[Questo pezzo, recensione al concerto di Karlheinz Stockhausen tenutosi all’Auditorium della Musica di Roma – Sala Sinopoli il 7 maggio 2007, era apparso, in forma molto ridotta, su Musica, n. 186, maggio 2007. Questa versione integrale è inedita. a.r.]
Per esprimere una valutazione equilibrata sulle avanguardie musicali, del secolo scorso e contemporanee, è bene sfrondare il ragionamento da tutti quei radicati pregiudizi che non tengono in seria considerazione la ricerca nel campo musicale. Un’analisi basata quasi esclusivamente sul gradimento di un ipotetico pubblico, vagamente idealizzato e arbitrariamente oggettivato è, da questo punto di vista, fuorviante, perché tende a rimettere in discussione risultati ormai acquisiti da decenni da parte dell’estetica musicale moderna. I fatti musicali moderni sono essenzialmente fatti artistici e, come tali, sono espressione inconsapevole di compositori, di movimenti, di scuole, o tutt’al più semplice manifestazione di uno stile che si è determinato storicamente. Questa è una doverosa premessa per poter parlare del concerto/installazione di uno dei massimi rappresentanti di quel movimento della musica post-weberniana che si è sviluppato nella seconda metà del secolo scorso: Karlheinz Stockhausen (1928).









