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Overbooking: Donatella Puliga

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Donatella Puliga, L’ospitalità è un mito? Un cammino tra i racconti del mediterraneo e oltre, il melangolo, Genova 2010.

 

 

 

 

di Gigi Spina

«Sull’estremità nord-occidentale dell’isola di Syros, nelle Cicladi settentrionali –- mi raccontava un uomo di mare – una piccola chiesa bizantina mantiene da secoli una tradizione fuori dal tempo». Comincia così il prezioso volumetto di Donatella Puliga, vivace e originale studiosa del mondo antico nell’università di Siena, sul mito dell’ospitalità, ma per sostenere che l’ospitalità non è un mito. Comincia dal mare greco e da un rito di accoglienza, rito disinteressato, gratuito e per questo ancora più significativo. Il pope dell’isola greca fa suonare a festa le campane a ogni arrivo del ferry-boat dal Pireo. Alla fine del volumetto avremo incontrato molti racconti di ospitalità, che l’autrice affida alle voci degli autori antichi prima ancora che alle sue ricostruzioni, in giro per il Mediterraneo e per i secoli passati; ma l’idea di quella campana che, laicamente, festeggia un incontro di uomini e donne fra loro, nei confini di un luogo, rimarrà stampata nel nostro ricordo.

dal 4 novembre “alfabeta2” in edicola e libreria

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Il potere come natura morta è il titolo della conversazione di Marco Dinelli con il grande poeta russo Lev Rubinstejn, tra i materiali che compongono il numero 14 di «alfabeta2»

E in effetti l’idea del potere – di un certo potere – da osservare come oggetto obsoleto, attraversa tutta la rivista, a partire dai tre testi in apertura (Renato Nicolini, Andrea Fumagalli, Stefano Rodotà) che propongono le riflessioni in corso al Teatro Valle Occupato (Sherazade che inganna la crisi), un confronto con l’esperienza francese (Intermittenti e precari, a parlare è il sociologo Maurizio Lazzarato), un’analisi della crisi italiana inserita nel contesto europeo (la firma è di Vincenzo Visco) e un reportage di Claudia Bernardi dall’altra parte dell’Atlantico («Occupy Wall Street? Occupy USA!»).

 Ma in un certo senso ci costringono a fare i conti con l’obsolescenza del mondo così come si è (si era) definito negli ultimi trent’anni anche i due focus, uno sul Tramonto del postmoderno (intervengono Omar Calabrese, Maurizio Ferraris, Carlo Formenti, Stefano Cristante e Fausto Curi), l’altro sull’Impossibilità della guerra (Furio Colombo, Paolo Fabbri, Alberto Burgio, Danilo Zolo, Angelo d’Orsi, Letizia Paolozzi, Vladimiro Giacché). E nello stesso raggio di orizzonte si iscrivono la conversazione con Luca Rastello intitolata Piccola apologia della vivisezione, seconda puntata del ciclo Intellettuali e potere a cura di Enrico Donaggio e Daniela Steila, i brevi saggi di Enrico Menduni e di Franco Voltaggio su due temi sensibili del nostro presente, l’esplosione dei social network e l’evoluzione della medicina istituzionale, l’acuta ricognizione di Elena Casetta sulla famiglia contemporanea.

Terra! – Rosaria Capacchione

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Le confessioni di Antonio Iovine
di
Rosaria Capacchione

 

 

 

Parla da capo, rivendica il suo ruolo di mediatore di conflitti, si dichiara disponibile a parlare di cose che conosce e poi infila una lunga serie di «non lo conosco», negando accuse, conoscenze, frequentazioni mafiose. Si mostra gentile e aperto al dialogo, non dice nulla ma in qualche caso allude. Per esempio, quando parla della rete di protezione che gli ha garantito quindici anni di tranquilla latitanza. È un assolato e caldissimo giorno di agosto, il 3 per la precisione, quando per la prima e unica volta Antonio Iovine, uno dei capi del cartello casalese, incontra il suo accusatore, il sostituto procuratore Antonello Ardituro. Un faccia a faccia da lui stesso richiesto per raccontare alla maniera dei mafiosi i retroscena di una vicenda minima, se vogliamo, che lo vede protagonista e imputato: l’usura in danno di un odontotecnico. A offrire il pretesto per squadrarsi e studiarsi vicendevolmente è l’avviso di chiusura delle indagini. Anche in caso di condanna, nulla cambierebbe per il Ninno bello, ergastolano con sentenza passata in giudicato. Ma l’elegante e raffinato camorrista, l’uomo delle lunghe vacanze a Parigi e delle serate al Gilda che iniziò a sparare e uccidere quando era ancora un ragazzino, non ha saputo resistere alla tentazione di guardare negli occhi il magistrato che era riuscito a interrompere la sua lunga e placida fuga.

