di Faust’O

E’ la perversione, la tua ultima occasione
la corretta soluzione di una vita vissuta a metà.
Succhia con prudenza le mammelle della scienza
questa cosmica demenza, sostituto di mamma e papà!
di Faust’O

E’ la perversione, la tua ultima occasione
la corretta soluzione di una vita vissuta a metà.
Succhia con prudenza le mammelle della scienza
questa cosmica demenza, sostituto di mamma e papà!

di Gianluca Veltri
La prima volta che metti sul piatto Don Juan’s reckless daughter di Joni Mitchell rimani esterrefatto, impaurito per esserti spinto troppo in là. Da dove arrivano quei suoni?
Cosa conteneva quel disco inciso nel 1977 di così meraviglioso e sconcertante? Quali segreti misterici cercava di comunicare? Era nervoso e poetico, l’uno e l’altro all’ennesima potenza. La chitarra di Joni era ancora più stupefacente del solito, all’apice di un’ingegnosa ricercatezza, traboccava di intervalli armonici sferzanti, pieni di sospensione, di continui intervalli di seconda, i più irrisolti. Le voci stracciavano l’aria in mille frammenti. L’effetto era di grande inquietudine e di spaventosa profondità, come un ottovolante che si addentra nelle viscere della terra.
E poi c’era Jaco. Jaco Pastorius.
di Elio Matassi
In una lunga ed argomentata lettera, datata 28 aprile 1952, Adorno scrive a Thomas Mann per tentare di sollevarlo dalle difficoltà del “Krull”. Tali difficoltà – Adorno prova a capovolgere l’argomentazione – in fondo sono il contrassegno di una concezione “feconda”, dal momento che un’opera d’arte penetra davvero a fondo nel proprio materiale solo nel momento in cui si fa carico delle sue “contraddizioni”.
Nella mano destra ho l’uovo di pasqua
nella sinistra la bomba a mano
C’è un melograno nella mia tasca
Non voglio un uomo ancora
voglio un uomo al giorno
Non voglio un uomo nuovo
Non voglio medici di torno
voglio un giorno nuovo
Nella mia stanza ho un uovo e un uomo
in mezzo al cuore, nell’uovo, un uomo
Nella mia pancia c’è l’uovo solo.
di Christian Raimo
Come mi fa notare il mio amico Marco, il Ponte delle Valli, qui a Roma – nel quartiere dove siamo nati tutti e due, dove siamo cresciuti e abbiamo imparato, bene o male, ad annoiarci: del resto crescere cos’è? – divide in due le confraternite della memoria. Da un estremo, dalla parte di Via Conca d’Oro e Piazza Sempione, c’è una grande scritta: VALERIO VIVE, rossa, fatta a mano, con le lettere grandi stampatello. La casa sua, di questo Valerio, era il palazzo sopra la scritta; ora ci dovrebbe vivere la madre.
Dall’altro lato del ponte, sul marciapiede sinistro, all’inizio di Viale Libia, appena dopo Piazza Gondar, si staglia invece il murale in rosso contornato di nero (i colori dell’anarchismo di destra) che dice PAOLO VIVE.
di Flavia Ganzenua
Ci sono tanti tipi di marchi. Io ne ho uno indelebile, un cordone, lungo tutto il torace. Da sotto la gola, poco sopra lo sterno, al pube. E’ un’arma che ho imparato a usare bene. E’ una sorpresa, una caramella che mi gusto piano, che lascio sciogliere sulla lingua, riempiendomi la bocca del suo liquido amaro. E’ un filtro, il vetro che mi separa dalle cose. Sono al sicuro. Ero al sicuro.
