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Personaggi Precari 2007

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parigi-rue-des-chaufourniers-sett-07.JPGdi Vanni Santoni

Nando

A tredici anni Nando era il più grosso della classe. A sedici un fortissimo giocatore di calcio balilla. A quarantadue, Nando è un autista d’autobus con due figlie bellissime.

Lella

Poco impegnata? Guarda che io, quando in tv fanno vedere gli scontri in piazza, tifo sempre per i manifestanti.”

Piero

Venticinque anni! Venticinque anni, e la morte, l’inevitabile fine di ogni cosa, gli si presenta davanti in tutta la sua forza. Meglio neanche farlo, un bilancio, pensa Piero salendo in treno come ogni giorno.

Alessandro

Alessandro esce a mangiare che sono le nove,
sul capo a dozzine gli ballano i presagi cattivi.
Si riflette negli occhi d’un barista vile, invidia una vecchia;
gingilla due idee nella testa, è fermo di argilla, di cera.

Jessica

Piú che una donna, un franare costante di forme e lineamenti, Jessica è comunque riuscita a vendere bene il suo ultimo sprazzo di gloria giovanile, accasandosi con un serio piacente e responsabile rappresentante di farmaci.

Theodore

“Per carità, lo so benissimo che in America abbiamo dieci volte più omicidi di voi perché vendiamo le armi liberamente. Ma ti dirò una cosa: nessuna persona dotata di fucile semi-automatico è mai stata spedita a Treblinka”.

Da: Liste

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di Ruggero Solmi

lista 2567

toh, troia, prendi, scopata a sangria, sciacallo a dodici, da capo a scalpo a robert capa a marco ferreri, e boia spagnolo, azcona ad ascona, opel popel, viè qua bella, smandrappiamoci con bauli, on the fucking time, brigitte lahaie e le calze a rete di alban, le cochon a sbattifotti, vuottainducu, someranga, polenga lombarga, stelat stemag, ich bin renzo montagnani, boranga portierissimo 80, prima dello skandal, pucchiacchissima semper resteravit,

Appunti improvvisi ed improvvisati in morte di Stockhausen

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di Orsola Puecher

sgt pepper animato

Identificare i personaggi che si affollano nella storica immagine della copertina di Sgt. Peppers Lonely Hearts Club Band dei Beatles, potrebbe essere un gioco di società per ingannare un sabato di bufera fra le colline, come questo, che ritorna odore di fumo e fuliggine della stufa e gocciola pioggia a rovesci contro i vetri. Mare (non lontano) da mosso a molto mosso, temperature in lieve diminuzione, locali piogge in peggioramento, venti da Nord Est 15-20kt anche rafficati, tendenti ad attenuarsi. Una di quelle giornate in cui ci si sente lontani da tutto e da tutti in cima ad un faro, su di uno scoglio. Ma chi è, nel cerchietto rosso, il quinto in ultima fila, in alto da sinistra, non lontano dalla platinata Mae West, fra i due attori comici Lenny Bruce ed H. C. Fields, vicino a Carl Gustav Jung? Ora se n’è andato anche lui, a raggiungere quella parte ormai cospicua dell’allegra ed assai eterogenea brigata, che forse si sta ricomponendo lassù, destinazione altodeicieli. Annullati passato presente, lingue e confini. Eccoli… da Oscar Wilde a Stanlio ed Olio, guru indiani vari ed assortiti, passando per Marlon Brando, Lewis Carroll, Tarzan, Poe, la divina Dietrich, Dylan Thomas e tutti i vari numi tutelari scelti a rappresentare le vibrazioni culturali di un’epoca.

