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La grande truffa del Rock’n’roll parte II

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di Michele Monina

È tutta una questione di punti di vista. Sì, quando si racconta una storia, a fare la differenza è il punto di vista del narratore, molto più della storia stessa o della voce narrante. La differenza sta nel punto di vista. Il punto di vista di questo racconto, di questa cronaca dei fatti miei degli ultimi mesi, è a bordo di una piscina. Ma non si tratta di una piscina qualsiasi. No, la piscina in questione è una piscina che ha bagnato, in passato, gli insigni corpi di Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia. La piscina in questione, a bordo della quale si trova il punto di vista di queste pagine, è la piscina di casa in campagna di Enzo Siciliano, in una frazione vicina a Todi dal sacrale nome di Acqualoreto.

Fini

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di Marco Mantello

Dall’epoca dei posti fissi
a quella dove i pupi di Falluija
sono pari ad un pupazzo tricolore
ricoperto di benzina che divampa

colleziona crocefissi
e la riga sui capelli non si muove.

Brevi danze

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poemetto in ottave di endecasillabi e una sestina lirica
[ 1997 – 1998 ]

di Francesca Tini Brunozzi

I
Io sono nata con questi due fori
su nella testa all’ingresso del cuore
e poi anche con questi altri due fori
giù nella pancia all’uscita del cuore.
Io non so cosa è dentro e cosa è fuori
da me se entra e poi se ne esce l’amore
ma io so che poi resta questa traccia
muta del terzo buco sulla faccia.

SS

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di Luigi Nacci

I
Bewerber

Dirottiamo aeroplani di carta nei giorni di vento
Tramontana ci porta lontano e maestrale ci impenna
Nella stiva fa freddo si ghiaccia si gelano gli occhi
Non si vedono piste e non sono previsti atterraggi
Ci copriamo con pacchi-lenzuola e con coltri-bagagli
Incrociamo gli sguardi ma senza azzardarci a parlare
Che l’ossigeno è poco e il pensiero si ossida presto
Ci conforta il reattore che sparge potente il suo canto
Ed è come l’apnea delle prime nuotate in piscina
O la faccia contratta nel vetro del treno che parte
Ci mettiamo a soffiare a soffiare pensando alla luna
Si potesse saltare aggrapparsi coll’unghie a dei cirri
Poter dire una volta di avercela avuta la testa fra le nuvole

Da: Contributi extra

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di Ruggero Solmi

contributo extra 1203 mondo, opera
la mia opera è un’opera mondo, fuori dalla forma romanzo. una polverizzazione estrema. essa sarà compiuta quando avrò esaurito le mie liste + contributi extra per stanchezza mia, del mondo o di entrambi. a ogni modo, mettendo insieme tutto quel materiale – che intendo smisurato- verrà fuori l’enciclopedia della dannazione, delle paranoie, delle manie, delle idee fisse di un uomo, io. un uomo con qualità. aprés musil, ich, mit eigenschaften. L’autocavia dei fermenti, delle idee, della vita intera dell’uomo contemporaneo disintegrato dall’interno.

Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Massimo Sannelli

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We met as Sparks – Diverging Flints
Sent various – scattered ways –
We parted as the Central Flint
Were cloven with an Adze –

Subsisting on the Light We bore
Before We felt the Dark –
A Flint unto this Day – perhaps –
But for that single Spark.

***

Ci incontrammo Scintille – Divergenti
Selci scagliate in direzioni varie –
Ci separammo e il Cuore della Selce
Sembrò diviso a filo dalla Scure –

La Luce che portammo ci sostenne
Prima che Noi soffrissimo la notte –
Forse la Selce arriva fino ad Oggi –
Per la nostra Scintilla.

[tratto da Emily Dickinson, Su un Io Colonna, a cura di Massimo Sannelli, Roma, La Camera Verde, 2007, pp. 150]

Un’orchestra che muore

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di Christian Raimo

Con una tempistica quasi violenta, il 15 ottobre, all’indomani della costituzione del Partito Democratico e appena prima del concerto inaugurale della Festa del Cinema, nel momento in cui insomma agli italiani tutti veniva infusa una dose massiva di speranza solida in un futuro di progetto, innovazione, stabilità, ai musicisti di una delle due orchestre stabili (sic) dell’Auditorium Parco della Musica – l’Orchestra di Roma e del Lazio, la sorella minore di quella di Santa Cecilia – veniva recapitata una comunicazione semplice e drastica: la stagione concertistica autunnale è stata soppressa.

