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Per Amelia Rosselli

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di Anna Lamberti Bocconi

AmeliaRagazza cara, my girl, chi te l’ha fatta
così maligna verso il marciapiede
dove tutti i camion, tutti i piccioni e i luridi
impensati canali coperti scorrono;
se penso “ebbene, sto come foglia nelle stagioni,
abbiamo occhi bellissimi e padri martiri”
e resto un attimo commossa per il Creato
che si riflette malamente nella Storia
azzurro ghiaccio nell’essenza delle vesti
semplici perché da donna-ragazza
tutte queste benedette bambine che hanno studiato;

se penso in cuore tutto questo ora,
io Amelia piango troppo per la tua morte.

Scrivere sul fronte meridionale II

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di Davide Racca

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[Dopo la pubblicazione della lettera a Nazione Indiana circa lo Scrivere sul fronte meridionale ho ricevuto diverse risposte da autori che hanno riflettuto sullo scrivere da sud. Pubblico qui l’intervento di Davide Racca. rs]

Caro Roberto,

ferme restando le mie convinzioni che uno scrittore è uno scrittore, un poeta è un poeta, un artista è un artista, a prescindere dal luogo geografico in cui nasce…

Oggi, ieri, domani

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di Stefano Sanfilippo

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OGGI…
Decise di telefonare a Davide solo quando il ricordo del momento in cui tutto aveva avuto inizio divenne preciso a tal punto da sentire ancora quelle quattro fottutissime parole nella testa:
Attenzione! Possibili pozze d’acqua.”
Fanculo. Con qualcuno doveva pure confidarsi e spiegare il suo gesto; ed inoltre… sì, in qualche angolo della mente dormicchiava anche la convinzione di poter ricevere, se non l’approvazione, almeno la comprensione per ciò che aveva fatto. Estrasse il telefono cellulare con chiamata vocale dalla tasca, lo portò davanti al volto, accese con un Bip! il display blu elettrico, e scandì lentamente il nome dell’amico: – DA-VI-DE.

Epifanie

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di Angelo Petrelli

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1.
aggredisce il buio e l’ombra
la consueta comparsa
artificiosa di te – occhio
nel fiume avvampato ed elettrico
e misterioso e illuminante

unicamente il suo lungo ritorno
quanto un dramma di sole
e d’ustioni e ancora preme
la contro/tenebrosa origine
di orbite vuote e nulla pesto

L’imperfetta armonia di Manganelli

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Intervista a Andrea Cortellessa

di Piero Sorrentino

manganelli.jpg Da qualche anno prosegue, da Adelphi, la pubblicazione dell’opera completa di Giorgio Manganelli. Testi introvabili e nuove raccolte di inediti e dispersi dello scrittore milanese, in buona parte articoli e saggi variamente editi su quotidiani e riviste. La favola pitagorica, che esce ora a cura di Andrea Cortellessa (pp. 214, 13 euro), riunisce per la prima volta i reportages dei viaggi in Italia che Manganelli, a partire dal 1971, pubblicò su giornali e settimanali.

