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Un altro sogno di Madeleine

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di Marco Rovelli

[Transeuropa ha chiesto a diversi scrittori di leggere l’inizio del romanzo Madeleine dorme di Sarah Shun-lien Bynum fino al punto in cui la protagonista si addormenta, per poi provare a continuare da lì. Questo è il sogno che ho scritto. mr]

Madeleine si guardava intorno, non c’erano più né alto né basso. Il sogno ruotava su se stesso, dovevano aver dato troppo olio ai cardini. Era una giostra impazzita, i cavalli rococò schiumavano rabbia e fatica. Il maestro di cerimonia, di cui Madeleine sentiva la presenza senza vederlo, si diede alla fuga. Dal momento della fuga – ma il sogno era appena cominciato – i cavalli avevano preso a schiumare di gioia. Che Madeleine non capiva bene come fosse possibile, ma si sa che nei sogni è così che accade, e lei sapeva perfettamente di essere in un sogno. Madeleine era il solo essere umano, ma tutt’altro che sola, in quella giostra senza testa: dal momento che non c’erano né alto né basso, Madeleine scoprì con sorpresa che non era a testa in giù, ma stava in un vuoto diffuso, e provava la sensazione di stare in più posti contemporaneamente. E per quanto sapesse di essere in un sogno, riuscì per qualche istante a godersi quella sensazione ominosa.

Discorsi di dominazione trattati con pietas e rigore

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[Si è svolto a Genova tra il 18 e il 20 novembre un convegno dal titolo “Io sono molte. L’invenzione delle personagge”. Il 17 sul “manifesto”, assieme a un articolo di Francesca Serra, è apparso anche questo breve contributo.]

Di Andrea Inglese

Nel testo di presentazione del convegno “L’invenzione delle personagge” si legge: “Insomma, sono anni che le personagge – vogliamo chiamarle così, con un gesto di arbitrio creativo della lingua – della letteratura come del teatro e del cinema sono state decostruite, pezzo per pezzo. Osservarle quasi con una lente d’ingrandimento in una sorta di laboratorio della lettura e della scrittura, ha svelato come in uno specchio molti misteri dell’identità femminile, compresa una possibilità di liberazione non sempre evidente (…)”. L’occasione mi pare talmente importante e proficua, che vorrei rivolgere un invito particolare alle animatrici di un tale laboratorio sul “personaggio-donna” o, come qui si dice, sulla “personaggia”. Il tema scelto e il taglio dato a questi incontri permettono anche di toccare un discorso di metodo e soprattutto di ampliare la visuale angusta di cui molta critica letteraria accademica è vittima, quando tratta del rapporto tra letteratura e ideologia, o tra paradigmi narrativi e identità sociali. È proprio la vicenda del personaggio-donna che richiede di compiere questo passo radicale dal punto di vista teorico.

Nuovi autismi 9 – L’accanimento dei morti

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di Giacomo Sartori

Uno crede di essersi sbarazzato una volta per sempre dei suoi morti, e invece quando meno se lo aspetta loro tornano all’attacco. Contro la nostalgia e i complessi di colpa ci sono collaudate strategie, questo lo sanno più o meno tutti. E anche tanti conti non regolati prima o poi finiscono per venire seppelliti per sempre in un armadio chiuso a chiave. A volte però i morti ti attaccano dall’interno, scegliendo beninteso il momento in cui meno te lo aspetti. Impossibile difendersi, se spuntano da dentro, giocando sulla sorpresa. Mio padre tanto per fare un esempio è uno specialista di questo genere di scherzetti. A volte quando sono molto stanco mi si abbassa la voce, e in quei frangenti mi accorgo che quel mio eloquio spossato e senza più spigoli non è più il mio, è il suo.