La maglietta si arricciava sui fianchi, lasciava scoperta la cicatrice rigonfia di tintura di iodio e di sabbia. Salii le scale di corsa. Contai i gradini con la stessa cura con cui una volta strappavo via la coda alle lucertole. La sottoveste si attorcigliava a ogni passo. Si infilava tra le gambe scottate dal sole, il costume bagnato. Spinsi la porta con due mani e mi lasciai cadere sul letto, la faccia tra i cuscini.
di Emilia Zazza
I Soprano nei giornali che ho sfogliato ieri qui a New York erano un po’ dappertutto. Due articoli nel New York Times, rieccoli nella free press di Brooklyn, e a pioggia negli altri quotidiani. Nel giornale di quartiere sono assurti a simbolo del focolare domestico. “Non so da quanto non ci riunivamo più per il consueto pranzo domenicale di famiglia” – racconta l’autrice del pezzo. E dopo anni, eccoli lì: i piccoli a letto, i bambini più grandi a guardare Cenerentola in DVD e gli adulti di fronte a I Soprano, a discutere del rapporto tra Tony, il capofamiglia e capobanda, e la Dottoressa in Psichiatria Jennifer Melfi. Il secondo pezzo era nella cronaca locale del New York Times. Si è aperto un mercatino di memorabilia del set della mitica serie tv, oramai chiusa.
di Cristina Annino
L’APPUNTAMENTO
Non avrò futuro che essere
pesante: le premerò le costole
con l’aggeggio ferroso, da
tagliare le gambe a chiunque.
Mai saputo quanto
debba durare l’amore o un
incidente di strada: stessi
dati di ferro sonoro. Allora, come si
scappa da questi due sensi?
Non so
usare l’amore, madama, non lo
vedo, non lo spezzo in due, non lo stacco
dal muro, non ci ragiono. Non reggo il
peso soprattutto di questo volume.
di Christian Raimo
“Nel paese dell’arte, l’arte che sola ha la capacità di tradurre e ingrandire nella dimensione estetica un messaggio morale: mi riferisco appunto ad una concezione quasi messianica dell’arte che è ancora ben viva in Burri come in tutto l’informale, e ad un paese che, in materia di convergenze tra povertà, etica ed estetica, da Jacopone a San Francesco (Burri è umbro) a Pier Capponi e al Caravaggio ha una robusta tradizione”.
di Nicolò La Rocca
Prima o poi doveva succedere: l’enorme sasso lanciato nello stagno da Saviano, dopo una serie di cerchi concentrici che hanno prima allargato e poi inquinato il senso di Gomorra, ha prodotto l’onda anomala. Mi sembra che gli interventi di Pascale, di Di Consoli e di molti altri scrittori sulle pagine de “Il mattino”, fondamentalmente abbiano adottato l’imperante statuto dell’equivoco che porta, tra le altre cose, a mescolare il fenomeno Gomorra con il libro Gomorra.
di Andrea B. Nardi
[Sullo sfondo di un impero che si sta modificando per sempre, un vecchio soldato dal passato eroico ma oscuro, forse malato, forse pazzo, deve tornare al servizio dell’imperatore Costantino. Il concilio di Nicea vede lotte fra opposte eresie, mentre la politica fagocita il Sacro. Che infatti non esiste più, assieme a una Roma destinata a rimanere ormai solo un antico sogno. Un romanzo psicologico di personaggi epici, un noir di spade e misteri, una denuncia teologica di come la religione e i dogmi siano parto solamente della ragion di stato, dei conflitti di potere. E se una semplice votazione a Nicea fosse stata diversa, oggi noi pregheremmo altri Dei]
Non dovettero passare troppi istanti, però certo c’erano parecchie porte, cancelli, portali, inferriate da aprire, richiudere, e scale da scendere, corridoi da percorrere, attenti a non inciampare, l’oscurità, l’odore, l’oppressione, ma dopo poco si trovarono davanti al portoncino giusto: dall’altra parte c’era l’imperatore di Roma.