Quattro volte sì

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di Massimiliano Parente

papa_cattelan.jpgIo sì. Contro non soltanto la restaurazione letteraria dei dorrichi capocultura della cultura che non c’è, ma anche contro l’illuminismo negato dalla revanche clericale, ora con un papa ancora più consono e scattante (abituati alla stop motion deambulatoria di Karol sembra di avere un pontefice perennemente in avanti veloce), il quale ucciderà gli stessi esseri umani uccisi da Wojtyla in nome della morte, dell’Aids e del profilattico proibito (e da leggersi il suo ultimo bestseller filosofico, dove l’aborto è paragonato all’olocausto, né più né meno); e contro i trasformismi e i ferrarismi foglieschi degli “atei devoti” contro la destra e la sinistra metafisiche preoccupate dei diritti dell’embrione elevato a “persona” (non potendolo scegliere un bambino quando il bambino non è altro una cosa che, ingrandita cento volte, è grande quanto una capocchia di spillo, e potendolo invece abortire al terzo mese per ragioni proprie, e al quinto se la malattia è diagnosticata dall’amniocentesi, e quindi, in questo, o sono cretini o vogliono arrivare a vietare nuovamente l’aborto, e nel caso lo dicano); contro i neocon che parlano dell’America, e non sanno che negli Stati Uniti, per volontà di George W. Bush, la ricerca scientifica, che potrebbe portare un giorno a guarire persone in carne e ossa come Luca Coscioni e milioni di altre, è addirittura finanziata dallo Stato per gli embrioni soprannumerari, e libera per la libera ricerca cui è consentito produrli appositamente; e contro i trasvalutatori celentaneschi e i propagandisti teologici e antilluministi, quelli che parlano di “eugenetica nazista”, contro tutti questi legislatori preteschi che, fossero almeno cattolici, si preoccuperebbero, da “cristiani” (oh, i cristiani cattolici di Buttiglione, i quali fanno benissimo a definire l’omosessualità un peccato, malissimo a non dire che, per la Chiesa Cattolica, è peccato tanto quanto l’eterosessualità non “unitiva e procreativa”, come dice a chiare lettere anche il diritto canonico e se non quello anche le tavole veterotestamentarie per le quali “non uccidere” o “non fornicare” sempre di comandamenti e di peccati mortali si tratta) dei bambini che ogni giorno muoiono di fame con la stessa passione con cui si preoccupano degli aggregati cellulari congelando le loro piccole ossessioni e i loro cervelli mistici dentro un microscopio elettronico del platonismo più cialtrone, e amando più l’embrione dell’uomo malato o del bambino già nato, perché tanto non costa nulla; e contro le teologie di ogni genere, siano essere cattoliche o islamiche, doloriste o kamikaze, e contro chi lapida le adultere e chi clitoridectomizza le donne e contro i nuovi relativismi, di destra e di sinistra, immemori che la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è appunto universale, e quindi, ora, cominciando da chi piega l’idea di libertà e di ricerca scientifica alle fazioni del momento, dai neoguelfi che vieterebbero a Fleming di scoprire la penicillina se all’epoca avessero concepito una analoga metafisica sull’intangibilità della muffa; e dunque io sì, e sperando ci si ritrovi in tanti a dire no, il prossimo 12 giugno, dicendo quattro volte sì.

[Se avete qualcosa da dire o da ridire, dìtelo qui. gm]

Il lavoro capovolto

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Qui di seguito il comunicato stampa e il programma della rassegna sui nuovi scenari del lavoro che si svolge in questi giorni a Verona.

La luna dei Borboni

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di Vittorio Bodini

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Quando tornai al mio paese nel Sud,
dove ogni casa, ogni attimo del passato
somiglia a quei terribili polsi di morti
che ogni volta rispuntano dalle zolle
e stancano le pale eternamente implacati,
compresi allora perché ti dovevo perdere:
qui s’era fatto il mio volto, lontano da te,
e il tuo, in altri paesi a cui non posso pensare.

Quando tornai al mio paese nel Sud,
io mi sentivo morire.

1945-2005

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di Beppe Fenoglio

partigiani.jpg“… Solo all’ultimo passo si accorse del fardello che ostruiva la strada.
Johnny sedette a fianco di esso, sull’erba rigida, innaffiata di sangue. La sua faccia era glabra e serena, i suoi capelli bene ravviati ad onta dello scossone della raffica e del tonfo a terra. Il sangue spicciato dai molti buchi nel petto aveva appena spruzzato l’orlo della sua sciarpa di seta azzurra, portata al collo alla cowboy, e che era l’unico capo di una certa quale e shocking lussurità, in quella generale povertà di partigiano apprestantesi all’inverno. Johnny ritrasse gli occhi dalla sua intatta faccia, poi glieli riposò su all’improvviso, quasi a sorprenderlo, nella pazza idea che il ragazzo socchiudesse gli occhi e poi ripiombasse le palpebre alla sua nuova attenzione. Giaceva in sconfinata solitudine, accentuata dalla univocità del rivo vicino. L’avevano spogliato delle scarpe, Johnny esaminò le sue doppie calze di grossa lana bucherellata…

