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Ridere nel secolo ventesimo

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di Giuseppe Montesano

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Che cosa è il Comico? C’è poi tanto da ridere nel secolo dal quale siamo usciti e in quello in cui siamo entrati? Il Comico fa solo ridere o può anche far piangere? Sono a Roma a parlare del “Comico” con Ermanno Cavazzoni, Paolo Nori, Franca Valeri: con Giulio Ferroni a presiedere questa “table ronde” che chiude un convegno dedicato al “Comico nel ‘900” che ha visto intervenire tra gli altri Nino Borsellino, Andrea Cortellessa, Vincenzo Cerami, Emma Giammattei e Walter Pedullà. Si discute animatamente ma secondo l’etichetta, e quindi si tratta di un incontro serio: eppure la nostra è la classica situazione che potrebbe facilmente, tra le mani di uno scrittore Comico come Rabelais o come il Céline di Morte a credito, finire in una rissa delirante o in un prendersi a torte in faccia: basterebbe che ci prendessimo troppo sul serio. Perché il cuore di tenebra del Comico sta nel rovesciamento di tutte le gerarchie, nell’insurrezione del basso contro l’altro e nell’abbassamento di ogni grandezza presunta: ogni vera dialettica è profondamente, acutamente schierata dalla parte del Comico.

Catena di San Libero n.283

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di Riccardo Orioles

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La “Catena di San Libero” e’ una e-zine gratuita, indipendente e
senza fini di lucro. Viene inviata gratuitamente a chi ne fa richiesta. Per riceverla, o farla ricevere da amici, basta scrivere a: riccardoorioles@libero.it. La “Catena” non ha collegamenti di alcun genere con partiti, lobby, gruppi di pressione o altro. Esce dal 1999. L’autore e’ un giornalista professionista indipendente.

Io, Arbasino e la guerra psichica

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di Andrea Tarabbia

arb.JPG“Alla fine, lo avrete capito, sono come un juke-box: basta mettere la monetina e io parto, comincio a parlare…”.
Alberto Arbasino, italica icona del cultural cazzeggio, profeta delle trattorie, del parlarsi addosso, del pettegolezzo intellettual-mondano, del viaggiar in taxi, incontrastato leader del baronaggio editoriale, del citazionismo, del ricordo dei bei tempi che furono, ah Benedetta Barzini, com’era bella a New York nei primi anni Sessanta, oh, sì, Manganelli, mi ricordo di Giorgio Manganelli, persona solitaria, grande amico, abbiamo avuto delle carriere parallele, e quando studiavo diritto internazionale ad Harvard, c’era questo giovane professore che si chiamava Henry Kissinger, persona simpatica e a modo che ho rivisto di recente, e certo che sono stato alla Factory di Warhol, ma poi…cosa mi viene in mente!, quando passeggiavo per Bologna in compagnia di Roland Barthes e, pensate, all’epoca lui lo poteva ancora fare, passeggiare, non era ancora famoso…

Sul fondo

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di Andrea Inglese

Come ogni buon organismo
hai organizzato. Tra la pioggia
e il bel tempo. Nelle agitate
visioni dal basso, di rimbalzo
nei vani, o nei tempi morti.
Dentro e fuori le poche, basse,
camere di morte, dopo l’ospedale,
e poi il prato. E facendo leva, nel sole,
su avvertimenti, sodalizi strani,
mormorando i nomi certi degli amici,
ragionando su quanto si deve perdere,
su quanto ormai è taciuto, è dentro,
fra cartilagine, spugna, selciato…

Letture poetiche

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Di Marco Giovenale

Scansione di un testo di Massimo Sannelli:
“bisogna scandire che piace…”, da Due sequenze (2002)

(Trai tanti becchini al lavoro, ce n’è sempre qualcuno con una vanga in mano per la poesia. Mentre questi scava per chissà quali salme, Marco Giovenale legge alle sua spalle poesie che gli parlano. È solo andando ai testi, che si sente se il polso batte. A. I.)

Nel percorrere le opere di Massimo Sannelli sembra talvolta necessario sospendere decodifiche rigide, leggendo semmai ogni linea e verso come direzione, ‘verso di movimento’. Così accolto, il testo suggerisce costellazioni di senso (del derivare dei significati). Non un percorso provvisto di storia – pur esperita – anche aperta alla interpretazione, non una cronaca data e scandita, ma un insieme di moti tematici o fonici in una direzione; che non addensa necessariamente grumi di significati univoci, tracciabili, riportabili ‘in chiaro’.