[la soluzione nell’ultima pagina, si direbbe sulla Settimana Enigmistica…]

Cattimatti

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di Egle Oddo

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D’estate o d’inverno, la protagonista di Helsinki è la luce. D’estate la sua onnipresenza, d’inverno l’avarizia delle sue apparizioni. Brevi, diagonali, mai dirette, sempre per un gioco di riflessi. La realtà si spezza dentro le persone, perché la natura della luce le sottopone costantemente alla tirannia del troppo o troppo poco.
Helsinki e i suoi abitanti lottano con la luce, c’è una perenne insoddisfazione, come se si fosse in difetto col resto del mondo, un comportamento anomalo che produce spaesamento.
La gente qui non guarda la realtà, vede scappatoie di luce. La luce è ciò che libera la realtà dal suo peso. Non come farebbe un’entità medianica o spirituale, ma piuttosto come un concetto di fisica applicato alla pittura.

La spazzatura

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di Marino Magliani

E’ il rumore che fanno i camion quando compiono una manovra. Entrano in retro in un cortile, posteggiano, o scaricano. Un bibi come di allarme, assieme alle frecce di emergenza. Ogni martedí mattina e ogni venerdí pomeriggio, sempre alla stessa ora come se fosse un antibiotico, sento quel bibi provenire da dietro il palazzo.
Eccolo, mi dico. Mi alzo, mi accosto alla vetrata e lo vedo. E’ il camion della spazzatura.

Vite bianche

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di Marco Rovelli

 

E’ da tempo che giro l’Italia incontrando sopravvissuti. Coloro che hanno avuto un affetto, e lo hanno visto scomparire inghiottito dalla macchina produttiva. Incontro padri, madri, parenti, amici, colleghi dei morti sul lavoro. E ogni volta si tratta di far fronte a un dolore negato. Negato dalla società, che si rifiuta, nei fatti, di considerarlo davvero. Perché considerare una morte sul lavoro significherebbe non lasciare soli i sopravvissuti, per prima cosa, e poi cominciare ad articolare un discorso che provi a mettere rimedio al suo ripetersi, e ne affronti le cause. Significherebbe smettere di pensare che sia una fatalità. Ma questo non è possibile. Perché sappiamo tutti che la nostra società ha bisogno di sacrifici umani. E’ accettato da tutti. E’ normale così.

La strada

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di Gianni Biondillo

Cormac McCarthy, La strada, 2007, Einaudi, traduzione di Martina Testa, 218 pag.

Non sono un capolavorista e Cormac McCarthy non ha certo bisogno dei miei peana per trovare nuovi lettori. Stiamo parlando di un autore che è riconosciuto, da decenni, come uno dei più lucidi e meglio rappresentativi della narrativa statunitense; il Pulitzer vinto proprio con questo romanzo, La strada, lo sta a dimostrare. Ma fatico davvero a non elogiare in modo esagerato questo libro che rasenta per me la perfezione.

Croce e Leopardi

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di Sossio Giametta

Fedelissimo al titolo del libro in cui il saggio su Leopardi è contenuto, Croce si fa a sceverare in esso, pagina dopo pagina, ciò che nell’opera di Leopardi, ma anche si può dire nella sua vita, è poesia e ciò che non lo è.

Il tempo di una foto

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di Hyppolite Bayard

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Louis Pierson, Ritratto della Contessa Castiglione e suo figlio, 1864

C’è il tempo interno dell’immagine e il tempo necessario per farla, l’immagine, sono due cose diverse. Ma, c’è il tempo necessario a pensare e arrivare all’immagine e poi c’è quello che fisicamente serve perché l’immagine esista, venga registrata sulla pellicola.

Diorama dell’est #7

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di Giovanni Catelli

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Dnepropetrovsk, stalovaja

Dalla mensa vedo le gambe dei passanti fluttuare, in un gorgo di luce quasi marina, le tende sottili s’increspano tremano per lievi misteriose correnti, sulle tavole a fiori cade un lontano riverbero, da fioche lampadine, come da un inverno, da un immenso peso di stagioni mai concluse, un’eterna incomprensibile fatica : ora viene, avanza, quel rotolio profondo, cupo, dalle nere gomme dei filobus, cresce, sino al tremore dei vassoi, al gonfiarsi del silenzio, lungo l’aria immobile, dissipa, la vita della strada, con cieco battito di fuga, inquieta velocità insonne, depreda sino al buio la sosta delle cose, quella loro antica timorosa ritrosia :

Sguardi sulla democrazia violata dai suoi custodi

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di Andrea Inglese

(Queste note di lettura sono apparse su il manifesto dell’1/12/07)

Democrazia a geometria variabile:
se Chavez vince, la democrazia ha perso;
se Chavez perde, la democrazia ha vinto.