Recensimenti letterari

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di
Francesco Forlani

L’Amministrazione mi angoscia. Ho una relazione di tipo K (Kant passa la palla a Kafka) con tutto quello che è scadenza dei termini. Ho con la burocrazia lo stesso maniacale rapporto che ho con le date limite dei generi alimentari, to be on a deadline sulla soglia dell’invalicabile. Un sistema che violenta con la sua durata-durezza, sistematicamente, le persone che vivono sole, che hanno deciso di non tenere famiglia ma che le famiglie non tengono. Infatti un single, celibe, nubile, uno una che se ne stia per i cazzi propri fa la spesa max su due giorni, altrimenti butta la roba, sistematicamente, controllando sul retro la vaschetta di yogurth (mi piace dirlo alla francese iaùr) o quella di un formaggio ricco di fermenti lattici. Con questa angoscia ho compilato il mio atto di devozione alla statistica. L’Istat mi è entrata in casa come un agente della Stasi a determinare quantitativamente chaque pièce del mio orizzonte vero, reale ed io mi sono fatto accecare dalla lampada gialla apposta sulla sinistra della scrivania. La stessa che, presumo, mi ha ad un tratto illuminato la capa. E mi sono detto: se coloro che fanno e disfano le pagine culturali (paraculturali porno soft e palliative come le parafarmacie) invece di pubblicare i comunicati stampa delle case editrici manco fossero notizie Ansa, o di proporre un giro di Monòpoli (vd l’ottima riflessione di Sergio Garufi ) o di recensire i propri collaboratori sulle stesse pagine su cui questi ultimi recensiranno i testi degli amici dei collaboratori, mandassero agli autori un questionario Istat, non ne sapremmo di più sulla genealogia di un’opera e sulla visionarietà del suo autore?

PROPOSTA DI LEGGE

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Ai sensi degli articoli 7 e 48 della legge 25 maggio 1970 n. 352 la cancelleria della Corte Suprema di Cassazione ha annunciato, con pubblicazione sulla GU n. 227 del 29-9-2011, la promozione della proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo:

«Adeguamento alla media europea degli stipendi, emolumenti, indennità degli eletti negli organi di rappresentanza nazionale e locale».

L’iniziativa ha come obiettivo la promulgazione di una legge di iniziativa popolare formata da un solo articolo:

“i parlamentari italiani eletti al senato della repubblica, alla camera dei deputati, il presidente del consiglio, i ministri, i consiglieri e gli assessori regionali, provinciali e comunali, i governatori delle regioni, i presidenti delle province, i sindaci eletti dai cittadini, i funzionari nominati nelle aziende a partecipazione pubblica ed equiparati non debbono percepire, a titolo di emolumenti, stipendi, indennità, tenuto conto del costo della vita e del potere reale di acquisto nell’unione europea, più della media aritmetica europea degli eletti negli altri paesi dell’unione per incarichi equivalenti”

Scrittura, guerre

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di Marco Rovelli

Tre settimane fa Alessandro Baricco ha dato un’intervista multipagine al Venerdì di Repubblica, in cui, come ha sintetizzato Gigi Spina su Nazione Indiana, ha parlato “in anteprima dell’ultimo romanzo, che ancora ha da uscire, descrivendone tutto… tutto quello che si dovrebbe fare dopo che un libro è uscito, è stato venduto, ha avuto successo o è stato ‘ignorato’, e quindi si chiede all’autore di commentare i suoi commentatori.” In questa intervista Baricco ha detto: “Metterei lo scrivere al pari di altri mestieri. Come fare scarpe a mano, o suonare la viola da gamba”. Oggi, dice, è un iPhone a meritare il nome di “arte” più di un libro. Sulle pagine web de Il Primo Amore, Antonio Moresco ha risposto dando a Baricco dell’irresponsabile, dicendo: Parla per te. E domanda:

Heinrich von Kleist, 10.10.1777 – 21.11.1811

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Duecento anni fa, insieme a Henriette Vogel, moriva Kleist. Ricordo qui l’uscita del Meridiano, a cura di A.M. Carpi, con un ricco commento di Carpi e Stefania Sbarra.
Chi è padrone del proprio tempo legga, o rilegga, la Pentesilea.

