Voci

di Sergio Garufi

ventriloquo.jpgDomenica

E’ da poco passata la mezzanotte. Le strade di Milano sono piene di gente per la notte bianca. All’Anteo c’è il tutto esaurito per lo spettacolo delle 00.40. Si proietta Il Caimano. Sul palco sale Moretti con Barbagallo e Jasmine Trinca, accolti da un lungo e caloroso applauso. Il regista ringrazia “gli eroici spettatori” che faranno le ore piccole per vedere il suo ultimo film. Introducendo il suo produttore altera la voce, che diventa più flebile e caricaturale. Chiarisce: “sto imitando Fiorello che imita Moretti”.

Risate, altri applausi. La proiezione inizia verso l’una, per cui terminerà alle 3, che con lo spostamento dell’ora legale saranno le 4. Le scene migliori sono mute: quella felliniana della caravella di Colombo trasportata da un tir per le strade notturne di Roma, e la corsa disperata di Silvio Orlando dopo aver visto casualmente la moglie (Margherita Buy) con un altro al ristorante. Sarà un caso, ma anche in Caro Diario il mio episodio preferito era muto. Lui in sella alla sua vespetta per le vie deserte di una Roma agostana, guardando i palazzi cui nessuno fa più caso e fermandosi al campetto sterrato con la lapide di Pasolini. Per il resto mi sembra un film mediocre, che ripete stancamente stilemi abusati. Il film nel film, l’odio verso i critici (in questo caso gastronomici), l’ossessione per le scarpe (il film trash intitolato Mocassini assassini), l’autobiografismo (il tema della separazione), il moralismo pacioso (lo scandalo della Trinca lesbica). In mezzo a tutto questo la vicenda grottesca di Berlusconi, che a mio avviso non si presta alla fiction, perché la sua realtà storica e documentaria è infinitamente più potente di qualsiasi rappresentazione. Un’opera manierista, insomma, priva di spontaneità e originalità; ma non tanto perché girata da Moretti alla maniera di Moretti, quanto perché desiderosa di corrispondere, di aderire a un’idea di se stesso quale si è venuta cristallizzando nel tempo presso il pubblico. Un po’ come in quell’aneddoto curioso di Chaplin, quando partecipò in incognito a un concorso di sosia di Chaplin e arrivò terzo. Come ci vedono gli altri non è mai come siamo. Il Caimano è Moretti che imita Fiorello che imita Moretti: un dissolvimento semantico al cubo, una mise en abyme grottesca, la parodia di una caricatura. La proiezione è terminata. La metà della sala applaude, ma con meno entusiasmo che al principio. Fuori dall’Anteo c’è un’edicola aperta. Alle 4 sono già usciti tutti i quotidiani tranne Repubblica. Prendo il Corriere e Il Sole 24 ore, di cui tengo solo l’inserto. Arrivo a casa che è quasi l’alba e sfoglio un po’ i giornali. Il Corriere dedica un’intera pagina della cultura all’ultimo libro di Mario Andrea Rigoni, Variazioni sull’impossibile, pubblicato dal piccolo editore padovano Il notes magico. Vi si dice che è una raccolta di aforismi filosofici, sullo stile di Cioran. Mi riprometto di comprarlo lunedì.

Lunedì

Uscendo di casa la portinaia mi ferma e mi consegna un pacco. E’ il libro di Rigoni. La cosa non mi sorprende. In precedenza avevo recensito due libri di Cioran pubblicati dallo stesso editore e prefati e tradotti da Rigoni. Rigoni è professore ordinario di letteratura italiana all’Università di Padova, amico e studioso di Cioran, oltre che collaboratore di Adelphi e del Corriere. Lo leggo. Gli aforismi sono un concentrato di disinganno e di amarezza, Qohélet+Leopardi+Cioran. L’effetto è strano, come di un falso. Non che non creda a quello che scrive; se era un amico ed un estimatore di Cioran lo era anche perché ne condivideva lo spirito. No, l’effetto è strano perché è qualcuno che parla con la voce di un altro. Dice cose che pensa ma quella non è la sua voce. Ha un tono diverso, non gli appartiene, come un ventriloquo. Per fare l’esempio di quanto l’egoismo sia connaturato all’uomo, il rumeno consigliava di ascoltare i bambini. Provate a chiedergli di prestare il loro giocattolo preferito a un altro bambino, la risposta immediata, quella che gli sgorga dal sangue, dalle viscere senza alcuna mediazione, sarà NO. Il SI’ è frutto di un compromesso, è il risultato di un grande sforzo. Il bambino s’impone di essere buono, si costringe ad accondiscendere alla volontà dei genitori, ma non gli viene naturale e non ne prova alcun piacere. Ecco, la voce di Rigoni in questi aforismi è un NO detto col tono di un SI’, un NO sforzato. Le sue massime più riuscite sembrano prese pari pari dai Cahiers di Cioran. Dovrei controllare e in questo momento il libro l’ho prestato, ma scommetterei che è proprio così. E’ un paradosso curioso il fatto che l’emancipazione dell’allievo verso il maestro ricerchi sempre l’originalità attraverso il calco. In altri casi Rigoni tenta una strada tutta sua, non ripresa da alcuno, ma la sensazione di non spontaneità persiste, e gli effetti estetici sono molto più deludenti. Ora, Rigoni non è certo un giovane velleitario e io sono l’ultimo arrivato, però il commento più appropriato a questo libro è quello che diede Rossini a un aspirante musicista che aveva sottoposto al suo giudizio i propri spartiti. Rossini, con mirabile sintesi, sentenziò: “C’è del nuovo e c’è del bello. Ma ciò che è nuovo non è bello, e ciò che è bello non è nuovo.”