Il male dell’America

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Intervista a Emmanuel Todd

126.jpgL’ultimo numero di Una Città si apre con questa intervista allo storico e antropologo francese Emmanuel Todd. Ringrazio Gianni Saporetti per avermi autorizzato a riproporla qui. (T. S.)
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Il mostruoso deficit commerciale Usa e l’aumento della mortalità infantile sono solo alcuni degli indicatori del declino americano. L’Europa sta salendo al vertice delle preoccupazioni americane. Dopo la catastrofe irachena la razionalità spingerebbe a miti consigli, ma nella storia, e nell’uomo, esiste l’irrazionalità e questa spinge verso l’Iran. Un’oligarchia che non ha quasi più nulla di democratico.

Emmanuel Todd, storico e antropologo, è ricercatore presso l’Ined, l’Istituto Nazionale di Studi Demografici di Parigi. Il libro cui si fa riferimento è Dopo l’impero, Marco Tropea Editore, 2003. Nel 2004 in Italia è stato tradotto anche L’illusione economica, la cui pubblicazione in Francia, presso Gallimard, è del 1998.

Poesia e presente

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La rivista Qui – appunti dal presente e la Casa della poesia di Milano

invitano a un incontro su

poesia e presente: tempi diversi nello stesso tempo

L’incontro si terrà

sabato 14 maggio a partire dalle ore 15
nel
Teatrino del Parco Trotter, via Giacosa 46,

Mario Merz (un link)

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di Dario Voltolini

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Segnalo il sito www.fondazionemerz.org

Ciao a tutti

D.V.

Storie dal mondo on line

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di Benedetta Centovalli

Una scommessa vinta appieno quella di Alane Salierno Mason, che è riuscita a realizzare un suo sogno o meglio a dare forma a un’ossessione, come confessa lei stessa, che da qualche anno la tormentava: un internet magazine di letteratura internazionale in traduzione inglese. Basta cliccare su www.wordswithoutborders.org, parole senza frontiere, e il mondo ci appare più vicino.

“Guadagno più di te e quindi ne so più di te”

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di Aldo Nove

gerarchia.jpgLeonardo ha più di 30 anni e dirige una piccola e agguerrita casa editrice.
Per vivere, dopo la laurea umanistica, ha fatto diversi lavori. E’ anche lui figlio della grande bolla del Web.
Questa è la sua storia.
E la sua attenta concezione del mondo che cambia.

Come va?

In un modo molto, molto strano.

Cioè?

Cioè che non capisco più se sono vittima o carnefice.

Il santo parricida

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di Linnio Accorroni

sainjulien.jpgL’idea di portare a termine un antico progetto, la scrittura di una novella sulla figura di San Giuliano l’Ospitaliere, venne a Flaubert proprio mentre attraversava uno dei periodi più bui e cupi della sua esistenza: la causa prima di questa disperazione (curiosa coincidenza con ciò che era accaduto, pochi anni prima, a Beethoven con il famoso nipote Karl) stava nella difficilissima situazione finanziaria di una sua nipote, verso la quale lo scrittore nutriva un trasporto affettivo persino eccessivo, transfert ricorrente in chi devia e surroga la paura/desiderio di paternità, indirizzandola verso un membro prediletto della propria tribù d’appartenenza.

Sfide

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di Sergio Nelli

uraganomexico.jpgIn questo periodo mi viene di pensare spesso alla distinzione tra esserci ed essere sviluppata in modi diversi, tra gli altri, da Heidegger e da Sartre (che non sono nemmeno filosofi miei, ma che importa?). Ecco quella trascendenza dell’ente di cui parla Heiddegger, o la progettualità (la libertà ontologica che sbocca in progetti e in valori, in vie d’uscita) di cui parla Sartre mi sembrano mostruosamente compresse dall’imponenza granitica di quel che c’è. E’ come se tutti dicessero: non ci sono vie d’uscita; è come se ogni comportamento ribadisse che c’è un solo grande corso che si governa da sé. A ognuno di noi non resta altro che schiodare la rosa del futuro dalla croce del presente, ritagliarsi un giardinetto fiorito perché non sia mancata la festa, com’è giusto. La mostruosa bolla di idolatria scoppiata con la morte di Wojtyla e con gli assurdi festeggiamenti di massa per un nuovo papa retrivo e arroccato nella difesa di cose morte, mi sembra l’epifenomeno di un segno di impotenza collettiva, una totale perdita del senso di trascendenza dell’ente. Un’impotenza a cui non deve essere estraneo quel dislivello prometeico patito dagli esseri umani rispetto a un mondo supertecnicizzato incontrollabile e sproporzionato nell’offerta di cui parlava una quarantina d’anni fa il filosofo Gunther Anders.