Passai, immerso in pensieri, sotto la porta ad arco. Perché, mi chiesi, l’arco non crolla, pur non avendo nessun sostegno? Perché, fu la mia risposta, tutte le sue pietre vogliono precipitare insieme. Da questo pensiero trassi il conforto di un’ineffabile consolazione. [Lettera a Wilhelmine del 16.11.1800]

 

Underworlds

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di Mauro Baldrati

Se l’autore deve scrivere di ciò che sa, Alan Altieri, con l’ultima raccolta di racconti Underworlds (TEA 2011), ha scelto ciò che non sa: l’oscuro, l’abissale, l’inaudito. Ha scelto ciò di cui ha paura, manipolando una materia pericolosa, esplosiva, di cui tutti abbiamo paura: mondi sotterranei, proiezioni psicostoriografiche di futuri possibili, frattali derivati da un aggravamento – solo fino a un certo punto arbitrario – di tendenze già presenti nella nostra società “(in)umana”, come la definisce lo stesso autore, e dall’animo nero dell’essere “(in)umano”. Questo è una delle procedure di una certa fantascienza anni ’70, portare al limite di rottura – o anche oltre il limite – gli elementi di crisi sociale del nostro mondo, e della nostra epoca, fino alla creazione di mondi che nascono dall’evoluzione del nostro, come sogno, come prospettiva, oppure come incubo. Altieri, come molti altri autori, ha da tempo scelto l’incubo. Non a caso è definito, nello stesso risvolto di copertina del libro, “il Maestro italiano dell’apocalisse”.

LE CHIAVI DELLA FELICITA’
[ letteratura e bigodini retorici ]

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Tekla Badarzewska-Baranowska [ 1834 – 1861 ]
Le Rêve d’un Ange

diAnna Tellini

    Vorrei mettere subito le mani avanti: anche se non numerosissime, non sono di certo mancate le voci femminili nelle lettere russe, almeno a partire da Caterina II, che si dilettava di filosofia (celebri i suoi carteggi con Voltaire e Diderot) e di teatro, oltre a comporre satire e cronache storiche, seppur mediocri, per arrivare al Novecento, che vanta nomi grandi (Sejfullina, Šaginjan, Forš, Petruševskaja) e grandissimi, come Cvetaeva e Achmatova.

E-pub: adelante con juicio

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di Maria Cecilia Averame

Parlare di e-book in Italia risulta quasi pericoloso: fra infervorati sostenitori che preconizzano la scomparsa della carta stampata e detrattori convinti che il digitale causerà l’ennesima vendita al ribasso del sistema cultura. Trovare i numeri per comprendere le reali dimensioni del fenomeno non è immediato. E quando anche li si ha in mano, la loro analisi non è scontata.

Rosaria Capacchione – Inviato

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La grana dalla gramigna
di
Rosaria Capacchione
Inviato
VILLA LITERNO – Il ricordo di quella giornata campale è il ricordo di una resa. Fu in quei mesi del 2003, quando (tanto per cambiare) si cercavano affannosamente fosse e buchi nei quali depositare i rifiuti che si accumulavano nelle strade napoletane, che gli uomini dello Stato incontrarono la camorra . Una riunione ufficiale, con i dirigenti del commissariato di governo, Massimo Paolucci e Giulio Facchi, che scesero a patti con un gruppetto di imprenditori in odor di mafia che quei buchi avevano disponibili.
Il resoconto di quell’incontro fu fatto, in pubblico, a un gruppetto di allibiti cittadini. Le discariche c’erano, erano piuttosto illegali, e appartenevano a Cipriano Chianese, Gaetano Vassallo, Elio e Generoso Roma: nomi di uomini poi diventati assai noti alle cronache giudiziarie che trattano di ecomafia. Fu in quella giornata – era primavera – del 2003 che il destino di Villa Literno, e delle vicinissime Giugliano e Parete, fu definitivamente segnato.

Poesie con destinatario (o senza)

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di Pasquale Vitagliano

In una giornata
il verde della piazza
visto dall’alto,
non è un prato.
ma un campo da golf,
battuto da cicale magnetiche,
colorate, tutte uguali.
Non operai,
non borghesi,
non più contadini.
Incompiute
architetture
di vanagloria.
Cicale dopo il lavoro
e formiche senza lavoro
non sono mai state
il popolo
di questa terra.
Muri pieni di buchi,
esistenze senza intonaco,
che non reggono più
il cemento del sopruso
a creare figure popolari
con la cazzuola del dolore.

