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Chigurh

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di Giordano Tedoldi

1.
Da giorni, quasi un mese, sono fuori di me. Sono nel personaggio di un libro. Lo so che sono lui, che ho i suoi stessi atteggiamenti, do le sue stesse risposte e, molto importante, riesco addirittura a guardarti proprio come fa lui. Il che, per te che mi vedi, che mi trovi davanti alla tua strada, è una mezza disgrazia.

Che io e te prima o poi dobbiamo morire, è ovvio, perciò il mio sguardo non può piacerti. Ci si guarda sempre come in un duello, anche se il colpo ti finirà, o mi finirà, domani, o tra molti anni a venire. Con i sensi di colpa ho chiuso. Un fratello di sangue mi dice: “Non sai quello che ho fatto per te”, e io rispondo: “Sì, mi hai guardato morire”. Dev’essere tra le pieghe di queste battute che si nasconde il perché di questo cambiamento: che da giorni, quasi un mese, io sono Anton Chigurh.

Le suicide de Paris

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di Giancarlo Liviano

Oggi.

Se ne sta in disparte, segregata nel suo camerino, e sa bene che susciterà sensazioni forti stasera.
È bella, Paris. Porta il nome di una grande capitale europea. È così magra e lunga che sembra un chiodo da bara, e la sua silhouette è un parossismo d’armonia, con i seni polposi e incolonnati in un attillato corpetto nero, un doppio cannone sanguinario che atterrisce il suo obiettivo.
La forza eccitante contenuta in un seno. Non ha un’anima, eppure scatena un fremito brutale in chi lo sta osservando. Brilla attraverso lo schermo senza che si possa toccare, un bel primo piano ultra-ravvicinato che svela perfino le striature più impercettibili che solcano l’epidermide. Produce un anelito bestiale, subito strozzato da un rigurgito antagonista. È l’intervento della coscienza repressiva, rigorosa nella propria puntualità, il ricatto che riporta alla propria condizione incessante. L’immagine è voyeuristica e allo stesso tempo perentoria. Ti dice che non stai facendo nient’altro che desiderare qualcosa che non potrai mai avere.

Tentativo di mediazione attraverso l’analisi e la discussione dei punti di vista espressi in modo virulento nella recente polemica comparsa su Nazione Indiana tra Michelangelo Zizzi e Christian Raimo

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di Gianluca Gigliozzi

Di solito non m’impiccio di polemiche; di solito la polemica è pane per i denti degli addetti ai lavori; il sottoscritto invece non scrive per nessuna redazione, non occupa alcuna posizione di potere nell’ambito editoriale o culturale in genere, né, fino a prova contraria, aspira ad occuparne, occupandosi di tutt’altro. Quello che segue è (vorrebbe essere) soltanto un esperimento di civiltà: tentare una mediazione razionale laddove finora c’è stato soltanto scambio pulsionale.

Tutto il mondo…

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di Nancy Spector

traduzione di Mattia Paganelli

[Ho pensato di tradurre questo articolo apparso su Freeze di Aprile perché parla di argomenti che mi interessano nonostante non li condivida completamente, ma che trovo comunque stimolanti. Mi piace anche metterlo in parallelo all’articolo di Carla Benedetti (‘Concentrazione totalitaria di un’idea di Arte’), apparso su Il Primo Amore, perché credo ne svuoti il senso: la critica da lei mossa sarebbe giusta se non fosse indirizzata a una collezione di artisti che ormai non possiamo più considerare ‘contemporanei’, e che sono dunque assimilati nel sistema commerciale e museale in modo relativamente inoffensivo.
Mi scuso per lo stile brutalista della traduzione. m.p.]

Exit, please, automatic washing in a few seconds

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di Paolo Anastasio

E’ cominciato tutto in una brughiera, una decina di anni fa. Una brughiera ghiacciata con la terra dura come l’asfalto. La brughiera sembrava una steppa, ma non ero in Russia. Ero in campagna, in mezzo al nulla. Il terreno era più duro che in tutte le città del versante occidentale. Io camminavo lì, al freddo siderale, in mezzo a muschi e licheni, come c’è scritto nei libri di geografia. Ma questo non era un libro delle medie. Era il percorso che facevo tutte le mattine per andare al lavoro, con il vento che mi sferzava la faccia. Perché il lavoro è importante, il lavoro nobilita l’uomo, “Arbeit macht frei”. Stavo andando al lavoro, nel capannone industriale lassù nel suburbio di Londra. Al lavoro, era il 1996. Non sapevo ancora niente.

