali aree di produzione;
  • La modalità di conservazione e invecchiamento;
  • Strumenti e modalità di preparazione dei tè Pu’er;
  • Degustazione di alcune varietà di tè Pu’er “crudi” e “maturati”, freschi e invecchiati, a foglie sfuse e compressi;

Anteprima Sud n°11- crocevia

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foto di Emiliano Bartolucci

Siamo strade
di
Davide Vargas

Agli occhi umidi degli uccelli, occhi speciali che possiedono coni che più degli uomini sanno distinguere i colori, a quegli occhi larghi che sanno riconoscere persino tra i vapori che salgono dalla terra i colori dei sogni degli uomini che il sole ha seccato lasciando loro soltanto il respiro pesante, vapori che vanno a ingrossare le nuvole nel cielo lontanissime dalla terra, agli occhi di uccelli migratori che hanno preso il volo da piste inospitali per una navigazione verso sponde mai viste, a quegli occhi che seguono le nuvole gonfiarsi come una pasta appetitosa e poi si rivolgono verso i territori che stanno lasciando, a loro appaiono sottili spaccature nella terra tracciate con il filo a piombo.
A quegli occhi schierati in parata che inseguono il presagio di luoghi leggeri e caldi appaiono tra le fenditure di sotto i miraggi dei colori rosati della sabbia.

Librarsi

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[Le ho promesso già da tempo che andrò in galera! Quanti colleghi vogliono seguirmi? G.B.]
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una segnalazione di Michela Sfrondini
  
Da ragazzo tanto lessi che non ebbi più paura.
Heinrich Heine
 
Leggendo questa frase mi è venuto da pensare che chi sta vivendo in carcere un pezzo della sua vita di paura deve averne tanta, anzi tantissima.
Pochi i lettori, ancora meno la dimestichezza con i libri, scarsa la disponibilità di libri in lingua straniera, disorganizzata la presenza di libri scritti in italiano. Ai detenuti rimane la paura mai colmata dalla lettura, un tempo infinitamente dilatato da dedicare alla branda e alla televisione, una solitudine vissuta in promiscuità che rappresenta, spesso, l’anticamera della passività più irrimediabile. Il carcere uccide di noia, di ristrettezze, di dolore, di rincoglionimento.

Dell’amicizia: Sartre / Camus

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E così quando tutti si concentravano sulla cazzimma degli scrittori e/o artisti fra loro, cominciai qualche tempo fa a raccogliere prove del contrario. Camus muore quando l’amicizia con Sartre si era già interrotta da un pezzo. Tre giorni dopo, il 7 gennaio 1960, Jean Paul Sartre pubblicherà su France-Observateur il suo omaggio all’amico perduto.
Questa prima uscita la dedico a Ivan Roquentin, perché ne parlammo a lungo e fu proprio lui a procurarmi le tre paginette che seguono e che avevo solo nell’edizione originale.
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immagine presa qui

Vita di Evasio Stoppani

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(Pubblico questo frammento di una più ampia e delirante scrittura di molti anni fa, anni di gioiose dissipazioni, facendolo dialogare con le opere di Gianluca Sbrana, visionario pittore massese, che all’epoca avevo trasfigurato nel personaggio di Fausto).

di Marco Rovelli & Gianluca Sbrana

Quando mancavano venti minuti alla sesta ora, quella dello humour nero, Fausto era sulla soglia del sonno. Accanto a sé, una ragazza della quale non ricordava il nome (in realtà, non lo aveva mai conosciuto). Lei dormiva da pochi minuti, e fino a un attimo prima l’aveva osservata minuziosamente, con sguardo da entomologo in preda a mistico furore. L’aveva trovata divina.

“Bevendo il tè con i morti”, di Livia Candiani,

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edito da Viennepierre, sarà presentato mercoledì 12 marzo alle ore 18 presso la libreria Equilibri di via Rodolfo Farneti 11 (MM Lima), a Milano. Presentano Sebastiano Aglieco e Francesco Marotta, legge Livia Candiani.

*

Per noncuranza o per sfida
feriscono i viventi
nessuno porta alla mente
la delicata trama
che ci sospende all’attimo
nessuno s’inchina
al mortale universo
dell’altro.

da Le avventure di bgmole

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di Gherardo Bortolotti

avventura n. 53
Nel camerino, bgmole prova un nuovo paio di jeans, chiedendosi quanto possa essere espressione del suo gusto.

avventura n. 2103
bgmole beve del tè freddo, al limone.

avventura n. 1635
Mangiando un panino in ufficio, bgmole si riempie di briciole.

avventura n. 2789
Sentendo nascere un piccolo attacco d’ansia, bgmole cerca di respirare profondamente.