Guarigione

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di Franco Arminio

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ti voglio guardare mentre hai gli occhi chiusi
guardare il sole che ti passa sulla fronte
le mani che toccano la rosa sul tappeto
diventare così teneri amici
e poi divampare
in altri luoghi
incollare le tue spalle alla parete
baciarti tra le gambe

Zolle

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Un’intervista di Tiziano Scarpa a Marco Drago

Ho un debole per i libri di Marco Drago. Ho amato moltissimo anche quest’ultimo suo romanzo, Zolle (pubblicato da Feltrinelli, 190 pagg.), e mi è venuta voglia di chiacchierarne con lui.

LE PAROLE E LE COSE

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di Antonio Sparzani

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Le cose sono fatte di materia che è fatta di molecole, che sono fatte di atomi, che sono fatti di protoni, neutroni ed elettroni, che sono fatti di quarki, quarketti e quarkottini, in su e in giù, con sapori e odori, tutti però estremamente standard. Cioè stanno nel modello che i fisici chiamano standard per consolarsi e convincersi che ormai è proprio così e che la natura ubbidisce agli standards.
Le parole, invece, sono fatte di aria che vibra nell’aria, che è fatta di tante molecole, che sono fatte, ecc., e di martelletti che nelle orecchie degli umani vibrano di conseguenza e di neuroni e sinapsi che conducono particelle elettriche a seconda di quelle che vedono arrivare, o sono fatte di pezzettolini di inchiostro, forse non più quello dei calamai di vetro che i bidelli della mia infanzia passavano ogni tanto a riempire con una caraffa di metallo dal lungo beccuccio (citazione dal moreschico sbrego) ma da un moderno e asettico inchiostro che più le dita non macchia orribilmente, oppure sono nerastre eccitazioni di liquidi cristalli disposti opportunamente su un piano quasi verticale, che emette particelle di luce verso le retine di umani, e quindi qurll’invece dell’inizio frase forse non andava detto perché le nobili parole e le umili cose sono poi fatte della medesima materia, e quindi sono tutte cose.
Come si fa dunque a mantenere perlamadonna distinte le parole e le cose; forse che l’analisi scientifica che distingue, distilla, disseca e dunque dissecca non coglie, non coglie nulla di ciò che interessa a chi pone le domande. O forse chi pone le domande non pone quelle giuste cui la povera scienza, molto lontana dall’essere onnisciente, è in grado di rispondere.

La Restaurazione a Torino

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Un’iniziativa di Nazione Indiana

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Editori, scrittori, critici e librai a confronto

Coordina Benedetta Centovalli
Intervengono: Carla Benedetti, Italo Cossavella, Sergio Fanucci, Loredana Lipperini, Antonio Moresco, Antonio Scurati

Saranno presenti: Silvia Ballestra, Gianni Biondillo, Mauro Covacich, Helena Janeczek, Nicola Lagioia, Massimiliano Parente, Tiziano Scarpa e altri indiani

Torino, Fiera del Libro
Sala Rossa
Lunedì 9 maggio ore 16.30

La Restaurazione a Torino è un incontro che pone al centro della discussione la denuncia di un’epoca, la nostra, segnata da un forte e inequivocabile ritorno all’ordine, un “regime” vero e proprio che attraversa tutti i campi dell’esistenza.
Intende evidenziare e analizzare la deriva del mondo culturale attraverso contributi e proposte di chi già cerca di operare controcorrente.