l’ultimo giorno di ottobre

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di Franco Arminio

I
io qui ho un solo nervo
un solo ramo
a cui sto appeso
in attesa della fucilata.
cinguetto, scuoto le ali
non scendo a terra e non volo
in cielo.

II
la piazza coi denti
presidiata
dal popolo fallito
è insolente
mi mastica il dito.

III
siamo qui a cercare
chi ci loda
in questo spazio senza capo
né coda.

Misure per abbattere il debito pubblico e combattere l’evasione fiscale

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di Pino tripodi

1)      Le risorse incamerate per effetto delle proposte a seguire devono essere dedicate esclusivamente all’abbattimento del debito e non utilizzate per altra ragione. Occorre dunque una voce del bilancio dedicata esclusivamente  al pagamento del debito alla quale vanno indirizzate tutte le risorse dei punti 2,3,4 di seguito elencati.

2)      Raccolta del TFR giacente presso le aziende. Con la raccolta del TFR degli anni precedenti si paga il debito, con quella dell’anno in corso si pagano le liquidazioni.

3)      Messa in vendita dell’ammontare totale del debito pubblico. Gli acquirenti dei titoli del debito – che non saranno Buoni del tesoro o Cct, ma Bdd, Buoni del debito – anziché ricevere soldi di  interessi, alimentando così la spirale del debito, utilizzano i titoli acquisiti per pagare a prezzi costanti ( a prova dunque di aumento) tributi e tasse negli anni successivi. I titoli acquisiti aumentano di valore in percentuale crescente rispetto agli anni di uso e sono cedibili, sono cioè titoli al portatore che possono essere tranquillamente venduti sia per acquisire moneta, ma anche beni corrispondenti. L’aumentare del valore del Buoni del debito – che corrisponde al tempo tra l’emissione e l’incasso – anziché aumentare il debito lo abbatte.  Lo stato quindi non paga più interessi sul debito, ma distribuisce benefici differiti sul pagamento anticipato di tasse e tributi a cittadini e aziende.

Se l’interno è un figlio cieco

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di Mariasole Ariot


Negli interstizi
dove le cose cadono
un occhio acceca senza scena.

Come buchi solitari dell'udito,
il troppo che si dice già passato
               - i caduti erano gli altri.

A partire primo è l'animale
rincorre senza fame una corazza:
di Nome si muore
per un Nome.

Ma l'inverno soffoca la macchia
la donna cammina già condensa:
di cosa è donna una donna
di cosa i sette interni
riposano sui fianchi.

Immersi fino al collo
già sperando di crollare
per il gusto, se c'è gusto
di mancare a ciò che manca.

È questa nuova casa una domanda
di stagione respira e non c'è tregua
è un corpo che non cade
che mi accade.

una questione di qualità

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Diventa anche tu un autore!
Appunti su self-publishing e pseudoeditoria
Andrea Libero Carbone, Alessandro Raveggi, Vanni Santoni, Giorgio Vasta, per Generazione TQ.