Questo autunno sono usciti in Francia due saggi brevi che hanno il principale merito di abbinare corrosività polemica e profondità di pensiero. Sono poi accomunati dall’eretica volontà di porre in questione il termine “democrazia”, ormai il più ambiguo e sacro di quelli del nostro vocabolario politico. Si tratta di De quoi Sarkozy est-il le nom? di Alain Badiou (Lignes, 2007) e Le sacre de la démocratie. Tableau clinique d’une pandémie di Alain Brossat (Anabet, 2007). Entrambi gli autori sono filosofi e docenti universitari, ma capaci, nonostante il loro ruolo istituzionale, di non risparmiare il principe da attacchi frontali ed impietosi. E il principe in questione è certo il presidente neoeletto Sarkozy, ma anche e soprattutto una certa tipologia di discorso dominante, che s’impone al di là delle partizioni politiche parlamentari e delle frontiere di classe.

Le forme imperfette del turismo della luce

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di Christian Raimo

Che cos’è che volevi dimostrare?
Lo spacco sul labbro che continua a restituire sangue
a chi non ricordava neanche
di averne perso così tanto.
Tu una scatola sapiente, chi vince sempre
stando ferma ai giochi dei bambini,
la bella statuina, un due e tre stella,
come quei mendicanti
irlandesi che si piazzano al centro
di un marciapiede del centro,
i cartelli dicono semplicemente “Sto male”, “Ho fame”
e parlano di te: è il loro modo di fare amicizia,
di metterti in pari.

Moleskine 4

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di Sergio Garufi
Il mio primo incontro con la Letteratura in carne e ossa fu traumatico. Avrò avuto undici anni. A quell’età leggevo avidamente i Canti di Leopardi, era la mia passione monomaniacale. A una cena del Rotary a cui la mia famiglia era stata invitata mi ritrovai seduto a fianco di un signore che sembrava importante, perché tutti gli si rivolgevano con deferenza. A chi passava per salutarlo rispondeva con degnazione, forse infastidito dal fatto che lo distraevano dal suo insistente corteggiamento a una bionda vistosa che gli stava davanti. Mi colpì il suo eloquio forbito che pareva una recita, le pause studiate ritmate dalle boccate di fumo, la gestualità enfatica, il timbro della voce che sottolineava le frasi ad effetto, la finta commozione trattenuta ricordando un collega scomparso poco prima. Mi venne detto che era uno scrittore famoso, ora non rammento neanche il nome. Ricordo però che appena rimasi solo presi coraggio e gli chiesi: “così lei scrive?”, e lui rispose: “no figliolo, io non scrivo, pubblico”.

Miserere asfalto (afasie dell’attitudine) # 2

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di Marina Pizzi

72.
Le fionde partono dal cranio che si diletti di palesare il vero
73.
Vissi in un collegio per bambine piccole, vissi in contumacia per malati sani, vissi la gemella come una responsabilità di offesa-difesa, mai amandola sorella: il bottino del latte fu sacrificale
74.
Con un filo di scorribanda inventa la propria resistenza addirittura leggiucchiando un giornaletto gratuito dentro la metropolitana e dopo sul pullman.
75.
Tra le crepe la lucertola non ha paura del buio, passa dal sole in picchiata alle tenebre con brevetto di felicità, con tranquillità guardinga, stella di mare l’abisso della sorella, stella di volta l’eco del fratello.
76.
In un impegno di gratitudine il tulle di sposarti nello sguardo, e nell’allerta di pensarti ti arrivo accanto ben più di vicino

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s000t000d.jpg di Filippo Rosso