Io so

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di Pier Paolo Pasolini

chaucer-pasolini.jpgDue settimane prima di essere ucciso, Pasolini pubblicò questo pezzo sul “Corriere della sera”. Delle stragi a cui si riferisce in molti casi non si conoscono ancora i veri colpevoli. Tuttora non si conoscono neppure i veri colpevoli dell’omicidio di Pasolini.
Questo articolo non ebbe però in quei giorni la risonanza che ci si potrebbe aspettare, anzi fu quasi circondato dal silenzio. Solo il “Popolo” rispose con un pezzo redazionale intitolato “Prosa psicopatica”, dove Pasolini veniva definito “un megalomane Robespierre di borgata”; poi con un articolo di Marcello Camillucci, intitolato “I deliri di Pasolini”, che lo tacciava di “anarchismo velleitario”.
E’ successo a Pasolini come a Della Chiesa, a Borsellino, a Falcone, o a altri lasciati soli, e quindi scoperti?
Ma in questo caso, a lasciare scoperto Pasolini non furono solo le istituzioni, ma anche tanti intellettuali italiani, evidentemente poco “platonici”. Nell’ultima lettera a Italo Calvino, uscita due giorni prima dell’assassinio, parlando del massacro del Circeo, e dopo aver escluso i politici, difficilmente recuperabili a un’operazione di chiarezza, Pasolini scriveva: “Oggi pare che solo platonici intellettuali – magari privi di informazioni, ma certo privi di interessi e complicità – abbiano qualche probabilità di intuire il senso di ciò che sta veramente succedendo”. cb.

Editori, scrittori, critici e librai a confronto

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A cura di Nazione Indiana
Coordina: Benedetta Centovalli
Intervengono: Andrea Bajani, Carla Benedetti, Edoardo Brugnatelli, Sergio Fanucci, Loredana Lipperini, Marco Monina, Antonio Moresco, Antonio Scurati.

Saranno presenti: Silvia Ballestra, Gianni Biondillo, Mauro Covacich, Helena Janeczek, Nicola Lagioia, Massimiliano Parente, Tiziano Scarpa, Beppe Sebaste e altri indiani.

Torino, Fiera del Libro
Sala Rossa
Lunedi’ 9 maggio ore 16.30

La temperatura a cui brucia la libertà

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di Benedetta Centovalli

Nazione Indiana organizza per il 9 maggio alla Fiera del libro di Torino (Sala Rossa, ore 16.30) un incontro sull’editoria e, più in generale, su quanto sta succedendo in questi anni nel campo della cultura e delle sue proiezioni, intitolato “La restaurazione”.
Ripubblichiamo qui un pezzo di Benedetta Centovalli uscito sul “Messaggero”
il 30 ottobre 2004, che dava un primo contributo alla discussione.

A vent’anni dalla morte si onora con i suoi film un grande regista, François Truffaut. Così mi è capitato di rivedere con curiosità e una punta di apprensione, per paura che il tempo avesse fatto giustizia del ricordo, uno dei suoi film più noti, Fahrenheit 451. Ma che diavolo manderebbero a memoria gli uomini-libro se Truffaut girasse adesso la sua pellicola? Il film, ispirato al romanzo di Ray Bradbury, poneva domande inquietanti sul valore e sul significato della lettura, sulla logica del potere volta al controllo e alla manipolazione della verità, domande di bruciante attualità.

Scrivere sul fronte meridionale III

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Scegliere di combattere

di Vins Gallico

aspromonte.jpg [Dopo la pubblicazione della lettera a Nazione Indiana circa lo Scrivere sul fronte meridionale ho ricevuto diverse risposte da autori che hanno riflettuto sullo scrivere da sud. Pubblico qui l’intervento di Vins Gallico. rs]

Ho dei ricordi. Di quando ero bambino, ad esempio. La mia famiglia viveva in un grande condominio con un cortile interno. Tutti gli altri bambini del cortile rubacchiavano alla Standa che stava sulla strada parallela.

Rassegnatevi, Baricco non ci salverà

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di Sergio Fanucci

Nazione Indiana organizza per il 9 maggio alla Fiera del libro di Torino (Sala Rossa, ore 16.30) un incontro sull’editoria e, più in generale, su quanto sta succedendo in questi anni nel campo della cultura e delle sue proiezioni, intitolato “La restaurazione”.
L’intervento di Sergio Fanucci – che sarà tra i partecipanti all’incontro di Torino – è comparso originariamente sul “Corriere della sera” l’11/02/05. Ci sembra ora importante riproporlo qui, come il serio contributo di un editore libero alla discussione.

Agli Stati Generali dell’Editoria, che si sono svolti a Roma nel settembre 2004, sono intervenuto con l’intento di spostare la discussione culturale – editoriale su di un terreno che appare ostico alla comprensione dei più: il mercato. Certa critica di destra o di sinistra che sia, ragiona in termini puramente intellettuali, evitando il confronto con l’attuale sistema editoriale fatto di grandi case editrici e catene di librerie da una parte e di editoria di progetto e librerie indipendenti dall’altra.