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13 Commenti

  1. Bello assai. “Il caimano è Moretti che imita Fiorello che imita Moretti” e Chaplin che arriva terzo al concorso dei sosia di Chaplin. Forte.

  2. Che tristezza che fate!
    Un bravo a Moretti, forse il più bel film italiano degli ultimi 10 anni.

  3. Ma che esagerato. . . il film è bruttino. Mi son piaciuti Placido e i due pezzi di Moretti. Ma Silvio Orlando e la Buy, son due maschere (di gomma) della commedia dell’arte. Quelle si, davvero tristi. Ah Rigoni. (come la confettura). Dovresti fare Righetti, però. Come Nanni. Che Rigoni fa rima con Caimano… Ciao :-)

  4. Alessio Guzzano, critico cinematografico, riporta sul suo sito una frase da imparare a memoria: “Ogni stroncatura è un atto d’amore tradito”.
    Tutta la stampa da giorni si interroga ed interroga sul “Caimano”. Sposterà voti? E’ un film riuscito? Sul “Foglio” di ieri, da un articolo di Jeff Israely tradotto da Aldo Piccato:

    “Non ha bisogno del 51 per cento di consensi e/o del sostegno degli alleati. Il suo piccolo regime culturale continua: può raccontare la sua storia (universale) di un padre separato, scherzare sui comunisti duri, addirittura fare la parte di Moretti che dice che la trama de “Il Caimano” è troppo di sinistra, e poi fare il Moretti che recita il più cattivo dei Berlusconi. (…) Il popolo di Nanni parla sempre dei suoi film come se prevedessero il futuro, ma “Il Caimano” (come ammette lo stesso Moretti) è arrivato sugli schermi quando lo show era già terminato. La realtà di Silvio non soltanto anticipa ma addirittura supera qualsiasi altra opera prodotta sull’argomento”.

    Il mio personale giudizio artistico, da morettiana delusa, è sostanzialmente negativo sul “Caimano”: una volta i film di Nanni Moretti prevedevano davvero il futuro oltre a raccogliere un sentimento collettivo; fornivano, cioè, “le parole per dirlo”. Forse perché il suo stile non era ancora i(n)terazione di stilemi. Nanni Moretti, purtroppo, non è (più) il Michael Moore italiano.

  5. a parte il fatto che Moretti non è mai stato il Michael Moore italiano (per fortuna), ma Kiarostami.
    a parte il fatto che non ha mai fatto film che parlassero del futuro, anzi (cfr. Palombella rossa, Aprile, etc.).
    a parte il fatto che il film non parla di Berlusconi ma della società italiana
    a parte il fatto che l’attualità politica la vede solo “il foglio” in questo film
    a parte il fatto che si dovrebbe ragionare su una involuzione populistica e demagogica, sul sovversivismo delle classi dirigenti simile agli anni Trenta.
    A parte il fatto che l’iterazione di stilemi è propria di uno stile e quindi di tutti i veri grandi del cinema.
    A parte il fatto che…

