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In uscita

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Condivido in pieno il messaggio di Antonio. Anch’io ho deciso di uscire da Nazione Indiana. Non descriverò qui le tappe che mi hanno portato a questa decisione. Dico solo questo: nel corso di questi due anni e due mesi, Nazione Indiana ha elaborato molte analisi, visioni, proposte. A qualcuno sono sembrate un poco manchevoli, ad altri troppo agguerrite. Ma in ogni caso, mi aspettavo che fossero occasioni per formare un coagulo di forze, dentro e fuori di qui, non certo per creare altre separazioni e nuove incomprensioni.
Saluto tutti ringraziandovi dell’impegno e dell’attenzione appassionata che avete dedicato a questa bella avventura.
Tiziano Scarpa

I Commenti al Commiato

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di Gianni Biondillo

stretta.jpg Sto passando un periodo molto difficile (con problemi familiari che sto lentamente risolvendo) che mina la mia attenzione al mondo e a Nazione Indiana. Purtroppo non posso dare la giusta cura, e la giusta replica, alle parole di Antonio.

In effetti è oltre un mese che non commento e non posto più nulla. Dopo che mi si è accusato di eccesso di presenzialismo, era un mio piccolo modo di placare le acque e forse anche un po’ di protestare per gli eccessi barricaderi (o con me o contro di me) che avevo riscontrato in prossimità di un convegno che ho visto nascere a casa di Carla e che ho sempre reputato fosse importante da mettere in atto. Me ne sono andato prima io di te, Antonio, mi viene da dire, ma non è questo il punto.

Commiato

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di Antonio Moresco

notorious_16.jpgCari amici,

vi comunico la mia decisione di uscire da Nazione Indiana. Negli anni in cui ci siamo conosciuti e siamo stati insieme ci siamo sempre detti le cose con chiarezza. Per cui sento il bisogno anche adesso di esprimermi in modo libero e trasparente.

Quando alcuni di noi hanno messo al mondo attraverso il mezzo della rete questa piccola cosa dinamica, creativa e controcorrente nel panorama culturale di questi anni e delle sue strutture (che tendono ad atrofizzare e a rendere atomizzate e puramente funzionali le persone e le vite che si muovono al loro interno) si è cercato di prendere coscienza e di definire la natura dei nostri desideri e delle nostre aspettative. L’idea era di fare qualcosa che si muovesse nella dimensione del combattimento e del sogno, cioè di un movimento unico che tenesse indissolubilmente uniti dentro di sé sia il conflitto delle idee e l’aspirazione all’apertura di spazi che l’amore per l’oggetto e la cosa in sé, sia la responsabilità intellettuale radicale che l’incandescenza, l’intransigenza e l’integrità artistica e di conoscenza.

Percorsi di significato

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di Sergio Garufi

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Una delle immagini più suggestive, nel Trionfo della morte di D’Annunzio, è quella della scoperta del Duomo di Orvieto, quando il protagonista del romanzo percorre un dedalo di vicoli angusti nel centro storico della città e alla fine prova questa epifania scioccante (“d’un tratto, in fondo a una via, un miracolo: il Duomo“), come di un mostro sorto dal nulla.
Il tema del percorso, di come cioè un’opera si sveli attraverso il tragitto (interno o esterno, tattile o visivo) che ci conduce a lei, si ritrova pure negli studi che riguardano Castel del Monte. Mentre il primo è una brusca apparizione che sconcerta perché inattesa, il secondo si palesa subito, e si scorge già a grandi distanze. La strada da Andria scorre dritta per chilometri e il castello è là, in fondo, minaccioso e terribile come una corona imperiale poggiata sul terreno. Il tracciato è lo stesso dei tempi di Federico II, e l’impressione, man mano che ci s’avvicina, è che l’effetto intimorente sia deliberato. Un simbolo di potere così grandioso e inaccessibile da scoraggiare sul nascere qualsiasi velleità di sovvertirlo, provenisse da sudditi rivoltosi o da sovrani belligeranti.

da “Biometrie”

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biometriecopertina.jpg
Di Italo Testa

Scandire il tempo

Devi intonare la litania dei corpi
di quelli esposti nel riverbero dei fari
di quelli accolti nel marmo degli ossari,

devi orientarti per i tracciati amorfi
tra le scansie dei centri commerciali
scandire il tempo di giorni disuguali,

