Gian Micalessin embedded a Falluja
terza puntata de “Il giornalismo italiano e l’Islam”
un’inchiesta di Roberto Santoro
[leggi la prima e la seconda puntata]
“E ora che ci faccio io tutto solo?”
“Lascia che ci pensi io, piccolo Berretto Verde”.
Berretti Verdi
Un reporter di razza non sopporta l’odore di mocassini delle redazioni, preferisce scorrazzare in medio oriente in cerca d’avventura.
Mai una volta che sia rimasto in hotel, sempre fuori, a caccia di notizie, nella convinzione che basta un passo fuori dalla stanza per scoprire qualche eccitante novità.
Nel 1983, ventenne, Gian Micalessin era in Afghanistan con l’amico Fausto Biloslavo. I due hanno un remoto passato di militanza nella destra triestina e Biloslavo – ex Fronte della Gioventù – durante i suoi vagabondaggi è stato imprigionato e torturato dai sovietici, passando dai campi di addestramento dei falangisti ai tempi della guerra in Libano.
La coppia di giornalisti ha fondato la Albatross Press Agency, un’agenzia di stampa estera che con i suoi reportage di guerra si è guadagnata prestigiose collaborazioni con CBS, NBC, “Liberation”, “Der Spiegel”, “la Repubblica” e il “Corriere della Sera”.
Oggi Micalessin scrive per “il Giornale”. Le sue crude corrispondenze dal fronte iracheno raccontano il dopoguerra dal punto di vista del giornalista embedded, che si muove al seguito delle truppe americane.

di 

Lettura di Richard Sennett, La cultura del nuovo capitalismo (Mulino, pp. 145, traduzione Carlo Sandrelli)

di Moni Ovadia