Gli appunti che seguono vogliono essere rappresentativi di un modo di procedere al quale Generazione TQ intende quanto più possibile attenersi. Constatata la relazione che connette tra loro fenomeni anche all’apparenza diversi e irrelati, pensiamo sia indispensabile che una riflessione prenda sempre le mosse dalla consapevolezza di questa reciproca interdipendenza. Per questa ragione, nel riflettere su qualcosa come il self-publishing e, attraverso questo, su quelle che proponiamo di chiamare pseudoeditorie, non vogliamo limitare il nostro intervento al contesto letterario ed editoriale; il fenomeno in questione non si articola soltanto o soprattutto nel recinto più o meno ampio di un settore ma lo trascende proponendosi semmai al contempo come conseguenza e come premessa, vale a dire come effetto di un mutamento e come concausa di un’ulteriore metamorfosi. Sforzarsi di non perdere di vista le implicazioni e le conseguenze di ogni fenomeno in teoria circoscritto, pretendere di non ignorare l’idea di mondo che da ogni manifestazione discende, ci sembra dunque strutturale a ogni analisi che voglia considerarsi complessa.

La tragica morte del romanziere islandese Thor Vilhjálmsson

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di Gudbergur Bergsson

Qualche settimana o forse alcuni mesi prima di morire, Thor Vilhjálmsson aveva voluto realizzare un suo vecchio sogno: partire in primavera dall’Islanda e prendere parte al pellegrinaggio di Santiago di Campostela, percorrendo le strade del santo. Rispettando una lunga tradizione di clerici vaganti e religiosi e oggi anche di laici e avventurieri, si era messo in cammino appoggiandosi a un lungo bastone di legno.

NUOVI INQUADERNATI 1.

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AZZURRA D’AGOSTINO

Questo inverno indifendibile
questo lungo inverno e chi lo abita
si confondono nel niente della neve
o sui segni che il tronco della betulla
mostra nella luce più corta dell’anno.

È l’estrema notte, l’aspra notte impronunciabile
impigliata nei ricami del gelo che decifriamo
a stento. Il sambuco e l’agrifoglio, vedili, come sfondano
di verde il vetro della nebbia il segreto del sopportare
anzi: del portare l’austerità del freddo a linfe morbide
trasformando quel poco d’alba in frutti carnosi.

Quanta sete tra i nostri simili, che lunga malattia
ci affligge – questo è chiaro nel vedere come sta
composta la zolla riversa, il passero arruffato annodato
al ramo spoglio, il vaglio delle ore che fa il gatto alla finestra.

una questione di qualità

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Immagine di Man Ray

Baricco,

o dell’autoaddio
di
Gigi Spina

 

 

 

 

 

 

 

 
Sull’ultimo Venerdì di Repubblica (28 ottobre), incontro ‘a cuore aperto’ con Alessandro Baricco e il suo ultimo romanzo (ultimo o nuovo?, ultimo come il CD di Fossati?). Accanto all’intervista si dispiega un articolo, in verità giustapposto, sull’ispirazione, scritto dal ben altrimenti interessante Guido Davico Bonico, nel quale non avrebbe sfigurato un cenno alle meravigliose pagine che Edgar Allan Poe scrisse per la sua lirica The Raven (Philosophy of composition).
Col cuore, Baricco ha un commercio particolare. Ricordo che quando avviò la sua impresa iliadica, ricevetti dagli organizzatori dell’evento una mail che recitava letteralmente così:
“Baricco ha avviato un intenso progetto di rielaborazione e rigenerazione che è andato al cuore del poema omerico, ne ha distillato l’anima arcaica, nella componente più problematicamente umana, traducendola in un linguaggio più vicino ai lettori e ascoltatori di oggi. Un viaggio nel viaggio degli Achei, che ha recuperato la dimensione della lettura ad alta voce, quella dimensione di oralità che era la cifra della poesia antica, per incantare – nel vero senso della parola – il pubblico. Speriamo di poter condividere con Lei e con i suoi allievi questo spettacolo coraggioso, dall’alto valore divulgativo e culturale”. Risposi così:

RICORDO DI ALLEN MANDELBAUM

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di Franco Buffoni

E’ scomparso due giorni fa a New York Allen Mandelbaum, uno dei più grandi traduttori in lingua inglese del Novecento. Era nato ad Albany NY nel 1926.
A noi italiani raramente accade di pensare al mondo letterario mediterraneo – ebraico, greco, latino e italiano – come ad un’ideale globalità. Per Mandelbaum fu quanto di più naturale. Già giovanile traduttore di poeti italiani di lingua ebraica quali Refael da Faenza, Agnelo Dato, Immanuel Romano, i fratelli Frances, negli anni Cinquanta egli si volse con naturalezza all’apprendistato a Dante, a Virgilio, a Omero, a Ovidio. Da gloss a comment, da comment a interpret, da interpret a expound, da expound a translate.
Come da un’ideale cassaforte (Mandelbaum adorava Roberto Murolo) fuoriescono oggi gli impressionanti tomi della traduzione integrale dell’Eneide (con testo a fronte, California U.P., 1972), delle tre Cantiche della Commedia: l’Inferno nel 1980, il Purgatorio nell’82, il Paradiso nell’84 (dapprima presso California, poi con Bantam Books); e ancora l’Odissea integrale nel 1990, e nel ’93 Le Metamorfosi.
Per illustrare l’influenza che tali opere ebbero sul pubblico colto di lingua inglese, credo sia sufficiente ricordare la motivazione con cui venne conferito a Mandelbaum nel 1973 il National Book Award per la traduzione dell’Eneide: “Magistrale la prosodia di Mandelbaum al servizio di un verso inglese energico ed estremamente duttile, adatto al nostro tempo per l’implicita consapevolezza dell’impatto che Virgilio ebbe sulla storia della lingua e della poesia inglese”.

l’Opera al nero di James Hillman

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di Silvia Ronchey

[James Hillman (Atlantic City, 12 aprile 1926 – Thompson, 27 ottobre 2011), psicanalista, filosofo e scrittore, ha insegnato presso le maggiori università statunitensi. Questo articolo è stato pubblicato su La Stampa del 28 Ottobre 2011]

“Socrate, sei come una torpedine marina. Quando parli dai la scossa», è scritto in un dialogo di Platone. James Hillman, fra i massimi pensatori dei nostri tempi, aveva una personalità socratica. Ci insegnava a conoscere noi stessi, secondo il motto inciso sul marmo di Delfi. Si metteva sempre in contrasto con l’opinione corrente. E aveva una grande esperienza nel dialogo. Ogni volta che si dialogava con Hillman ci si trovava in contatto con quell’ironia socratica, quella capacità di rovesciare ed elettrizzare ogni discorso, che è propria di chi ha inventato un nuovo pensiero e un nuovo modo di far pensare gli altri, sovvertendo completamente le loro abitudini logiche e psicologiche. Hillman ci dava non solo e non tanto le risposte, Hillman ci dava le domande. Correggeva le nostre domande, le guariva dalla loro inerzia e dalla loro patologia.

Su Vanni Santoni

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di Sergio Nelli

Vanni Santoni è uno scrittore trentaduenne, tosto, determinato, di sicuro talento. Personaggi precari, il libro d’esordio, nonostante le buone cose del romanzo Gli interessi in comune (Feltrinelli, 2008), resta la sua invenzione migliore.

Se fossi fuoco arderei Firenze è un operetta movimentata e di difficile identificazione. Una guida romanzata di Firenze che addirittura ricorda qua e là, nello spirito, prose ed esperiementi collodiani? Un prolungamento dei Personaggi precari tutti collegati e collocati stavolta in un territorio che è lo sfondo e il fulcro delle loro avventure? Uno scucito un po’ in falsetto che si concede allargamenti, sussulti lirici e approssimazioni all’anima di Firenze (e della scrittura?) tra fantasmi di Amici miei e giochi con il romanzesco?

Bunker Hill

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Cartolina dalla Bosnia
di
Azra Nuhefendić

Mi affretto per vedere, prima della chiusura, l’evento culturale dell’anno 2011 in Europa, la mostra d’arte contemporanea. Dopo un’oretta di pullman, da Sarajevo, arrivo nella città di Konjic. L’esposizione è allestita nel bunker antiatomico di Tito, rimasto segreto per sessant’anni. Mentre aspetto l’ora di visita guidata, mi siedo sul muretto dell’edificio del Kulturni dom (La casa della cultura). Un palazzo costruito negli anni Sessanta, semplice ed elegante, innalzato sulla sponda destra del fiume, ben integrato con l’ambiente, oggi però è trascurato, maltenuto, semivuoto. Peccato, penso. Dall’altra parte della strada stanno costruendo un mostro di cemento, acciaio e vetro. È ingombrante per il luogo, non ha nessuna bellezza, sarà un altro degli innumerevoli centri commerciali. In BiH non si produce più niente, si commercia solo.