… sono da qualche ora nelle nostre terre e noto con estremo dispiacere – senza distacco – che le famose mosche di Céline da te citate si sono armate di spilli e vorrebbero accecare l’unico occhio letterario per cui valga la pena vedere la letteratura, ovvero la sua capacità visionaria e ribelle. E così mezze tacche di critici da Premio…, Bacoli – ti eri inventato questo Premio per un bel racconto pubblicato sulla nostra rivista Sud – si ergono a maestrini della nuova sinistra, letteratura, per non parlare di sedicenti scrittori, mediocrità venduta al chilo insieme ai loro atelier di scrittura. Ma in mezzo a tanta M…..(direbbe Louis Ferdinand) ci sono scrittori a cui siamo legati,(a seguito della pubblicazione del Post e di un mio intervento sul sito letteratitudine il rapporto che mi legava allo scrittore Andrea Di Consoli si è dimessamente dismesso,ndp), da anni di amicizia, frequentazione. Mi hanno mandato due articoli, pubblicati sul Mattino , in cui sollevano le vesti di quel cumulo di non detti, invidia. gelosia, animosità, per tentare una riflessione sull’oggetto letterario. Mi piacerebbe che dicessi la tua, a questo punto.
tuo
Francesco
Il Male che bagna Napoli
di
Antonio Pascale
La città di Napoli (e il suo hinterland) ha ormai invaso il nostro immaginario narrativo. Da una decina d’anni a questa parte, scrittori, artisti, intellettuali, registi, sceneggiatori e pure qualche poeta parlano e raccontano Napoli. Si può dire a tutt’oggi che nessuna città italiana ha subito lastre radiografiche così invasive e così continue come Napoli. Certo alcuni hanno preferito racconti superficiali, altri hanno raccontato la città con dolore e con amarezza, altri ancora con troppo dolore e troppa morbosità.
Andare avanti dopo Saviano
di
Andrea Di Consoli
Le dure parole di Sergio De Santis, scrittore che è unanimemente riconosciuto equilibrato e mai demagogico, sulle colonne di questo giornale, in data 16 giugno, mi hanno dato l’impressione di un clima che sta cambiando. Ma cosa sta cambiando esattamente a Napoli? A mio avviso sta scricchiolando la dittatura del realismo e del reportage, quella che è stata giustamente definita, su questo giornale, la “retorica dell’apocalisse”.
di Gianni Biondillo
Alberto Garlini, Tutto il mondo ha voglia di ballare, Mondadori, 2007, pag. 342
Roberto e Riccardo hanno otto anni quando si incontrano per la prima volta nel 1975 nella campagna parmense, durante il rito antico della macellazione del maiale. La loro sarà un’amicizia assoluta, come solo quelle che ti porti dall’infanzia sanno essere.
di Christian Raimo
Se è vero che la mia adolescenza, la mia distesa post-adolescenza e tutta la mia formazione come quella dei miei coetanei sia stata vissuta sotto il segno – limpido e ineluttabile – del disincanto, è vero anche che tra l’inverno e la primavera del 2007 mi resi conto, in modo così lucido da non essere nemmeno preoccupato, che la mia capacità di trovare bello un qualunque elemento del mondo circostante si stava riducendo a livelli patologici.
Negli anni avevo metabolizzato molte cose: la disillusione per le battaglie politiche, il fatalismo per il disastro della scuola e dell’università (ossia il posto dove avevo passato i 9/10 della mia vita), l’incredulità per qualsiasi parola che venisse spacciata per “verità”, l’annoiata indifferenza per le molteplici apparizioni del “nuovo”… Avevo certo considerato che questa forma di sfiducia progressiva fosse anche un sinonimo di realismo, e quindi di maturazione personale. Intanto, per essere sincero, diffidavo di ogni persona che mi venisse a raccontare o – peggio – a proporre alcunché in modo entusiastico. Non mi appassionavo, ok, a nulla.
di Arnaldo Colasanti
Mark Rothko, il maestro, un giorno tentò di spegnere la disperata voracità dell’arte novecentesca. A Houston, in Texas, si incontra un santuario in mezzo a case di legno e mattoni, lungo strade ordinate. E’ un piccolo edificio, senza finestre e ornamenti. La sua anonima vocazione multireligiosa, lo stare laggiù, in una provincia distante un milione di chilometri da New York e dall’Europa, dà alla struttura un che di amorfo: una specie di semplicità muta, senza domande.
