
Una civiltà della festa e dell’oblio*
di
Luis de Miranda
pubblicato su LE MONDE | 09.02.08 |
traduzione di effeffe
Nel giugno del 2003, all’età di 32 anni, ho girato per qualche giorno la Polonia, da solo, per concludere il capitolo di una relazione amorosa di due anni con una giovane donna nata a Cracovia. Fu un modo per lasciarla: scoprendo la città in cui era cresciuta. In Polonia avevo una piccola videocamera con me. Di tanto in tanto, raramente, riprendevo delle immagini. Fu il caso per Auschwitz.
Non sono ebreo, i miei antenati sono cristiani e, se la mia memoria è buona, ho visitato questo campo con una motivazione da europeo medio: un terzo di curiosità, un terzo di senso del dovere, un terzo per meditare, in modo vago, su quello di cui sono capaci gli umani nei confronti di altri essere umani. Perché aver girato quelle immagini di Auschwitz? Forse perché volevo darmi la possibilità di rivederle. forse perché era un modo per mantenere una distanza rispetto all’effetto che una tale visita avrebbe potuto suscitare, forse perché speravo di raccogliere su queste immagini il substrato di una rivelazione che offre raramente, nell’era del turismo di massa, la scoperta di un luogo simile.






di Gianni Biondillo