la modesta proposta

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di Chiara Valerio

Draghi ha ribadito che la crisi “ha acuito soprattutto le difficoltà economiche dei più giovani. In assenza di una redistribuzione più equa delle risorse fra le diverse generazioni rispetto al passato i giovani dovranno contribuire in misura maggiore alle finanze pubbliche”. Penso che Draghi abbia ragione sacrosanta e da vendere e che la mia generazione, oramai non più esattamente giovane ma molto responsabilizzata, e le successive, debbano contribuire in misura molto, molto maggiore al restauro delle pubbliche finanze. Per questo – avendo frequentato una scuola pubblica che ancora consentiva i tempi, i modi e gli strumenti per leggere Swift – avrei una modesta proposta per evitare che i precari e i figli di coloro che posseggono una o alcuna casa di proprietà siano un peso per lo Stato e per i loro genitori, e per renderli un beneficio per la comunità. Penso che questi giovani in particolare possano fornire un enorme contributo non tanto a Draghi, quanto al governo in perenne aria di riforme. Questi giovani potrebbero essere venduti al mercato della carne appena conclusa l’università. La loro carne non sarebbe certo tenera come quella di un infante, ma amabilmente massaggiata per almeno tre mesi come quella dei manzi di Kobe, fornirebbe una reale alternativa al manzo di Kobe stesso ed eviterebbe di certo la sovrappopolazione e l’inflazione del mercato del lavoro e, alle famiglie, il costo del mantenimento fisico e intellettuale di questi borghesi-ultimo-atto che si ostinano a dissipare soldi e risorse in master, dottorati di ricerca o altre vanità del genere. I genitori poi, già integrati in un sistema sociale immobile, potrebbero felicemente rimanere al loro posto di lavoro e ritardare ulteriormente la riforma delle pensioni, sollevando il governo dalla soluzione di un altro enorme problema.

[da l’Unità del 27 Ottobre 2011]

Hessel non abita in Italia

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[Recupero questo articolo da senzasoste.it: mi sembra un contributo interessante per un ragionamento sulla manifestazione del 15 ottobre scorso. L’autore si firma con uno pseudonimo e dal sito non sono riuscito a recuperare un modo per contattarlo. Se capita qui su NI e ha voglia di approfondire ulteriormente la sua tesi, è il benvenuto.]

 Hessel non abita in Italia
La crisi permanente della forma movimento basata sul primato dell’opinione pubblica

Colui che finalmente si accorge quanto e quanto a lungo fu preso in giro, abbraccia per dispetto anche la più odiosa delle realtà; cosicché, considerando il corso del mondo nel suo complesso, la realtà ebbe sempre in sorte gli amanti migliori, poiché i migliori furono sempre e più a lungo burlati
(Nietzsche)

 

Una analisi di quanto accaduto a Roma impone considerazioni cliniche e quindi sgradevoli. Perché un’analisi della dinamica delle differenti forze sul terreno, che si sovrappongono ormai regolarmente ad ogni grande evento di piazza, prescinde da considerazioni di valore. Non assegna meriti ad un comportamento piuttosto che ad un altro, d’altronde la politica non è un concorso a premi ma un fenomeno che produce risultati a seconda degli equilibri tra le forze in campo, né si pone il problema di riparare torti attraverso un uso emotivo, terapeutico dell’analisi. Per tutto questo ci sono la letteratura, il giornalismo, Twitter, i post su Facebook e tutta una miriade di scambi microfisici di impressioni tra persone coinvolte, o che si sentono tali, su quanto accaduto.