Bacheca di novembre 2007

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Spazio per segnalazioni, servitevi da soli.

Il contemporaneo Ottocento

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di Antonio Scurati

L’Italia è un Paese culturalmente arretrato. Qualsiasi valutazione su Guerra e pace, la fiction che prometteva di riportare la grande letteratura in prima serata su Rai Uno, deve partire da questa constatazione.
Nessun giudizio di valore ne può prescindere: si tratta del prodotto culturale di punta di un Paese culturalmente arretrato. L’assunto di partenza, per quanto spiacevole, è purtroppo incontestabile. Tutti i dati statistici e i parametri sociologici lo confermano.

Cubicoli

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di Alessandra Lisini

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Le ultime cose che restano in uno spazio prima che si svuoti sono le più difficili da spostare. Perciò nelle case si ritrova sempre qualcosa di chi ci abitava prima, e anche per questo prima di rimuovere l’ultimo pezzo, negli ultimi momenti di un trasloco, ci si guarda bene attorno sperando di vedere l’ulteriore ultima cosa, prestando attenzione che in quel penultimo spostamento l’aria della stanza non ci piombi addosso con le sue poche atmosfere.

Una ricerca di assoluto

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di Antonio Sparzani

Carlo Michelstaedter

«Non chieder più nulla,

sappi goder del tuo stesso dolore,

non adattarti per fuggir la morte;

anzi da te la vita nel deserto

fatti – che sia per gli altri nuova vita;

non disperare, ma rinuncia ai vani

aspetti della vita, e nel deserto

sarai tranquillo: dalla tua rinuncia

rifulgerà il tuo atto vittorioso,

APГIA sarà il tuo porto ΔI’ENEPГEIAΣ» ([1], pp. 92-93)

Un’opera sconvolgente apre e illumina il Novecento italiano, La persuasione e la rettorica di Carlo Michelstaedter, nato a Gorizia nel 1887, suddito di sua Maestà Apostolica Francesco Giuseppe I d’Absburgo, re e imperatore – cantato come buono dai suoi molti popoli.

Una madre che piange, o il suo Spettacolo

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di Marco Rovelli 

Le vedo piangere, le madri. Mi stanno ad un passo, davanti agli occhi. Così vicine che potrei asciugargli le lacrime. Ma non lo faccio. Una madre che piange è sacra. Nel senso che è separata, intoccabile, inavvicinabile. Quando hai davanti una madre che piange l’irredimibile assenza del figlio, è come smisurata. Non sai neppure come potresti abbracciarla. Ti pare di avere davanti il dolore infinito, infinito e informe, e nessun abbraccio potrebbe contenerlo. Stai a distanza, allora. Qualsiasi contatto sarebbe fonte di dolore ulteriore. Potresti sfregare quell’infinita ferita. Chi sei tu, per provarci.

Prendi invece una madre in televisione. Contenuta la mattina tra una canzonetta e un gioco a premi. Resa oggetto di una morbosità che ne fa oggetto di estrazione di dolore per convertirlo in ascolto, in dati di audience. Per convertirlo dunque in pubblicità, in merce.