Appunti sulla distinzione uditiva (1)

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di Massimiliano Viel

http://www.maxviel.it
http://www.otolab.net/projects/sn/index.htm

Introduzione

Poniamo di poterci isolare da tutti i sensi, tranne l’udito. Immaginiamo ad esempio di essere al buio, seduti comodamente e di ascoltare in cuffia l’audio che proviene da un teatro negli istanti prima che inizi un concerto. Ci troviamo immersi in un flusso continuo di suoni e rumori che in gran parte riconosciamo : persone che parlano, colpi di tosse. Poi all’improvviso si fa silenzio. Suoni di strumenti orchestrali, più o meno ben conosciuti, ma comunque famigliari, risuonano insieme creando una cacofonia di frammenti melodici che si sovrappongono tra loro apparentemente in modo casuale. Poi è ancora silenzio. Improvvisamente si sentono dei leggeri colpi, come dei passi lontani e subito un forte rumore : è l’applauso. Evidentemente deve essere entrato il direttore. Infine ancora silenzio. Improvvisamente gli strumenti suonano attaccando insieme con forte intensità e procedendo con un’alta prevedibilità di mutamenti sonori, al punto che volendo posso anche battere il piede, seguendo e anticipando i cambi di note dell’orchestra. Insomma : il concerto è iniziato.

Perdersi, ovvero: Le mappe mentali

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di Gualtiero Tramontana

Corridoio1.JPG

Immagino cosa possa significare girare e sperdersi di notte per questi corridoi. Anzi, non voglio immaginarmelo proprio per niente. Mi verrebbe paura già solo a pensarci. Corridoi lunghissimi, tutti uguali, tutti diversi solo per tracce insignificanti. E chi si ricorda quali? Ci sono grandi blocchi di edifici quadrati e altri rettangolari. In quelli quadrati, e lo so per esperienza diretta, ci sono corridoi esterni, ci sono quelli interni. Ogni lato è lungo un centinaio di metri, forse esagero, forse solo cinquanta.

Antiromanzo

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di Livio Borriello

Piero Manzoni Alfabeto.jpg Nella vita quanti scrivono romanzi? Diciamo che nella vita il romanzo non esiste. Quando qualcuno racconta una storia mai accaduta, viene censurata come frottola o menzogna e espunta dalla circolazione sociale. Certo il racconto, la narrazione, il mito, sono già presenti nella vita, ogni racconto che ascoltiamo al bar è una narrazione, ma è la narrazione di una realtà, o di un’irrealtà, nel caso del mito, ritenuta reale.

Busi: 4 sì ai referendum

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di Flavio Marcolini

A sostegno della campagna referendaria per i alla consultazione del 12 e 13 giugno scende in campo Aldo Busi.

“Voto sì a tutti e quattro i quesiti sulla legge 40 solo per amore della ricerca scientifica, libera e svincolata da ogni Stato etico, fermo restando che da un punto di vista strettamente personale sono profondamente contrario a qualsiasi tipo di fecondazione che non sia sanamente accidentale: i figli che non vengono a te si possono sostituire con i figli venuti alle altre così sfortunate e disgraziate da non poterseli permettere”, dichiara Busi.

Copyleft?

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di Sergio Baratto

Ricevo da Sergio Baratto questo pezzo che mi pare importante rendere noto, perché al di là del caso singolo pone grossi problemi sull’uso della parola in rete e su comportamenti e meccanismi che stanno affiorando in questo mezzo nato da poco. C.B.

Alcuni giorni fa mi sono imbattuto in un caso strano.
La scrittrice Francesca Mazzucato ha pubblicato nel marzo di quest’anno un e-book di prose poetiche, Smagliature, scaricabile gratuitamente dal sito della Kult Virtual Press. Alcune di queste prose poetiche mi hanno stupito per la loro somiglianza con certi post scritti nel 2004 da una giovane blogger, che ricordavo perché a loro tempo mi avevano molto colpito.
Trattandosi di testi liberamente accessibili e consultabili, ho fatto un raffronto, prendendo a esempio due delle prose poetiche della Mazzucato e due post della blogger, e l’ho pubblicato sul piccolo blog personale che tengo da un paio di anni (http://tunga.splider.com), senza menzionare minimamente la parola “plagio”, ma limitandomi a esprimere le mie perplessità.