I fumi dell’illusione

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di Lea Melandri

Quando la tifoseria si carica di valenze e simboli politici e la politica assomiglia sempre più a una partita di calcio, e quando entrambe vanno a perdersi in una interminabile messa solenne, officiata indifferentemente da cardinali, conduttori televisivi, attrici, giornalisti non sospetti di tanta devozione, cosa succede a tutti quelli che non riescono a pensarsi né come “fedeli”, né come “tifosi”, né come “militanti” di un partito o di un altro, ma che neppure sanno stare nella posizione comoda e mortificante di semplici spettatori? Che ne è del cittadino che non riesce a farsi coinvolgere facilmente nella passione agonistica e neppure nell’infervoramento religioso, che rifugge dalla “condivisione di intimità”, divenuta ormai la molla principale dei fenomeni di massa, che si tratti di principesse o di Papi? Che cosa può pensare una donna, consapevole della sorte toccata storicamente a un sesso e all’altro, quando sulla scena pubblica, amplificata e servita alle ore dei pasti in ogni famiglia italiana, dove bene o male convivono ancora madri e padri, figlie e figli, passano quasi esclusivamente corpi maschili, idee e linguaggi maschili, anche se mascherati dietro una neutralità che ha ancora tanto fascino per entrambi i sessi?

Restaurazione, repressione, marginalizzazione…

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di Beppe Sebaste

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Lo scorso febbraio ero intervenuto on line nello strano dibattito che, chissà perché, dopo la denuncia di Carla Benedetti del tentato “genocidio culturale” in atto da parte dell’industria editoriale (non solo nella produzione dei titoli, quelli che ingombrano l’accesso alle librerie, ma anche nella distribuzione, che discrimina piccole librerie e piccole case editrici sempre meno visibili), aveva virato sulla questione della “cultura popolare”. Il dibattito non era tuttavia privo di passioni, e già questo, in Italia, è degno di nota.

I sepolti

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Di Sergio La Chiusa

da “nel museo delle belle arti”

I

non è cosa umana il messia di grünewald è un relitto
che stilla una melassa scura, un succo di more che ingrassa
la schiatta delle pulci – procediamo per le sale del museo

benché fuori non s’oda il nostro passo il sasso scagliato
nello stagno l’intaglio del bulino che inchioda l’ala al legno
(i corpi li gettano a mucchi nelle buche a pochi chilometri da qui)

Un’ora sola ti vorrei

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regia di Alina Marazzi

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Al CINEMA ANTEO stasera inizia la sua avventura il bel film documentario
Un’ora sola ti vorrei della regista Alina Marazzi, con due proiezioni in presenza
dell’autrice, ore 20.30 e 22.30.
Da domani una programmazione
per due settimane nella fascia delle ore 13.00.

Cinema Anteo, via Milazzo 9 Milano

In archivi ottobre 2004, un’intervista con la regista.

Prefazione alla Gara poetica presso il fiume Mimosuso di Saigyô

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di Fujiwara no Shunzei

traduzione di Andrea Raos

Per quanto riguarda i costumi del nostro Paese dove il giunco cresce rigoglioso [i.e. il Giappone], dato che i canti della baia di Naniwa [i.e. la poesia in giapponese] sono un mezzo per consolare il cuore degli uomini, è probabile che chiunque sia in grado di comporne uno. Tuttavia, quanto allo stabilire con chiarezza quale poesia sia buona, quale cattiva, né io né nessuno è in grado di dirlo.

Un’editoria senza editori – e senza librai?