Prima che la storia finisca

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di Alessandra Galetta
Uno

Si chiamava Akan Kappa e poteva dirsi fortunato.
Aveva superato l’attraversamento del deserto in camion, le onde del Mediterraneo su una tinozza che imbarcava acqua, le camionette della polizia sulla costa, ed era giunto a Roma in un giorno di sole e dopo due ore era già in una fabbrica a scaricare pacchi di abiti usati. E la notte disteso su un materasso con cinque euro in tasca e la pancia che se la sfioravi con un ago scoppiava come uno di quei palloni appesi al filo.
In due mesi aveva messo da parte cinquanta euro: venti li teneva nel portafoglio e trenta li conservava suo cognato in un luogo sicuro, per spedirli a casa. Non poteva proprio lamentarsi.
Ma la mattina del ventitre dicembre precipitò tutto: suo cognato fu investito da un pirata della strada.
Camminavano l’uno a fianco all’altro, chiacchierando del Nigeriano, del lavoro e di Roma, e l’auto comparve all’improvviso, sbandando da una curva, veloce come una pallottola.
Lui, Akan, schizzò in avanti qualche istante prima, suo cognato, Mabili, rimase immobile a fissare con gli occhi dilatati il mostro di metallo che si avvicinava.
Salta! Gli gridò, ma ormai il suo tempo era concluso.

Per una critica futura n° 4

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dscf1212.JPG È on line sul sito di Biagio Cepollaro
il numero 4
di Per una critica futura a cura di Andrea Inglese

Indice + Editoriale:

Andrea Inglese, Editoriale
Giuliano Mesa, Biografie perdute (2° parte)
Stelvio Di Spigno, La credibilità del contrabbando: poeti contemporanei e lo «spirito del tempo»
Biagio Cepollaro, Intervista di Sergio La Chiusa su Poesia Integrata. Le parole che trasformano

Fabio Moliterni, «Il vero che è passato.» Poesia e tempo in Franco Fortini
Erminia Passannanti, Teorizzazione della contraddizione nella poesia di Franco Fortini

Dialogo a più voci
(Interventi di Luigi Severi e Giampiero Marano)

Incipit per una commedia

8

di Marco Palasciano

A un terzo del mio secolo di vita, tra gli sterpi correndo in infinito cerchio con strani animali ansiosi d’asciugarsi dopo l’ultimo lachrymoso diluvio, sempre incalzato dallo spettro di quel Poeta dal buffo copricapo rosso il quale io in corsa rattamente volgendomi a guardare vedevo a sua volta avere alle spalle tutta una folla di personæ nonché archetipi antropomorfi e zoomorfi e teratomorfi quali già sguinzagliò sir Peter cineasta enciclopedico sull’isola di Prospero chi brandendo un sestante chi una lira chi una sciabola chi un libro aperto, io, in affannata corsa verso non sapevo piú che zenith e partito da non sapevo piú che nadir o viceversa, affatto lasso, mezzo infangato da un paio di cadute da far ridere les hommes d’équipage, maglietta lacerata dagli spini e sbrendolata come la veste di madonna Philosophia, io, Poliphilo/Pollicino/Palasciano, mi ritrovavo in quella che per metafora obbligata chiameremo una selva oscura, o bosco iniziatico dal quale l’adolescente di turno non è piú uscito senza però per questo ricevere in dono fatato l’aeromobilità di Peter Pan; e in questa selva che è piú un ipnolabirinto o, spostando l’interesse dalla sua oniricità alla sua multidimensionalità, iperlabirinto, non solo la diritta via mi si era smarrita ma, poiché nell’ultimo terzo di millennio cadde dal trono anche la Geometria euclidea, ora, se pure avessi ritrovato quella via, per diritta che vi sarebbe parsa, avrebbe intersecato diosà quante vie ad essa parallele e potuto perfino guidarmi, con crudele inganno, io distratto da bachi e da conigli, a precipitare nelle fauci titaniche di un buco nero, intorno al cui orlo, come stelle sul mare palpitanti, i Quanti ognora saltellano, irridendo il decrepito Apollo storte frecce, nella teoria o danza del Caos che tutto move.

Esordienti over 65

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La casa editrice Transeuropa ha indetto la prima edizione del concorso letterario nazionale “Progetto Over 65”. Obiettivo è la realizzazione della prima antologia di scrittori esordienti con un’età superiore ai 65 anni.

L’Italia, secondo un indagine Istat del 2006, si conferma il paese degli anziani. La fascia di popolazione oltre i 65 anni rappresenta il 19,7% della popolazione italiana, ovvero un residente su cinque. Questo processo incide anche sul rapporto tra popolazione attiva e non attiva (indice di dipendenza strutturale), che è passato dal 46% del 1990 al 51,1% del 2006.

