di Tao Lin
traduzione di Gherardo Bortolotti
Andrew guida verso il lavoro. La musica è troppo alta. La spegne. I suoi genitori vivono in una torre; una di otto. Quale? Quella con il cancro. Sara è nel sedile a fianco. Andrew guarda. Non c’è. Se ci fosse gli avrebbe indicato qualcosa e poi ci si sarebbero arrampicati. Una montagna. Ci sarebbero state delle montagne. Andrew l’avrebbe abbracciata. Non ha voglia di consegnare le pizze. Ha voglia di costruire una casa sull’albero. Al lavoro saranno tutti ritriti e pieni di cliché. Andrew è ritrito e pieno di cliché. Non ha niente da dire a nessuno. Nessuno ha niente da dire a nessuno, per qualche ragione. È tutto pieno di cliché e melodrammatico. Una volta, La ragazza di Andrew al college ha cercato di uccidersi con il valium di un’operazione ai denti. Aveva fatto sentire Andrew pieno di cliché e melodrammatico. Avrebbe dovuto riderle in faccia come un maniaco, e poi ucciderla con un tubo di piombo. Lui e Sara, che ridevano in modo sexy in faccia al cadavere della sua ex. Baciarla mentre rideva in modo sexy. Mentre sono ancora sull’albero. Sposarla con astuzia e sveltezza, e poi ucciderla, per qualche ragione. Andrew dovrebbe vendere la sua casa immensa e andare a New York. Si porterebbe il denaro in una valigetta. Ci sarebbe lì Sara, che ride. Starebbero lì in piedi nelle librerie. Darebbero la caccia a Jhumpa Lahiri e la seguirebbero come delle pecore con i loro tubi di piombo. Costruiamole una casa sull’albero sulla faccia. Sara darebbe del figlio di puttana ad uno di quei poliziotti a cavallo. Il poliziotto distoglierebbe lo sguardo. Sara gli chiederebbe indicazioni per il selvaggio west.