Anteprime: Luigi Di Ruscio

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Buondi’ Francesco,
sono Carlo Cannella, di SenzaPatria editore. Ti propongo un estratto di Luigi Di Ruscio per una eventuale pubblicazione su Nazione Indiana, ripreso dal libro “Memorie immaginarie e ultime volonta’” (Senzapatria)  uscito il 19 novembre. Ciao e grazie.
Carlo

immagine di Mario Bianco

 
Passaggi
di
Luigi Di Ruscio

Da bambino la catastrofe è tutta nella mia testa: mi piacerebbe vedere il colore delle mutandine della signora di sotto.
Allora mi trasformo. Divento un cervo volante, un aquilone, un drago, mi alzo altissimo e maestoso, sfido i venti minacciosi, spudoratamente tiro gomitoli continui di filo. Su qualche radar viene segnalato il mostro, oggetto non identificato nei cieli della capitale, s’innalzano per emulazione altri aquiloni spasimanti d’azzurro, intere scuderie di dragoni volanti.

NUOVI INQUADERNATI 4.

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MARIAGIORGIA ULBAR

Sarai anche tu un invitato
al “funeral blues” che non ti aspetti
per le volte, tutte, in cui hai scosso
la testa per non essere coinvolto.
Verranno a battere i gabbiani lunghi
le loro ali anche lontano
dai luoghi di mare che sappiamo,
sulle paludi batteranno, sulle foreste
su ogni città cadente che hai tracciato
con una mano sbagliata su una carta.
Tutti presenti, tu, io e chi ha visto
e non parlato. Un suono cadenzato,
una strada bianca, neri vestiti
un bruciare, chissà se di fuoco o di sole;
il giorno successivo sarà questo
che della morte piccola sapremo.

Dafni e Cloe fare i videotape

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Dafni e Cloe – Teaser from Luigi Pepe on Vimeo.

di Luigi Pepe e Eugenio Maria Russo

Nel dicembre del 1977 il programma di Raidue Match, condotto da Alberto Arbasino, ospitò un confronto tra un cineasta di successo, Mario Monicelli, e l’allora esordiente Nanni Moretti. La polemica di Moretti contro Monicelli era in questi termini: perché per i giovani di talento è così difficile fare un film? Perché, pur avendo magari un diploma al Centro Sperimentale, ci si deve sempre ridurre a fare le cose tra amici, nei ritagli di tempo o nei week end, senza soldi e senza alcuna speranza di visibilità? Perché non c’è in Italia un sistema per cui i giovani possono formarsi sui grandi set, magari come aiuto regista, per poi provare a camminare con le proprie gambe? Tutti questi interrogativi sussistono ancora oggi.

Sirenade – Vinicio Capossela

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di
Gigi Spina
Oggi che una lectio magistralis e magari una laurea honoris causa non si negano a nessuno, quello previsto con Vinicio Capossela era più modestamente un “incontro con gli studenti”, a Napoli, nell’aula magna della Facoltà di Lettere della Federico II, a cavallo fra le due serate del suo affascinante spettacolo Marinai, profeti e balene. Magari se si chiede a qualcuno/a degli oltre duecento studenti (e non solo) seduti su ogni superficie disponibile e assiepati fuori, con vista sul meraviglioso chiostro dell’ex Manifattura Tabacchi (ancorché punteggiato da striscioni e impalcature), vi diranno che una lezione dovrebbe essere così, un dialogo intrecciato fra testo e vita, tra passato mitico e presente faticoso e, a voler essere sanamente retorici fino in fondo, fra filologia e anima.
E dunque ecco Vinicio, che il preside della Facoltà, Arturo De Vivo, accoglie con un aneddoto prefigurante. Anni fa qualcuno aveva prenotato anche tal Vinicio Capossela sul foglio di prenotazioni dell’esame di Letteratura latina – era un trucco ricorrente, almeno ai tempi delle prenotazioni cartacee e generalmente autografe, scrivere nomi più o meno famosi per testare la lucidità del docente; ora la prenotazione per via elettronica ha mortificato questa vena irridente. Arturo, appassionato di musica e letteratura oltre che latinista, aveva affermato che se ci fosse stato davvero Capossela avrebbe sospeso subito la seduta di esame per accoglierlo; anzi, aveva aggiunto, se fosse stato preside lo avrebbe invitato subito a parlare in facoltà. Il fato, dunque, si è compiuto. Vinicio, accolto da un’ovazione (per fortuna senza standing), è ora seduto al tavolo della presidenza, con Arturo e Gigi Spina (che ora tenta di raccontare fidando nella memoria).