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di Michele Fiorillo
contesto.JPGNazione Indiana sta organizzando per il 9 maggio alla Fiera del libro di Torino (ore 16.30) un incontro sull’editoria e, più in generale, su quanto sta succedendo in questi anni nel campo della cultura e delle sue proiezioni, intitolato “La restaurazione”.
Questo intervento, speditomi da Michele Fiorillo, è l’introduzione all’ultimo numero della rivista “il contesto”, interamente dedicato a “L’industria culturale italiana. L’editoria degli editori”, con testimonianze e interviste a Roberto Cerati, Carmine Donzelli, Ernesto Franco, Giuseppe Laterza, Edoardo Sanguineti, e al regista Paolo Benvenuti. Un utile contributo alla discussione. c.b.

La questione principale che mette in difficoltà la nostra editoria sembra essere un dato abbastanza preoccupante, riguardante la grande disaffezione alla lettura in Italia: secondo i dati Istat del 2000 il 54,5 % degli italiani dai 6 anni in su non ha letto nemmeno un libro nell’arco di un anno – il che crea un mercato del libro ristretto e instabile

Nascere da un uovo di cigno

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di Lucio Angelini

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Uno dice: “Mi piacciono le fiabe di Andersen”, e tutti colgono il messaggio. Se, invece, dicesse: “Mi piacciono i romanzi di Andersen”, ecco che le orecchie dell’interlocutore si rizzerebbero di colpo. Romanzi? Quali romanzi?

Vomitorium (8)

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di Gianni Biondillo e Helena Janeczek

GIANNI BIONDILLO
Va bene, Helena, portami a casa. Io ho mal di testa. Poi non ho neppure la patente, quindi è meglio che guidi tu.

HELENA JANECZEK
Sorpresa: ci tocca il metrò. Neanche io guido.

Capirci qualcosa

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di Franz Krauspenhaar

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Sto anch’io leggendo quotidianamente su NI, da qualche tempo, una quantità smisurata di lettere aperte. Cioè, non sono proprio aperte: sono lettere di Carla Benedetti a Giulio Mozzi, di Giulio Mozzi a Tutti, di Giuseppe Caliceti a Carla Benedetti eccetera eccetera. Tutto è partito da un pezzo di Antonio Moresco, La restaurazione. Ma che ve lo dico a fare?

Singoli, gruppi, relazioni, lotta

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di Giuseppe Caliceti

Cara Carla Benedetti,

ti ringrazio per la lettera: per il tono in cui l’hai scritta e per quello che hai scritto. Ti dico quello che mi illudo di aver capito e cosa ne penso. In modo grossolano. Chiedendoti scusa anticipatamente perché la voglia di scrivere subito mi ha dato fretta e ho risposto proprio frettolosamente, scrivendo le prime cose che mi venivano in mente: d’altra parte il bello di scrivere in rete invece che su un libro è anche questo modo di scrivere qui, no?

1. Tu dici rivolgendoti a me: “Se dici che viviamo in un’epoca in cui la letteratura e la cultura sono marginali, hai già dato una descrizione non conflittuale della situazione in cui ci troviamo e la riconosci come necessaria, non modificabile. Invece dire “restaurazione” ti fa apparire improvvisamente l’esistenza di forze antagoniste”. Rispondo: sulla prima affermazione, ripeto che per me non è come tu dici; sulla seconda: secondo me esistevano forze antagoniste anche senza una descrizione dell’epoca come “Restaurazione”. A me la descrizione dell’epoca come “Restaurazione” mi pare invece abbastanza ingenua. In questo mondo per combattere occorre che io dichiari guerra? Chi lo ha detto? Io non sono un eroe. Però io so che combatterò e farò del mio meglio. E questo è tutto. Almeno al momento.

I detti del buon vecchio Mougnot

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di Fernand Tourret

traduzione di Andrea Raos

«Nulla dire di sé.»

Vivi che ti scordino.
Quando, ciò che sarai
Tu solo saprai
Più non inquieterai nessuno;
Ma a godere appieno
Del magro bene, finché scodella
Potrai stringere in mano
Colma sera e mattina
Secondo tua fame,
Tuo cuore canterà tua gloria
Perché è tua gioia più rara
Essere uomo che nessuno invidia.
Vivi che ti scordino… Vivi che ti scordino.