In coda al pezzo potete leggere le reazioni che sono seguite.

Contro l’invasore

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di Giuliana Petrucci

Premessa

Queste non sono poesie, ma “prese di parola” contro il nemico che ha da sempre parlato al posto mio, costringendomi all’obbedienza e al silenzio.
Della poesia utilizzano i mezzi, il verso e la rima, perché sono uscite così e dovrebbero suonare come uno sberleffo, uno schiaffo, fino al “mòzzico”, come ha dotto un amico poeta. Non avevo altro mezzo da opporre alla voce monotona, insistente, imperativa del mio nemico che questi guizzi di parole, rapidi, che colpissero al centro senza esitazione. Più ne uscivano fuori, più lui arretrava. Naturalmente ho imparato a poco a poco a prendere la mira e la progressione dei componimenti dovrebbe testimoniare questo lento processo di apprendimento.
Per individuare il vero volto dell’invasore sotto i suoi mille camuffamenti, in un territorio da sempre segnato dalle sue tracce, sono occorsi anni di appostamenti, di avanzate

Lo so ho perso tanto
e forse tutto il resto.
Ma io mi godo questo

Aspettando Genji

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di Antonio Moresco

genji3.jpgIl 21 maggio alle ore 21 Nazione Indiana organizzerà a Milano, al Teatro i, un nuovo incontro per festeggiare la traduzione ancora in corso della Storia di Genji il principe splendente della scrittrice giapponese Murasaki Shikibu, che uscirà fra un paio di anni presso Einaudi.

Questa nuova traduzione è particolarmente importante perché fatta direttamente dal giapponese antico e non -come la precedente- da una traduzione inglese. E’ da segnalare inoltre che si tratta -a livello mondiale- della prima traduzione del “Genji” fatta da una donna.

Tutto su sua nonna e molto altro

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Giuseppe Caliceti intervista Silvia Ballestra

ballestranonna.jpg Con Tutto su mia nonna, da pochi giorni nelle librerie per Einaudi Stile Libero, Silvia Ballestra si riconferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, come una delle (giovani) scrittrici italiane più acute e divertenti di oggi. Autrice di culto per le nuove generazioni, fu scoperta da Pier Vittorio Tondelli. In questo nuovo divertente romanzo familiare al femminile, non rinuncia a un‚attenzione estrema a una lingua letteraria coloratissima che tiene sempre d‚occhio la lingua orale, mostrando una grande felicità espressiva. Nel libro parla di sé, di sua madre e soprattutto di sua nonna. Le abbiamo fatto alcune domande.

Un libro al femminile, ma molto spassoso. Una rarità, non credi?

Sì. Non so perché il genere saga familiare è sempre imperniato sul dolore, il sacrificio, i drammi. E comunque, in generale, mi sembra che in questo Paese ironia, autoironia e, diciamolo pure, comico, non vengano frequentati né spesso né volentieri. In questi anni, nel mondo, grande è la paura, grandi sono le paranoie, e non mi dispiaceva pensare di far divertire qualcuno, far passare un paio d’ore di spasso.

I leoni

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di Beppe Sebaste

All’incontro torinese sulla Restaurazione dello scorso 9 maggio, Beppe Sebaste aveva inviato questo brano tratto da un suo libro. Per motivi di tempo non è stato possibile leggerlo. (T.S.).

Blogpensieri

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mesca2.jpg Di Biagio Cepollaro

Queste riflessioni sono anticipazioni di ciò che uscirà in giugno sul Supplemento al V Quaderno del blog Poesia da fare, ora diventato rivista mensile on line in pdf (www.cepollaro.it). Il tema del presente e della poesia è sotteso a tali blogpensieri e talvolta si fa esplicito.

Il gesto non-collaborazionista

Ciò che fa di un gesto un gesto ‘non-collaborazionista’ non è il suo conformarsi ad un’ideologia ‘antagonista’, tutte le ideologie, proprio perché ideologie sono costruzioni menzognere che mimano uno spazio pubblico quando la verità amara dell’Occidente contemporaneo è proprio l’assenza dello spazio pubblico.