Tradizione e innovazione nell’arte del tè in Cina e in Giappone

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di Livio Zanini

Nel chanoyu, l’arte del tè giapponese, i principi postulati dal suo fondatore Sen no Rikyu alla fine del XVI secolo sono stati tramandati e interpretati dalla tradizione successiva sia nella loro essenza che nella loro espressione concreta, attraverso una fedele trasmissione delle modalità di preparazione e degustazione dell’infuso.
Il sistema degli iemoto, i capifamiglia che in Giappone si tramandano l’arte da generazione a generazione, ha poi contribuito alla cristallizzazione e alla perpetuazione del chanoyu. Tutti i maestri delle diverse scuole, hanno trasmesso con passione e diligenza quest’arte, trovando spazio per la propria creatività per quanto concerne la progettazione della stanza da tè, la scelta del corredo di strumenti e degli arredi, nonché dei gesti prestabiliti usati nello svolgimento del rituale stesso. Tuttavia, nessun’innovazione ha mai modificato la struttura fondamentale del rito, basato sulla preparazione del tè in polvere praticata ai tempi di Sen no Rikyu. Dunque, è negli ambiti definiti dalla tradizione che si è evoluta quest’arte, che ci permette ancora oggi di vedere e apprezzare, vive più che mai, movenze e gestualità antiche, perpetuate fedelmente per secoli.

Un mutamento di clima – 2

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di Tiziana de Novellis

Cellule staminali

Lo studio delle cellule staminali rappresenta, oggi, uno degli aspetti più importanti della ricerca scientifica finalizzata alla cura di determinate malattie (in particolare alcune malattie “degenerative”, come il Morbo di Parkinson e l’Alzheimer – caratterizzate dalla distruzione progressiva di vaste aree di tessuto cerebrale -, ma anche di malattie mortali, come l’ictus, il diabete, le malattie cardiache e le paralisi). La ricerca su questo speciale tipo di cellule, associata alla tecnica della clonazione, sta facendo eccezionali progressi non solo per le importantissime prospettive terapeutiche, ma anche per la comprensione dei meccanismi per ottenere tessuti da utilizzare nei trapianti e per lo studio dei tumori. In un futuro prossimo, questa ricerca, se non ostacolata (come di fatto accade in molti Stati, tra cui l’Italia, dov’è consentita solo su cellule staminali somatiche), potrà rivoluzionare il modo di curare tante malattie che, allo stato attuale, sono di fatto incurabili e gravemente invalidanti.

Oltreparola – seminario di scrittura poetica

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La poesia… Qualcuno è intimidito dall’idea stessa. Qualcun altro scrive versi da sempre, o vorrebbe farlo. Qualcuno non ci ha mai pensato.
Eppure non vi è un punto più o meno privilegiato per imbarcarsi in una delle sue avventure. Perché, quale che sia la nostra personale posizione nei suoi confronti, la poesia esiste da sempre e brilla nel mondo come forza propria, costituendo qui ed ora una grande opportunità per ciascuno: di espressione, di espansione culturale, di affinamento della sensibilità, di immersione fruttuosa nelle zone più autentiche di se stessi.
La proposta di Oltreparola è un ciclo di incontri attivi in cui praticare lettura, scrittura, ascolto e confronto.

L’anima mia è morta per colpa tua

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di Alessio Arena

Siamo come l’erba dei tetti,
Che secca prima di crescere.

(Salmo.129)

Scivola quel jeans, ma che donna sei,
battiti nel cuore, non l’avevi fatto mai.

(Raffaello -il cantante)

Dopo mangiato ho preso il numero di Enzo il farmacista per chiedergli il fatto del test.
Sì, sì, non ti preoccupare, ha detto lui, con quella voce che sembra che sta pregando, non ti preoccupare, sei uscita incinta.
Io mi sono messa un poco vergogna perché non sapevo cosa dire, perché non parlavo e non mi era caduto il telefono dalle mani come succede a una che è uscita incinta dentro a Biutiful, per esempio, o dentro a Un posto al sole.
Forse ho detto: no e chi si preoccupa ? E ho aperto il cassetto che sta sotto al tavolino del telefono per prendere carta e penna.
– Come si chiama il marito della Dottoressa Nadia ?
– Che c’azzecca mo ?
– Vedo se sta sopra all’elenco.
– Ma quello è uno pisicchiatrico, nenné.
– Uh Gesù, allora ci dico che mi deve aiutare a non far nascere a un altro pazzo.
– Tu non stai bene.
– E voi sì, la verità, cu’ cchesta voce ‘e vecchia ‘nzallanuta.
– …

Variazioni Meridiano – 5: Marco Giovenale

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industria / distruzione

distruzione delle vite e distruzione del tempo delle vite sono prassi e procedure che si sono moltiplicate e sono diventate industria, nel percorso del secolo passato.

questo fatto carica di uno spessore di ombra aggiunta lo spazio dei segni, e dunque — in fondo — anche la scrittura di versi, che già per statuto suo è o può essere luogo laterale e asimmetrico rispetto al sermo communis.

all’interno delle forme e dei lessici si può cioè sommare quella macchia di assenza, di violenza e distacco, che le innumerevoli vite ferite, offese o perse (e il loro tempo bruciato) testimoniano o puramente sono. (fuori da linguaggi).