Roma, 15 ottobre-17 novembre 2011

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di Lorenzo Esposito

Forse un giorno Roma si permetterà di scegliere a sua volta.  Gli occhi non vogliono in ogni tempo chiudersi, recitava il titolo di un film di tanto tempo fa. E continuava: Forse un giorno Roma si permetterà di scegliere a sua volta. Già. Per ora, fra rivendicazione e dubbio, e nonostante la cortina fumogena del desolante coro istituzionale, manteniamoci sulla prima posizione: teniamo aperti gli occhi.

Ricapitoliamo. Roma, 15 ottobre 2011. Quella che nessuno più esita a definire vera crisi del sistema democratico (e sua involuzione autoritaria proprio secondo i peggiori presagi all’origine: da Tocqueville a Whitman) è non solo facilmente riscontrabile, ma palesemente intrinseca al meccanismo stesso della comunicazione basato sullo sconvolgimento strumentale del rapporto fra causa ed effetto.

Lettere a chiunque : Paolo Musio

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La lettera di Paolo Musio che segue è in risposta alla lettera aperta di Claudio Morganti che lancia un appuntamento di profonda urgenza culturale, il 20 novembre 2011 al Castello Pasquini di Castiglioncello, per tutti gli artisti che vogliano iniziare una riflessione sulla loro ricerca attuale. effeffe

Stato della ricerca
di
Paolo Musìo

Sono attore e scrivo testi e adattamenti. Sono impegnato da qualche tempo in un piano di smantellamento, di semplificazione e approfondimento a beneficio della comunicazione.
Cerco di smantellare tutto ciò che mi sembra accessorio, fatto solo per essere gradito, riconosciuto. Citazioni, mascheramenti, tecnologia. Ho bisogno di uno spazio vuoto da togliere il fiato. Da non saper più cosa fare, dove girarmi. Cosa dire.
Semplificare è necessario quando c’è urgenza e in un certo senso pericolo.
Approfondire è necessario a fare in modo che solo ciò cui si è concesso tempo e un po’ di cura abbia qualche possibilità di fiorire.

Lettere a chiunque- Ivan Arillotta

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Immagine di Albert Dubout

Soffrire nei soliti posti
di Ivan Arillotta

Bisogna scrivere. Scrivere sempre. Provare a raccontare fino alla fine. Rendersi conto, in tutta onestà, di non essere riusciti a dire nulla. Bestemmiare e ricominciare da capo. Riuscire a dire esattamente niente. Rendersi conto, con la stessa onestà di prima e accresciuta tristezza, di non aver aggiunto altro che una buona parola, una parola blasfema. Ricominciare da capo, persino più stanchi, umiliati come bestie: uomini, mai. Rendersi conto di essere muti e capire che tutto questo silenzio non è un caso, e se anche fosse un caso si tratterebbe di un caso estremamente fortunato. L’unico caso. Prendere la penna e ricominciare da capo, muti e immobili. Alla fine, in qualche modo e in qualche posto, ci siamo.

Le chiappe molli di Marino Magliani

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di Giacomo Sartori

Marino Magliani ha colpito ancora. A giudicare dalla collana, “Ciclopolis” (che così si autopresenta nel risvolto: “La collana ospita libri che raccontano le città attraversate a pedali”) e dall’editore (Ediciclo), questo suo Amsterdam è una farfalla, dovrebbe trattarsi di una guida turistica velocentrica. Bof, si dice l’appassionato di testi maglianici, dove sono transitati davvero tantissimi muri a secco liguri, ma pochissime o punte biciclette. L’inizio, per molti versi imbarazzante, sembra confermare questa prima impressione. Il personaggio Magliani, perché si chiama appunto Magliani, come il vero Magliani, anche se gli olandesi dicono Makliani, non sembra amare molto queste benedette biciclette delle quali gli olandesi sono cultori (la tassonomia è molto complicata, ci dice, limitandosi a qualche impressionistico saggio) e sulle quali a differenza di quanto riesce a lui saltano agilmente, partendo in quarta (lui le ha temute fin dall’infanzia). E non sembra amare particolarmente nemmeno Amsterdam, e nemmeno l’Olanda, a parte forse la costa del nord dove la vita, come una marea, lo ha portato a vivere.