Mia figlia Francesca ha 4 anni. Ieri, mentre pensavo all’eventualità di dedicare il Contrappunti odierno alle ultime notizie sulla lotta alla pedofilia in rete mi è venuto in mente di estrarre il cellulare e scattarle questa foto. Dateci una occhiata: mi serve come premessa (e come difesa) a quanto sto per scrivere.
Casa della Poesia, largo Marinai d’Italia, Milano
21 giugno 2007, ore 21. Ingresso libero.
*
Giovanni Cospito, Stefano Delle Monache (laptop & elettronica), Franco D’Auria (percussioni) e Andrea Inglese (testi ed elettronica); Massimiliano Viel (elettronica) e Andrea Raos (testi); Antonio Moresco (testi); Gianluca Codeghini (oggetti sonori), Stefano Brizzi (batteria) e Alessandro Broggi (testi).
Tre modalità differenti di lavorare tra musicisti e poeti, a partire dalla voce come evento generatore dell’esperienza poetica. Ma anche la voce del romanziere su sfondi sonori come evento generatore degli universi narrativi. La serata è suddivisa in quattro interventi: Piccola epica del disastro, una performance di Cospito, Delle Monache, D’Auria e Inglese, La favola delle api di Raos su musiche di Viel, le letture di Moresco da Canti del caos e Avvertenza e Manutenzione di Codeghini, Brizzi e Broggi.
lunedì 18 giugno 2007 / ore 18:00 / libreria VIVALIBRI / Roma
=
monday 18 june 2007 / at 6:00 pm / VIVALIBRI bookshop / Rome
– Piazza Santa Maria Liberatrice 23/26 –
authors + gammm :::
[ 3 ]
with the presence & reading of
Gherardo Bortolotti, Alessandro Broggi, Susana Gardner, Marco Giovenale, Christophe Marchand-Kiss, Andrea Raos, Joe Ross, Massimo Sannelli, Jennifer Scappettone, Michele Zaffarano
texts in Italian and English and French
di Paolo Roversi
Massimo Carlotto \ IgorT – Dimmi che non vuoi morire – Mondadori
(Paolo Roversi vive a Milano. Collabora con riviste e siti web. I suoi ultimi romanzi sono “Blue Tango” (Stampa Alternativa, 2006) e “La mano sinistra del diavolo” (Mursia, 2006). Dirige il portale www.milanonera.com)
L’Alligatore è tornato. La novità è che finalmente sappiamo che faccia abbia. Nei cinque romanzi, e nei molti racconti, in cui è stato protagonista il suo creatore, Massimo Carlotto, non l’aveva mai descritto fisicamente, lasciando a noi lettori il compito d’immaginarcelo.
Sabato 16 giugno 2007, ore 20:00
Camera verde
[ via G.Miani 20, ROMA ]
presentazione e lettura di
STRATI
di Joe Ross
Poesie in inglese, con traduzione italiana a fronte a cura di Marco Giovenale e Andrea Raos.
Collana FELIX (http://felixseries.blogspot.com), edizioni La camera verde, Roma 2007
Autore e traduttori leggeranno i testi in inglese e in italiano
*
di Luca Ricci
1
La bambina lancia la palla sul muro poi batte le mani. E’ difficile battere le mani e riprendere la palla. La difficoltà aumenta con l’aumentare dei battiti. Il rumore della palla e delle mani si alternano. La bambina riesce a batterle due volte. Alla terza il pallone le arriva addosso, non fa in tempo. Ci riprova e ancora fallisce. Ma sembra quasi che la diverta di più sbagliare.
– Mamma è in casa?-
– Sì-
– Posso?-