Tutti i colori del cielo

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di Giuseppe Rizzo

Qualcuno aveva una lampada ad olio. La spiaggia, non appena quello accese il lume, si riempì di ombre. Decine di fantasmi neri iniziarono a scontrarsi e maledirsi. Uno bestemmiava il cielo per tutto quel buio. Uno tirava pedate all’acqua del mare. Uno era inciampato e si era ricoperto di sabbia. La donna stava immobile con le gambe aperte. Il pancione brillava sotto la luce del lume. Fu al momento di rialzarsi che sentii per la prima volta la sua voce. Le tesi la mano, ma il gesto fu così goffo che attirammo l’attenzione di tutti. La donna all’in piedi era piccola e tonda. La pancia le si gonfiava da sotto le vesti e inchiodava lo sguardo di tutti alla sua rotondità. Qualcuno disse che non poteva venire con noi. «È pericoloso», mormorò, «per lei e per noi». È pericoloso, pensavo anch’io.

Sei autrici per margini, frontiere – anteprima Sud 11

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Maria Grazia Calandrone

Il ciliegio quell’anno aveva un male nel corpo
a fiorire, come
se inclinasse una chioma innaturale
verso un mondo che non vagliava
le cavità del mondo (…)

Alessandra D’Agostino

dieci mattoni
uno sopra l’altro
stucco a farcire (…)

Giovanna Frene

«Il nervo scoperto della nostra virtù: la vita
separata in due frammenti incoincidenti,
la dignità del mondo attraversata
come una scorciatoia» (…)

Florinda Fusco

conto le ossa adesso che sei quasi vicino

dietro il vetro la mano spinge non arriva

il corpo piegato a ricamare un bosco con gli spilli (…)

Marina Pizzi

appunti di sorpassi da questo indietro
da questo corriere dei piccoli permanenti
vedere il mondo da indici di fagotti
comunque la perdita senza la fronte querula
starsene d’angolo in gola alla forca(…)

Laura Pugno

allatta
una scimmia cucciolo
dalla pelliccia d’oro,
trova a terra
il corpo di una scimmia grande
scuoiato (…)

Un requiem per Misia

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di Tina Nastasi
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Misia, μισέω, miserere. Così suona nella mia mente un requiem per la donna che fu Misia Sert. Nacque Godebska il 30 marzo del 1872 mentre sua madre moriva nel darla alla luce. In questo evento Misia fonda il suo destino: nata dal dolore di sua madre che, malgrado il ventre gravato oltre l’ottavo mese, viaggiò un intero viaggio dalla Francia alla Russia, perché non poteva credere alle parole di un’anonima e rozza scrittura che le annunciava l’infedeltà dell’amato consorte, grave e altrettanto gravida di umane conseguenze; usata e umiliata dalle molte matrigne amate dal padre, ribelle alla paura e ai soprusi e perennemente in fuga; innamorata e venduta dal suo primo al suo secondo marito, amò solo il terzo e lo lasciò libero di andar via quando questi s’innamorò a sua volta di un’altra donna, che Misia accolse come una figlia. Rispetto chiese sempre per sé e per chi amava, rivendicando ogni ora la libertà di scegliere la propria via. Nelle sue vene scorreva sangue polacco e belga e russo e francese. Artista figlia di artisti, fu il cuore dei salotti d’avanguardia parigini. Scrisse con la leggerezza di una farfalla tutte le note bianche fra quelle nere della sua vita. Leggetene il ritratto a carattere che ne fece Jean Cocteau e ammiratene tutta la forza che non è più.
Sul ricordo di Misia oggi io canto un requiem per il cerimoniale dell’otto marzo e per tutte le donne che non hanno più fame di libertà e di rispetto.

Cinque minuti

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di Sabrina Campolongo

Cinque minuti.
Cinque minuti persi, realizzò Davide, sostenendosi con una mano contro lo stipite della porta del bar. Sospeso a fissare il cronografo al suo polso, quasi che chiamando a testimonianza il suo fiato corto e le gambe stanche potesse convincerlo a rettificare la sua posizione.
Ma a nulla sarebbe servito, nemmeno se gli avesse detto che non si era fermato, che non aveva incontrato nessun conoscente nel parco, che non aveva condiviso nemmeno una parte del percorso, nessuna chiacchera, nessun fondoschiena di bella ragazza in calzoncini da ammirare, niente.