Anteprima Sud/ Marek Bienczyk

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Breve storia del travestimento
di
Marek Bienczyk (Traduzione di Paola De Luca)

Il 25° anniversario della nascita del movimento Solidarnoc è stato celebrato con una cerimonia ufficiale grandiosa, ritrasmessa in diretta dalla TV. Gli scioperanti di allora, venuti a celebrare il proprio coraggioso passato, oltre che ai discorsi delle autorità e dei vari segretari di Stato americani, hanno potuto assistere al concerto di Jean-Michel Jarre, la cui presenza ha suscitato vivo interesse in Polonia ; ricevuto, tra gli altri, da Lech Walesa, l’artista ha rilasciato delle interviste e le sue foto hanno tappezzato la stampa « people ».
Dopo avec illustrato altri grandi avvenimenti storici, centenari, bicentenari, liberazioni, rivoluzioni, restituzioni eccetera, passando da Parigi a Mosca, da Mosca a Pechino, e in molte altre città sublimate dalla Storia, Jean-Michel Jarre, molto in forma, ha dispiegato i suoi suoni e echi nella scenografia del cantiere navale di Danzica. Così la cerimonia, portata dalla musica trascendente, emozionante, si è trasformata in una festa universale, come se ne erano viste a Parigi, a Mosca, a Pechino.
Gli scioperanti che prima di allora non avevano mostrato alcun interesse alla musica di Jean-Michel Jarre, hanno potuto sentirsi essi stessi trascendenti e universali.
Tuttavia, alcuni di loro hanno compreso che gli avevano rubato la cerimonia, travestita in festino universale, in festa democratica astratta e eterna, e hanno rinunciato a partecipare.
Come dice Jarry (e Jarre) : « L’azione si svolge in Polonia, cioè in nessun luogo”.

Il mistero del romanzo/incontro Colombati-Piperno

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di Giovanni Choukhadarian

Che il romanzo sia un mistero può non essere questa gran novità, ma resta una buona idea. Se a lavorarci sopra si mettono due teste non prevedibili come quella del giovanissimo Marco Candida e del cinico, efferato Franz Krauspenhaar ne vien fuori un ciclo d’incontri con autori e pubblico che, salvo smentite, non ha uguali nell’Italia post-ricucciana d’oggidì. Il primo di questi lo ha ospitato la notevole ex sala del Consiglio di Tortona, ospiti due romanzieri di successo come Leonardo Colombati e Alessandro Piperno (l’ordine è, come usa, quello alfabetico).

Billy The Kid by Jack Spicer (1958)

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Billy The Kid 

(I/X)

 

  I 

The radio that told me about the death of Billy The Kid 

(And the day, a hot summer day, with birds in the sky)

 

Cooperazione sociale italiana

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di Christian Raimo

Questo pezzo doveva uscire qualche mese fa su “Internazionale”, poi non uscì, così lo pubblico qui

Per una settimana pulisco il culo ai ragazzi disabili. Stufo delle collaborazioni occasionali per i supplementi patinati dei quotidiani, provo un’altra forma di precarietà. Valuto le mie motivazioni (mi va di occuparmi degli altri? mi va di prendermi cura dei più deboli? ho bisogno di soldi?) e mi presento a un colloquio per una cooperativa sociale che si occupa di assistenza domiciliare a portatori di handicap. Mi testano.

Bacheca di maggio 2006

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Se vuoi, puoi usare i commenti qui sotto come spazio per segnalazioni e discussioni a tema libero durante il mese.

Il mistero del romanzo – Gli specchi rovesciati

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A Tortona, la Fondazione CR Tortona, l’associazione Il Leone e la Rosa, Consulta dei Giovani, Libreria Namasté presentano

Il Mistero del Romanzo –  La Letteratura contemporanea raccontata dagli scrittori contemporanei.

A cura di Marco Candida, con la collaborazione di Franz Krauspenhaar e Giacomo M.Prati

Prossimo incontro: Gli specchi rovesciati – il mondo come surrealtà.

Tortona, giovedì 4 maggio 2006 Sala del Consiglio (ex sede comunale) ore 21.

Incontro con: Tiziano Scarpa

(Si approfondirà la dimensione e il senso del “surreale” nella narrativa contemporanea).