Presente a se stesso

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Di Giorgio Mascitelli

Pubblico due interventi scritti per l’incontro Poesia e presente: tempi diversi nello stesso tempo, organizzato dalla rivista Qui (www.quiappuntidalpresente.it) tenutosi nel Teatrino del Parco Trotter di Milano il 14 maggio 2005. L’intento è quello di svolgere una riflessione sul genere fantasma. A. I.)

Se dovessi indirizzarmi su una riflessione sui rapporti tra poesia e un generico presente storico, avrei buon gioco a dire, come quel comico di alcuni anni fa in televisione, che “oggi c’è molta crisi” e nessuno potrebbe obiettare alcunché. Sarebbe facile dire che nessuno legge la poesia e che le sue capacità di intervenire sulla realtà e di organizzare un rapporto simbolico, recepito collettivamente, con le esperienze del presente sono pressoché nulle. Ma queste cose sono già state dette circa un secolo fa da Aldo
Palazzeschi
, per limitarci agli scrittori patri, in una società che aveva solo in parte caratteristiche simili alla nostra.

Chef

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di Giuseppe Di Palma

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La solitudine in cui mia sorella cade quando prepara un dolce e ripieni in pasta di pizza è una bolla di tempo compresso.

Non aprite quella porta

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di Raul Montanari

non aprite quella porta.jpg

Il titolo di un libro, si sa, fa parte del suo packaging; è parente della copertina, collabora con il nome dell’autore, viene spalleggiato dalle bandelle, dalla quarta, dal valore aggiunto dell’editore o della collana, dal prezzo; per un film possiamo citare la locandina, i trailer, la presenza di attori famosi, la collocazione strategica in un cinema centrale o specializzato, e così via.
E’ quindi naturale che l’Italia, patria del design e del packaging artistico, quando importa prodotti dal grezzo Nuovo Mondo tenda a migliorare, ove possibile, l’impatto emotivo della loro confezione. Sono celebri le ricreazioni – che certo non di semplici traduzioni si deve parlare! – di mosci titoli della cinematografia americana come Citizen Kane o Stagecoach con epifanie folgoranti quali Quarto potere e Ombre rosse.

La macchina e i funzionari

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di Carla Benedetti

(E’ il testo del mio intervento all’incontro di Torino La restaurazione” che si è svolto al salone del libro il 9 maggio. Potete leggere una cronaca dell’inconto, più o meno completa, sui siti di Alderano e di Lipperini c.b)

Questo incontro è per lanciare un allarme, non per dire che siamo spacciati. Quando si dice che zone della terra sono a rischio di desertificazione, non vuol dire che ci sia già il deserto.
Il cosiddetto mondo della cultura, quello “ufficiale” s’intende, sembra non rendersi conto della desertificazione crescente provocata in questi anni da certi meccanismi economici e di mercato che agiscono intrecciati alla macchina pubblicitaria e mediatica, e che stanno restringendo le possibilità di espressione, di pensiero e di circolazione della cultura, imponendo formati, operando selezioni (non naturali) di strutture e di forme, anche mentali, clonando ciò che è già stato collaudato in vista di profitti facili e senza sforzo, cancellando possibilità. E tutto questo in una maniera così pesante da far impallidire il vecchio concetto di “industria culturale” introdotto da Horkheimer e Adorno nel 1947.
Non sono meccanismi ineluttabili e nemmeno invincibili. Però se non li nomini non puoi combatterli.

Quintetto d’archi

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di Anna Setari

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MARGINALE
Non ci sei, da secoli tu hai spento
la febbre intermittente della vita
nel sonno buono dove nessun male,
niente, ti può toccare. Mai. Per sempre.
Ma qui nel tempo mio resta e s’accende
questo andamento a fitte del ricordo
per cui dal bosco d’anni folto, nero,
tu emergi come fa la luna a volte
d’oltre gli squarci limpidi del cielo.

Il matriarcato

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di Roberto Saviano

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Attraverso il loro corpo si concede fondamento ad alleanze, il loro volto ed il loro comportamento raccolgono e dimostrano il potere della famiglia, in pubblico si riconoscono i loro veli neri ai funerali, le urla durante gli arresti, i baci lanciati oltre le sbarre durante le udienze ai processi. L’immagine delle donne di camorra sembra comporsi di visioni scontate, somiglianti a quelle descritte dalle pagine siciliane di Vitaliano Brancati. Donne capaci di far da eco solo al dolore ed alle volontà dei loro maschi: fratelli, mariti, figli. Non è così.