  6. Ho visto il film ieri sera. Sono rimasta molto delusa. Trovo che la sceneggiatura sia debole e sconclusionata, anche se non reputo sia questo il difetto peggiore del film. Sono stanca del morettismo e soprattutto del clichè del film su un film da fare che si rivela fallimentare. Trovo questa costruzione mediata molto debole. Perchè Moretti non ha avuto le palle di fare veramente un film su Berlusconi?
    Inoltre non penso proprio che si tratti di un film sulla società italiana: divorzi a parte, una coppia omosessuale perfettamente integrata e con una bambina è un’utopia italiana. Il nostro maledetto paese è bigotto, mediamente omofobo e ammorbato dall’ideologia cattolica. Al tempo stesso è sessista, pornografico e ipocrita. In Italia si va avanti col mito della famiglia, che è la culla di tutte le violenze e che qui si spaccia come l’ancora di salvezza dell’Occidente allo sbando. Anche Moretti col suo buonismo familista sfigato ripete questa logica, seppure rovesciandola.
    Della società non si parla, di Berlusconi si dicono le quattro cose in croce che tutti quelli che vanno a vedere il film già sanno, della mutazione antropologica del paese – la cosa essenziale secondo me degli anni di Berlusconi – non si dice niente. Le parti su Berlusconi sono superficiali e grezze: la scena della televisione con le ballerine seminude sgambettanti è didascalica. Il racconto dell’ascesa di Berlusconi è striminzito e generico.
    Mi sarebbe piaciuto vedere un film con un respiro “epico”, non un dramma borghese intimista e nevrotico. In Italia non c’è un solo regista che sarebbe in grado di fare un film così. Scorsese saprebbe farlo. O il mitico Welles, a cui infatti Moretti fa il verso nel finale del suo film…

  7. diderot ho letto la tua recensione: i miei complimenti!!
    Di mio, volevo aggiungere che il film è un invito alla Storia e secondo me questo tu lo cogli molto bene.

  8. La mia opinione su Il caimano è diametralmente opposta a quella di Garufi.
    Potrei concepire peraltro molte critiche a questo film, di cui personalmente ho goduto molto, ma non quella che “la vicenda grottesca”di Berlusconi non si presta alla fiction: la vicenda grottesca di Berlusconi è quella dell’Italia degli ultimi 30 anni, come dice Jasmine Trinca nel film: che dobbiamo fare, rimuoverla dal cinema? Dopo che l’abbiamo già rimossa dall’opinione pubblica?
    Io credo invece che Moretti abbia girato un film NECESSARIO, e non capisco le critiche mosse su dettagli insignificanti (citare un film dal nome Mocassini assassini sarebbe uno stilema abusato dell’ossessione di Moretti per le scarpe?), qui occorre concentrarsi sul nodo della questione: noi siamo l’italietta di cui parla il film, siamo l’italietta che ha trasformato in scandalo dire le ovvietà su Berlusconi & friends, siamo l’italietta che si è abituata al grottesco dell’impero berlusconiano, tanto che la sinistra teme ad agire per il futuro di un’italia senza il Berlusconi politico o padrone delle tivù, ha paura ad imporgli l’aut aut per legge.
    Una sinistra che teme addirittura l’impatto del Caimano sugli elettori indecisi, ché di Berlusconi non si può più dir male, ché dei suoi processi e delle accuse incredibili che muove ogni giorno alla magitratura strumento della sinistra non si deve più parlare.
    A me fa molto più male questa sinistra, che esternando le sue paure per l’effetto del Caimano sì che fa perdere consensi!
    Fa molta paura questa sinistra che si abitua a tutto e che rischia di perseverare nell’errore di voler conservare i privilegi di Berusconi, preferisco un Prodi che “tornato” in Italia, da buon tecnico di cultura europea, ché politico non è, non si raccapezza più e dà del matto a chi ha accettato il grottesco e le tivù come misura della realtà.
    No, Garufi, per fortuna che c’é Moretti che dice le ovvietà scandalose che rappresentano l’Italia reale: siamo noi che viviamo come una fiction la vicenda grottesca ma alquanto concreta di Berlusconi, cioè la nostra storia.

  9. L’attesa era alta, forse per questo è stata delusa in modo così disarmante. Forse il peggiore film di Moretti a mio parere, ripropone concetti già sviluppati in altri film, involuzione.
    Dal punto di vista politico si da una sfaccettatura nuova la prima volta che interpreta se stesso, quando dice che le cose su Berlusconi si sanno, poi se qualcuno non le vuole sentire… Lampo di luce nella vita di Moretti, appena poi si accorgerà che il 50% degli italiani se ne fregano di dove abbia preso i soldi, forse si chiederà se davvero sia così un fatto così importante da rovinarsi il fegato.

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Sono nato nel 1963 a Milano e vivo a Monza. Mi interesso principalmente di arte e letteratura. Pezzi miei sono usciti sulla rivista accademica Rassegna Iberistica, il quindicinale Stilos, il quotidiano Liberazione, il settimanale Il Domenicale e il mensile ilmaleppeggio.