Feaci Poesia

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E’ appena nato un nuovo sito di poesia, Feaci Poesia; uno spazio aperto a ogni esperienza di scrittura poetica, curato da Giovanni Monasteri e Anna Setari.

Il nome scelto per questa antologia online vuol denotare una precisa linea editoriale: l’isola dei Feaci è il luogo favoloso del racconto, della poesia; ma è anche il luogo dell’ospitalità per eccellenza.

Per saperne molto di più, ecco il link:http://www.feaciedizioni.it/

Come fuori dentro/Paola de Luca

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LA STRADA DI ARETUSA
di
Paola de Luca

Siamo sotto Natale, ognuna col suo respiro, con la maglia sulla camicia da notte, nell’odore della sua pelle. Io nel letto nobile, Isa su quello di sopra, la straniera per terra. Quando si rimette a piangere, accendo due sigarette e ne passo una a Isa, senza guardarla, so che non dorme, alzo il braccio che s’illumina del faro nel cortile, vedo lo strascico di fumo giallo, incontro dita fredde, appuntamento spaziale, l’altra singhiozza.
“Prima o poi si calmerà”, dico.
“Se non si calma da sola ci penso io”, dice Isa.
Quella è passata all’urlo, biascica frasi bagnate, impervie.
Vado ad accendere la luce, prendo una scarpa e la sbatto forte contro la porta. Già conosco tutti i rumori di ferro che ci invaderanno le orecchie, le tempie, la nuca. Pesto con cura il tacco sulla parte più alta, quella che risuona di più.
Scrosciano altre porte nel corridoio, arrivano urla metalliche, passi di piombo, io torno a letto, le ginocchia sotto al mento, mi copro la testa

A Gamba Tesa / Quiero No Quiero/Lettera aperta a(d) Aldo Nove

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di
Francesco Forlani

– Mi chiamo Roberta, ho quarant’anni e guadagno 250 euro al mese – scrive lei
– Va bene! rispondo io. E allora?

Cioè non va bene per niente, pero’ mi interrogo. Tralascio la questione letteraria e identifico un fatto. Escono in Italia dei libri sul lavoro precario. Non sono in realtà dei libri sul lavoro, credo di capire, da quanto letto degli articoli reportage pubblicati su Liberazione, ma riflessioni su come sia cambiato oggi rispetto al passato il senso del lavoro. Del resto Aldo Nove, dovendo tracciare un denominatore comune tralascia, e a ragione, il tipo di attività, mettendo l’accento sulla busta paga. in altri termini sia che Roberta svolga una professione che le piaccia, sia che lei offra il proprio corpo a prezzi stracciati, tutto questo non interessa. Anzi vi diro’ di più. Se di euro ne guadagnasse 4000 facendo pompini, per Aldo Nove sarebbe un mito. Per i 4000 euro o per i pompini? Lascio la questione aperta.

Le parole non sono mai come i fiori

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di Christian Raimo

Reagisco proprio a cazzo all’intervento di Zizzi. La sua idea di letteratura propagandata, propagandata esatto non esiste termine migliore, l’istituto luce di se stesso, è la violenza di chi cerca lo scontro da perseguitato, da minore, da non compromesso, da solo contro tutti. E’ un modo di parlare che non dice ma enuncia, come i Megariti secondo Aristotele, non si pone dialetticamente, ma ascrive alle parole una valenza extratemporale, fuori dai mille paradigmi del linguaggio condiviso, si butta in un deserto, per essere vox clamans. Nessuno gliel’ha chiesto.

Un intervento violento

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Tre divagazioni senza apparente luogo né sinossi su scrittura, lettura e geografia letteraria

di Michelangelo Zizzi

zizzi.jpg

Io desidero un’apocalissi più svelta.”
M. Parente

“Là portami Sofia
in quella terra che pare medicea
o forse ancora del pleistocene.
Là senza i profitti dei dizionari.
Senza quelle volture esatte
per dire o non dire
entrare o non entrare. […]”

L’esatta sintassi della grammatica da scuola elementare di maestra della neve di fuori qui in murge come ossari che fa un ordine di filari di tombe in bianco avanzo o coperte di gelido freezer sugli avanzi dell’inverno mi dispone alla dissequenza, frastagliamento dell’immagine. Ma per contrasto delle forme perse, sepolte, giacché quel che si vede è monotono, monocromo.
Dissequenza, ma quanto poi sono lontano dalla congruità?