[lessia n.26]
Le stampelle dovevano essere appese tutte nello stesso verso. Gli dava fastidio che fossero sfalsate. Così ogni settimana spendeva un po’ di tempo a raddrizzarle.
Ne valeva la pena – pensava – perché conferiva al guardaroba un buon senso di ordine. Non aveva alcuna motivazione pratica, o meglio l’aveva solo per sé. Era una sorta di miglioramento meccanico della sua giornata.
Un giorno (quando sarebbe morto) quei vestiti sarebbero entrati a far parte della tattilità di qualcun altro. Ma finché era vivo, il suo guardaroba doveva restare così. Un sistema variabile se non per le aggiunte di nuovi acquisti.
Non buttava via niente. Negli ultimi anni si era convinto che la vita si potesse ricapitolare negli oggetti. E in particolar modo nei vestiti, i maglioni le camicie i bottoni i risvolti le cuciture, le tasche. Erano tutti luoghi che aveva vissuto e che gli appartenevano, la collezione dei suoi frammenti. […]

La letteratura contemporanea sta dando i numeri

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tabella1.jpgdi Sergio Garufi
La letteratura contemporanea sta dando i numeri. Di recente Amazon ha inserito delle statistiche su molti dei suoi libri in commercio. Queste statistiche mostrano parecchi dati: dal numero totale delle parole di un libro, a volte comparato col suo prezzo (“Infinite Jest è un affare, 39.574 parole a dollaro!”), alla media di parole per frase, fino alla percentuale di vocaboli complessi presenti nel testo (e per complessi s’intende di lunghezza superiore alle tre sillabe), che vengono interpretati come indici di leggibilità dell’opera. Va da sé che questo invito ad assecondare le ischemie dell’attenzione di un pubblico di lettori sempre più distratto e assuefatto ai tempi televisivi non genera automaticamente chiarezza comunicativa, bensì un linguaggio balbettante, fatto più di sentenze lapidarie che di ragionamenti; a tal punto da far sospettare che il registro gnomico di molta letteratura sapienziale che affolla le classifiche di vendita sia chiamato così per la brevità delle sue espressioni.

Un dio che sputa – Canzone in Si bemolle minore

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di Marco Rovelli

E quando i cardini

non sorreggono più la storia, e l’io

è un altro, e il Tempo è Ora, spalancato

e osceno, aperto a liquidi e bave, immane –

ecco un incanto si produce:

Un dio che sputa

Etty Hillesum. Lettere per imparare ad imparare

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di Nadia Agustoni

Ma forse possediamo altri organi oltre alla ragione, organi che allora non conoscevamo e che potrebbero farci capire questa realtà sconcertante.

(1) Etty Hillesum ; “Lettera a due sorelle dell’Aja” ( Amsterdam, dicembre 1942).

Quando l’editore De Haan pubblicò nel 1981 il Diario di Etty Hillesum, lo avevano letto in molti. Il Diario si era salvato perché qualcuno era stato fedele al mandato non scritto di conservare pagine che sono una delle testimonianze più autentiche sugli avvenimenti di quegli anni di guerra e di deportazioni.(2)

Senza riparo

Non mi soffermerò in questo scritto sul Diario, rimandando a un mio precedente testo su Hillesum uscito nella rivista “A” nel 1999. Rileggerò invece alcune delle lettere che ci sono pervenute, pubblicate in Italia da Adelphi nel 1990, con il titolo Lettere 1942 – 1943. (3)

Mentre scrivo il muro delle ideologie sembra rafforzare la sua presa sul mondo. Il caos che in parte occulta e in parte rivela i meccanismi di manipolazione della mente pare farsi più denso. E nel distacco dalla parola posso solo trovare una parola che aiuti la mia a dirsi. A mia volta conto su questa reciprocità ideale e forse etica con Hillesum per restituire ciò che prendo e per tentare quell’apprendimento di significato che è senza resa di fronte alla violenza.