Le telecamere seguono il denaro

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intervista a Gary Shteyngart su “Absurdistan” di Alessandro Beretta

Un romanzo rocambolesco e satirico, dal ritmo serrato, ma che ti costringe a pensare sul contemporaneo: è così che “Absurdistan” (Guanda) di Gary Shteyngart fa correre il lettore. La storia narra le vicende di Misha Vainberg, enorme ebreo – «in sovrappeso imbarazzante» – figlio del 1238° uomo più ricco di Russia, improvvisamente rimasto senza visto nella regione dell’Absurdistan. Un paese immaginario ai confini – molto sottili – della nostra realtà: un paese povero, invaso da multinazionali in caccia di petrolio come la Halliburton – protagonista anche in Iraq – e diviso tra due etnie, gli Svanï e i Sevo, pronte a scannarsi per un’antica querelle teologica riguardo all’inclinazione del poggiapiedi del crocefisso di Cristo. Questa premessa spero serva da orientamento a quanto segue, ovvero un’intervista a Gary Shteyngart, 35enne ebreo russo, newyorkese d’adozione, realizzata per il Corriere della Sera-Milano e apparsa Domenica 14 Ottobre, per motivi redazionali, in una versione molto breve. Shteyngart è stato generoso di risposte, e quello che segue, avendo realizzato l’intervista per mail, è il suo «writer’s cut».

L’emozione della politica

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di Franz Krauspenhaar

Giorgio Almirante
Via della Scrofa, 43
Roma

Caro onorevole, sono passati quasi vent’anni da quando lei si dimise dal Tutto. Era estate, me lo ricordo. Un brutto agire, ricordare la morte al morto. Non c’è nulla da ricordare, per lei, onorevole, lo so. Ma io le devo scrivere questa lettera, è un obbligo che mi sono dato, dopo un ventennio di silenzio nelle parole e nei pensieri. Ne è passata di acqua sotto i ponti della politica, in questo paese; prima tumultuosa, poi sempre più sudicia e lenta. Molte cose non sono più le stesse. E allora, non essendoci comunque niente da festeggiare, si può, quasi a cuor leggero, commemorare. Un mondo che non c’è più. Figure sparite nel buio di quello che tanti chiamano nulla

Occorre davvero temere il Grande Fratello?

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di Bruce Schneier

Il Grande Fratello non è quel che era solito essere. Lo stato totalitario che George Orwell descrisse nella sua opera più famosa si basa sullo scenario degli anni Quaranta. La società dell’informazione attuale non somiglia per niente al mondo di Orwell, e l’osservazione e l’intimidazione di una popolazione oggi differiscono di gran lunga dall’esperienza di Winston Smith.

Warburghiana

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Prima un libro, poi mostre, poi concerti sinottici, ora anche desktop!
Il nuovo sito della Warburghiana è molto più di un sito informativo sulle attività del gruppo, è un laboratorio, un format, una forma e un’opera in atto.

Dal 30 ottobre torna on-line rinnovato.

Visioni, performance, video, brevissime conferenze, oggetti sonori, testi che si susseguono con intensità e precisione.
Promuoviamo un’arte dell’attenzione e della visione penetrante, mettendo sul tavolo materiali e idee.
Non solo e non tanto un modo di esporre quanto un modo di pensare l’arte e di esporla-proporla, il modo del tenere insieme e sotto mano le cose e i materiali e di porgerli agli altri perché ne facciano (buon) uso.

interventi
Aurelio Andrighetto, Joseph Rykwert, Marco Belpoliti, Stefano Boeri, Jimmie Durham, Stefano Brizzi, Giulio Calegari, Gianluca Codeghini, Andrea Inglese, Andrea Panattoni, Paolo Rosa, Alessandra Spranzi, Dario Bellini, Elio Grazioli

Texas chainsaw massacre

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philip-guston-untitled1980.jpg 

di Marco Simonelli

Il piccolo aveva dei problemi:
si dice che fu colpa della pelle
oppure di sostanze
assunte durante l’adolescenza.
Uccidendo la sua prima formica
mentre giocava all’ombra
dietro la casa, sotto la cisterna,
si sentiva onnipotente padrone:
emulava la figura paterna.