DeLillo

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delillo.jpg di Christian Raimo

Qualche mese fa Tommaso Pincio sul Manifesto faceva il punto sulla produzione di romanzi americani sull’11 settembre (Updike, McEwan, Kalfus, DeLillo, Massud, McInerney, Safran Foer…), concludendo più o meno che il tentativo di scrivere qualcosa di realistico – a partire da una tale overdose di Reale – si rivelava, anche per scrittori di indiscusso talento, un po’ fallimentare. Mentre Pincio riteneva più convincenti due libri come L’accademia dei sogni di William Gibson e la fiaba apocalittica La strada di Cormac McCarthy, che sceglievano di usare gli strumenti della letteratura per contrapporsi direttamente all’immaginario dell’11 settembre (lo scenario di paura e devastazione) e non al suo dato di evento storico. La questione era sintetizzata da una battuta di Martin Amis, che, all’indomani dell’attentato, aveva dichiarato: “il 12 settembre, dopo essere stati un paio d’ore seduti alla scrivania, tutti gli scrittori della Terra avevano considerato, seppure controvoglia, la possibilità di cambiare mestiere”. Ossia: è morale una narrativa di finzione di fronte a una catastrofe? Che senso ha scrivere storie?

Un mutamento di clima – 1

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di Tiziana de Novellis

Come medico, ho sentito la necessità di dare un piccolo contributo al dibattito sui temi di bioetica, nel tentativo di chiarirne alcuni degli aspetti tecnici, oltre che sociali e umani. Questo scritto, a causa della complessità delle tematiche affrontate, non pretende né di esaurirne gli aspetti scientifici né di dare risposte univoche o risolutrici. TdN

“Solo il fanatismo, che come sempre nasce da un’intenzione apparentemente buona, può far credere che i medici di Napoli non siano persone perbene ma stregoni sadici, allegri assassini di nascituri. Il signor giudice, mandando la polizia in sala operatoria, ha trasformato un luogo di lenimento della sofferenza in un quadro di Bosch. E alla fine invece di mostrare il presunto orrore della professione medica, ha mostrato tutta l’asfissia di un’altra professione, della sua professione.” Francesco Merlo, “La crudeltà dell’ideologia”, la Repubblica, 13 febbraio 2008.

Riconsiderando alcune delle recenti vicende politiche del nostro paese, a cominciare dall’abbandono del dibattito parlamentare sulla normativa che avrebbe dovuto regolare le unioni di fatto, il rifiuto delle cure, la procreazione assistita fino alla recente messa in discussione della legge che regola l’aborto volontario e terapeutico, è evidente che l’ingerenza pressoché quotidiana delle gerarchie ecclesiastiche nella vita politica dello Stato risulta essere più efficace del dibattito politico stesso. Ciò che è in gioco, oggi, è la sopravvivenza del confronto democratico intorno a quei temi cosiddetti “eticamente sensibili”, a cui si contrappongono alcune “idee” sempre più radicate come “articoli di fede”.

La passeggiata improvvisa (e congedo)

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di Franz Kafka

Quando la sera sembra ci si sia definitivamente risolti a restare a casa, si è indossata la veste da camera, dopo cena si siede al tavolo illuminato e si è iniziato un qualche lavoro o gioco, concluso il quale d’abitudine si va a dormire, quando fuori c’è un tempo ostile che rende naturale il rimanere a casa, quando ormai si è rimasti fermi così a lungo accanto al tavolo che l’andarsene non potrebbe che suscitare la sorpresa generale, quando le scale sono già buie e il portone sbarrato, quando ora, nonostante tutto, ci si alza presi da un disagio improvviso, ci si cambia la giacca, si ricompare subito vestiti per uscire, si dichiara di dovere andare, e lo si fa senz’altro dopo essersi brevemente accomiatati, si pensa, giudicando dalla rapidità con cui la porta è stata sbattuta, di essersi lasciati alle spalle più o meno contrarietà, quando ci si ritrova in strada, con membra che rispondono con particolare mobilità alla libertà inattesa che si è loro procurata, quando per quest’unica decisione si sente raccolta in sé ogni capacità di decisione, quando con evidenza maggiore del solito si comprende che, più che il bisogno, si ha la forza di operare e sopportare facilmente il cambiamento più repentino, e quando si cammina così per le lunghe vie – allora, per quella sera, si è usciti del tutto dalla propria famiglia, che s’allontana nel nulla, mentre noi, saldissimi, neri per l’assoluta nettezza dei nostri contorni, battendo con le mani dietro le cosce, ci si innalza alla nostra vera figura.
Tutto si rafforza se, a quell’ora di notte, si va a trovare un amico, per vedere come sta.

[con questo post prendo congedo dai lettori di Nazione Indiana ringraziando per questi quattro anni di letture e scritture. A loro, e chiaramente a Nazione Indiana, un saluto e arrivederci.]