Quelli che vengono dall’altro mondo. Antagonisti o donatori? (2)

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zattera_medusa1.jpg di Andrea Inglese

Riprendo la riflessione iniziata qui sull’esigenza di smontare una certa immagine razzista e xenofoba dell’immigrato, che una parte delle società italiana sta accogliendo come ovvia. E voglio partire da questa semplice domanda: “Lo straniero che si trova tra di noi è una minaccia?”. Se la maggior parte degli immigrati rappresentano per la maggior parte di noi un’effettiva minaccia, allora dobbiamo convenire che ci troviamo in una situazione di pericolo estremo, di emergenza, che giustifica non solo reazioni spontanee irrazionali, ma anche legislazioni speciali, d’eccezione. Detto altrimenti, mi chiedo se, di fronte allo straniero, l’italiano si trovi oggi nella stessa situazione del naufrago nella scialuppa, di cui parla Hans Magnus Enzensberger in questa parabola: “Una scialuppa di salvataggio con a bordo tanti naufraghi da essere completamente piena. Tutt’intorno, nel mare in tempesta, nuotano altri sopravvissuti, che rischiano di annegare. Come si devono comportare gli occupanti della scialuppa? Respingere il primo che si aggrappa al bordo della barca, magari mozzandogli le mani? Sarebbe un omicidio. Prenderlo a bordo? Ma allora la scialuppa va a fondo con tutti i sopravvissuti” (da La grande migrazione, Einaudi, 1993).

Gli anni di piombo, il romanzo, il terrorismo

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frammenti di un dialogo fra Demetrio Paolin e Giacomo Sartori, a proposito del romanzo Anatomia della battaglia.

[Il saggio di Demetrio Paolin Una tragedia negata è stato pubblicato in rete da Vibrisselibri. Ne verrà pubblicata dalle edizioni Il Maestrale una versione cartacea, che sarà corredata da interviste a diversi romanzieri: Gian Mario Villalta, Toni Capuozzo, Valerio Lucarelli, Giorgio Vasta, Luca Rastello, Andrea Comotti, Duccio Cimatti, Roberta Sala e Giacomo Sartori. Dell’intervista a quest’ultimo, per gentile concessione degli autori e dell’editore, presento qui un estratto. a.r.]

Demetrio Paolin Un[a] (…) parola importante [nel tuo romanzo] è anatomia. C’è una tensione verso la comprensione, ma che non è pietas, ma bensì analisi scientifica, fredda e oggettiva del malessere del tuo personaggio e di suo padre. Tu credi che quell’oscurità che hai sondato nel tuo libro sia il sentimento oscuro degli anni ’70. Come lo definiresti? Sapresti descriverlo? Quello che io noto nella scrittura del mio saggio è una mia, oggettiva, difficoltà a riuscire a darne una definizione univoca.

Giacomo Sartori Il mio romanzo è incentrato su una figura di un ex-fascista, visto con gli occhi del figlio che invece fin da giovanissimo è stato di sinistra, e che a un certo punto del suo percorso ha avuto a che fare con il terrorismo. Sono temi difficili, con i quali la nostra società non ha ancora fatto i conti. Sono piaghe – per quanto possa apparire molto incongruo, specialmente se si considera il fascismo, dal quale ci separano ormai più di sessant’anni – ancora aperte. Imperversano i luoghi comuni, le interpretazioni di comodo, le rimozioni. Credo che la tensione della mia lingua sia il risultato dello sforzo di liberarmi dai luoghi comuni e dalle interpretazioni precostituite, fosse per così dire una scelta obbligata. Non è facile muoversi in un magma di parole per molti versi tra loro legate – come fascismo, guerra, resistenza, terrorismo – che senza che ce ne rendiamo conto si portano dietro delle incredibili zavorre, che alla minima disattenzione ci fanno dire cose che non vogliamo dire, ci conducono in territori dove non vogliamo andare. La lingua è il frutto delle interpretazioni dominanti e che vanno per la maggiore, è una schiava.

Paul Celan, E quel bello

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 Paul Celan

di Antonio Sparzani

propongo un modo di traduzione che cerca di non tradire il ritmo, e le assonanze, di Und das Schöne, versi indimenticabili.

Und das schöne

 

Und das schöne, das du rauftest, und das Haar,

das du raufst:

welcher Kamm

kämmt es wieder glatt, das schöne Haar ?

Welcher Kamm

in wessen Hand ?