La parola si rivolta

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Il centro sociale Cantiere di Milano organizza una serata, il 4 novembre (dalle 20,30), La parola si rivolta. “Un re-mix poetico, un viaggio performativo nella parola che produce rivolta! Dalla neoavanguardia alla web litterature passando per Re Nudo; dal punk all’hip hop, dal 68 al movimento dei movimenti, fino alle rivolte nel mediterraneo; dal linguaggio dalle sperimentazioni del gruppo 63 ai social network 2.0”

L’idea che vi proponiamo è quella di scrivere in cento parole la vostra idea di rivolta. Microstorie, microracconti storici o meno, visioni, desideri, tutto quello che volete: la vostra idea di rivolta in cento parole. Tutti i contributi verranno letti nel corso della serata. Io, il microracconto, lo metto qui di seguito, dopo il programma.

m.r.

Programma della serata:

Lettere a Zanzotto

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di Michael Palmer
traduzione di Gian Maria Annovi

Lettera 1

Non si faceva per poi disfarlo,
noi e per noi, imbustato, si-
derato in un’astronave, elenco
di liquidi, lettere inutili –
cos’altro – sgorgano dalla scatola,
piccole faglie, sonagli e pendenze

Come montagne, un altro sospiro di crollo
quasi del tutto consumato, luci
che svernano, torri e un secolo di capelli,
panni a cumuli o a mucchi, e arti,
reali e artificiali, da passare al setaccio

Le hanno proprio finite le cose
o hanno finito i nomi per chiamarle
in quella sublimità radiale, che
imbrattava di bianchezza, finale
pulitura e gentilezza, neve
perfetta o perfezione della neve

lasciandoci lì ad osservare il ponte,
la sua sillaba centrale mancante,
e la terra qua e là
strappata a caso, fumettizzata,
lividamente viva, che chiama dal banco:

Chi non s’è soffocato con una parola

se non il Dottor. Sonno e la sua Finestra del Tempo?
Pallade e Vesta? Antibiotici in piante?
Fiaccole, sanpietrini e bandiere rosse?
Il muro calcinato rivolto alla quandezza
intesa come testimone. Le poche
cose trans che odorano di sesso e di pino

cosa gli ha detto
e a noi come loro

La notte delle biblioteche

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Come in to the Booth.  Asks Questions About Your Libraries.

[A fronte dei pesanti tagli alle biblioteche e dopo gli avvenimenti dell’11 ottobre, quando un’assemblea convocata nella Biblioteca centrale nazionale di Roma è stata impedita da agenti di polizia in tenuta antisommossa, l’Associazione Italiana Biblioteche, insieme ad altre realtà, ha deciso di promuovere l’appello che viene riportato di seguito. Nazione Indiana sostiene questo appello e invita tutti a firmarlo. Potete farlo su questa pagina]

L’Associazione Italiana Biblioteche, il Forum del Libro, l’Associazione Bianchi Bandinelli, Generazione TQ e i Presìdi del libro, con il sostegno di IFLA – International Federation of Library Associations and Institutions, ed EBLIDA – European Bureau of Library, Information and Documentation Associations, promuovono un appello a tutta la società italiana, per chiedere un’inversione di rotta che porti maggiore attenzione e maggiori risorse per le biblioteche italiane, prima che sia troppo tardi.

Nuovi autismi 7 – La vera età delle persone

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di Giacomo Sartori

  agli amici TQ

Una delle tante cose che non ho mai capito è come mai si dia così poca importanza alla vera età delle persone. Si dà per scontato che l’età della gente cambi continuamente, e nella fattispecie aumenti mano a mano che passano gli anni, cosa che contraddice in  modo sfacciato i più gettonati assiomi della fisica delle particelle e della genetica molecolare. E più semplicemente va contro l’esperienza di tutti i giorni: non è difficile constatare che ognuno ha la sua età ben definita, fissa e immutabile, e se la porta appresso come può nel corso degli anni. C’è chi è un bamboccio di undici anni, e lo sarà sempre, chi è sempre stato fin dalla nascita un ostinato vegliardo, chi una testosteronica ragazzona di venticinque. I denti che spuntano e cascano, i capelli che si infoltiscono e si diradano, gli stili vestimentari e le consuetudini che contrassegnano le cosiddette stagioni della vita, sono mascherine che coprono a malapena la parte superiore della faccia, patetici travestimenti sotto i quali non è difficile riconoscere l’autentica atemporale identità. Basta riandare con la memoria ai