Un grande finale

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di Franz Krauspenhaar
1965_Par_un_beau_matin_d_ete.jpgSi conosce spesso il valore di una cosa partendo dalla sua fine. E se la fine è lieta, si potrà magari serbare l’illusione, viceversa, che sarà stato lieto anche tutto il resto, il precedente. Non è questione di happy ending o di un finale truce. Sappiamo bene che ce ne sono anche d’intermedi, spazi ad ante spalancate sul cielo di un finale aperto. Spesso sono questi, quelli aperti, i finali più interessanti e anche più realistici, poiché nella vita reale (compresa quella dell’immaginazione) non  esiste in fin dei conti una vera chiusura di nulla, specialmente se, nella speranzosa immaginazione di molti che diventa a volte fortunata fede, al di là c’è per noi un dio in eterno accoglimento. Ma ce ne sono tanti anche di chiusi, di finali, anzi di sprangati; alcuni addirittura memorabili.

L’orgia vitale del Waits italiano

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capossela.bmp di Armando Trivellini

Nessun musicista possiede, quanto Vinicio Capossela, un immaginario e un’estetica così vicini al mondo surreale, frantumato e anarchico del Medicine Show. Il suo universo è da sempre popolato di figure sfrenate e paradossali, ereditate da sfere d’invenzione che attraversano almeno due secoli.  L’inventiva di questo musicista unisce idealmente le fascinazioni dei romanzi di Jules Verne  alle balere della riviera romagnola, passando senza soluzione di continuità dalla sporcizia dei parcheggi notturni all’odore di legno e polvere dei depositi di pianoforti abbandonati, inondati di luce mitteleuropea.

Il catalogo del mondo

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di Sergio Garufi 

 les suisses morts.jpgIn un epico scontro consumatosi diversi anni fa tra due giganti della critica letteraria, Tzvetan Todorov accusò Northrop Frye di essersi limitato, con il suo saggio Anatomia della critica, a proporre una semplice tassonomia, una mera classificazione di generi letterari non logicamente coerenti tra loro. Lo studioso bulgaro aggiungeva, inoltre, che affermare che gli elementi di un insieme possono essere classificati significa formulare su questi elementi l’ipotesi più fragile che esista. Il testo del canadese gli sembrava insomma “un catalogo in cui erano state repertoriate innumerevoli immagini letterarie, ma un catalogo non è la scienza stessa, è solo uno dei suoi strumenti, e chi non fa altro che classificare non può farlo bene: la sua classificazione è arbitraria non potendosi basare su una teoria esplicita – un po’ come quelle classificazioni del mondo vivente, prima di Linneo, in cui si stabiliva la categoria degli animali che si grattano”.

questa è la vita

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di Christian Raimo

questa volta mi sono seduta sul letto, mi hai detto,
eri stanca persino di uscire, vieni a farti un giretto?,
e andare dove?, mi hai chiesto, son rientrata adesso,
sono le nove e devo ancora farmi una doccia e cenare.
ho insistito, esci ti aspetto, ci prendiamo una cosa, parliamo.
ma parlare di cosa, mi hai detto, un’altra serata a parlare di affitto?
con tu che mi dici che il prossimo mese ti fanno un contratto
e ti danno quattrocento euro al mese escluse le spese di pranzo e benzina,
o a lamentarsi in gruppetto dell’impossibilità condivisa di fare un progetto
che duri due giorni, di accendere un mutuo, a fare la gara a chi più insicuro,
a chi ha meno idea di cosa fare in futuro, ma anche tu non sei stufo?
scusami ho sonno e devo andare in cantina, mi riprendo la rete
che avevo buttato, quest’altra che ho messo è peggio dell’altra,
ci dormo malissimo e da due settimane mi sveglio con la schiena attrappita.
ci sentiamo domani, magari per pranzo, se ti sta bene, questa è la vita.

Domande per Krishnamurti

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new_6.jpgdi Emilio Villa (circa 1982)

La ragione, grande alveo dello spirito dell’uomo occidentale (ellenico-europeo) come va intesa?
è una minaccia alla natura umana? o una immagine continua del silenzio profondo, del mistero, dell’enigma universo? della inconcepibilità del cosmo?
o un gioco della memoria illimitata? o è un presagio, un avvio verso il sommo silenzio?